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Cessazione materia contendere: la guida definitiva

Un contribuente, dopo aver impugnato una cartella di pagamento per IRPEF fino in Cassazione, ha aderito alla definizione agevolata prevista dal D.L. 119/2018. Avendo pagato la prima rata e in assenza di diniego dell’amministrazione, la Corte ha dichiarato la cessazione materia contendere, estinguendo il giudizio. Le spese restano a carico di chi le ha sostenute.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Cessazione Materia del Contendere: Come la Definizione Agevolata Chiude il Processo

L’adesione a una normativa di condono fiscale può portare alla cessazione materia del contendere e, di conseguenza, all’estinzione del processo tributario in corso. Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione chiarisce i presupposti e gli effetti automatici di tale scelta, offrendo un importante precedente per contribuenti e professionisti del settore.

I Fatti del Caso: Dalla Cartella alla Cassazione

La vicenda trae origine dalla notifica di una cartella di pagamento a un contribuente per una maggiore imposta IRPEF relativa all’anno 2009, per un importo di circa 1.000,00 Euro. Il contribuente decideva di impugnare l’atto, contestandone la legittimità sia per vizi procedurali che sostanziali.

Il suo ricorso, tuttavia, veniva respinto sia in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale, sia in appello dalla Commissione Tributaria Regionale. Non dandosi per vinto, il contribuente proponeva ricorso per cassazione, portando la controversia dinanzi alla Suprema Corte.

La Svolta: L’Adesione alla Definizione Agevolata

Pendente il giudizio in Cassazione, il contribuente si avvaleva della facoltà prevista dall’art. 6 del D.L. n. 119 del 2018, presentando domanda di definizione agevolata della controversia. Tale normativa, nota come ‘pace fiscale’, permetteva di chiudere le liti pendenti con il fisco attraverso il pagamento di un importo forfettario.

Il contribuente non solo presentava l’istanza, ma provvedeva anche al versamento della prima rata nei termini previsti, documentando il tutto e depositando una nota con cui dichiarava di rinunciare al ricorso.

La Cessazione Materia del Contendere secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, preso atto della documentazione prodotta, ha concluso che non sussistevano più le condizioni per esaminare il merito del ricorso. Il processo doveva essere dichiarato estinto per intervenuta cessazione materia del contendere.

I Requisiti per l’Estinzione del Giudizio

La decisione si fonda sulla verifica di precisi requisiti stabiliti dalla legge sul condono:
1. Presentazione dell’istanza: Il contribuente ha formalmente richiesto la definizione agevolata.
2. Pagamento: Ha versato la prima rata entro la scadenza prevista (31 luglio 2019).
3. Mancato diniego: L’Amministrazione Finanziaria non ha notificato un provvedimento di diniego entro il termine di legge (31 luglio 2020).
4. Nessuna istanza di trattazione: Nessuna delle parti ha chiesto la prosecuzione del giudizio entro il termine ultimo (31 dicembre 2020).

Al verificarsi di queste condizioni, l’estinzione del processo diventa un effetto automatico previsto dalla legge.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha applicato direttamente il disposto dell’art. 6, comma 13, del D.L. n. 119 del 2018. Questa norma prevede che, in assenza di un diniego della definizione e di una specifica istanza di trattazione entro termini perentori, il processo si estingue. La ratio della norma è quella di deflazionare il contenzioso tributario, incentivando la risoluzione extragiudiziale delle liti.

I giudici hanno sottolineato come il perfezionamento della procedura di definizione agevolata faccia venir meno l’interesse delle parti a una pronuncia nel merito, dal momento che la lite è stata risolta attraverso un accordo previsto e disciplinato dalla legge stessa. Di conseguenza, il processo non ha più ragione di proseguire e deve essere dichiarato estinto.

Infine, in conformità con la stessa norma, la Corte ha stabilito che le spese del giudizio restano a carico della parte che le ha anticipate, senza possibilità di condanna della controparte.

le conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale per chi si avvale degli strumenti di ‘pace fiscale’: il corretto adempimento degli obblighi previsti dalla normativa di condono (presentazione della domanda e pagamento) conduce all’estinzione automatica del giudizio, a meno di un espresso e tempestivo diniego da parte dell’Agenzia delle Entrate. Si tratta di una garanzia di certezza per il contribuente, che può così considerare definitivamente chiusa la controversia con il fisco, con la sola conseguenza di dover sostenere le proprie spese legali.

Cosa succede al processo se un contribuente aderisce alla definizione agevolata e paga la prima rata?
Se il contribuente presenta istanza di definizione agevolata, paga la prima rata e l’Amministrazione Finanziaria non notifica un diniego nei termini, il processo si estingue per cessazione della materia del contendere, a condizione che nessuna delle parti chieda la prosecuzione del giudizio.

L’Amministrazione Finanziaria può opporsi alla definizione agevolata dopo la scadenza dei termini?
No, secondo la normativa applicata nel caso di specie (art. 6, comma 12, d.l. n. 119 del 2018), l’Agenzia delle Entrate ha un termine perentorio (in quel caso il 31 luglio 2020) per notificare l’eventuale diniego. Scaduto tale termine, la definizione si considera perfezionata.

In caso di cessazione della materia del contendere per definizione agevolata, chi paga le spese legali?
Le spese del giudizio restano a carico della parte che le ha anticipate. La legge (art. 6, comma 13, ult. periodo, del d.l. n. 119 del 2018) prevede espressamente questa regola, escludendo la condanna alle spese della controparte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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