Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13372 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13372 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8317/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME,
elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 4987/2014 depositata il 31/07/2014. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/04/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.I contribuenti indicati in epigrafe impugnavano l’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro -che aveva elevato da euro 820.000,00 ad euro 2.565.000 il valore del compendio immobiliare adibito a RAGIONE_SOCIALE– albergo ubicato nel Comune di Aprilia – oggetto dell’atto di compravendita per AVV_NOTAIO del 25 giugno 2007 -, acquistato dalla società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, sul presupposto che la rettifica avrebbe dovuto essere effettuata alla data della stipula del contratto preliminare, registrato in data 15.01.2004, intervenuto tra i proprietari e la società RAGIONE_SOCIALE che si riservava il potere di nomina dell’acquirente; anche la società RAGIONE_SOCIALE, che aveva acquistato il cespite con il menzionato rogito notarile, impugnava l’atto impositivo, sostenendo che la società RAGIONE_SOCIALE -promittente acquirente aveva completamente ristrutturato il complesso immobiliare, i cui costi erano stati poi dalla stessa rimborsati, versando l’Iva sulle somme corrisposte per la ristrutturazione; ragion per cui l’ente finanziario avrebbe dovuto tener in debito conto che il valore
commerciale del cespite rilevato in sede di rettifica, era conseguenza RAGIONE_SOCIALE opere edili realizzate dalla società acquirente. Deduceva, altresì, la società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ che l’avviso di rettifica violava il principio di alternatività IVA – registro.
La CTP di Latina accoglieva parzialmente i ricorsi riuniti, determinando in euro 1.800.00, il valore in comune commercio del compendio immobiliare e ritenendo inconferente il ricorso al principio di alternatività invocata dalla parte acquirente; altresì evidenziando la generica redazione di una RAGIONE_SOCIALE due fatture prodotte, peraltro emessa successivamente al trasferimento immobiliare, nonché la riferibilità dell’altro documento commerciale all’acquisto di mobili e impianti elettrici, che in quanto tali non potevano aver determinato un incremento del valore di mercato del complesso immobiliare.
La sentenza veniva appellata dai contribuenti dinanzi alla CTR del Lazio che, nell’accogliere l’appello, affermava che dal contratto preliminare risultava l’inagibilità del cespite immobiliare e la necessità di opere edili della cui realizzazione si era assunta l’onere la parte promittente acquirente (società RAGIONE_SOCIALE), ritenendo che le due fatture del 2007 concernevano le opere di valorizzazione dell’immobile. Evidenziavano inoltre i giudici regionali che la stessa CTP aveva dato conto del fatto che il compendio immobiliare aveva subito notevoli trasformazioni dalla data del rogito del 25 giugno 2007 alla data del sopralluogo dell’ufficio avvenuto in data 25.02.2009, con il completamento dei lavori di ristrutturazione ed adattamento del complesso per esigenze alberghiere. Con la conseguenza che il contratto definitivo si era concluso al prezzo pattuito nel preliminare, mentre il costo dell’operazione di ristrutturazione era stato sostenuto sia della promittente acquirente, società RAGIONE_SOCIALE, sia dell’effettiva acquirente nominata nell’atto definitivo.
Affermava la CTR, in particolare, che il costo della ristrutturazione, in quanto compreso nelle prestazioni di servizi effettuate nell’esercizio abituale di impresa, era assoggettata ad iva, con la conseguenza che alla stregua del principio di alternatività doveva applicarsi l’imposta di registro in misura fissa, applicando al caso di specie il disposto dell’art. 40 del d.P.R. n. 131/88 secondo il quale ‘Per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si applica in misura fissa’.
Avverso detta sentenza l’amministrazione finanziaria propone ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo.
I contribuenti hanno depositato controricorso e memorie difensive.
All’udienza del 30.09.2020, la Corte ha disposto la separazione della controversia intercorrente tra l’Erario e i contribuenti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, da quella pendente tra l’RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE; ed ha respinto il ricorso proposto dall’amministrazione finanziaria nei confronti dei citati contribuenti, rinviando in attesa della definizione agevolata cui aveva aderito la società RAGIONE_SOCIALE.
La società ha depositato memorie ex art. 378 cod.proc.civ. allegando l’ordinanza emessa da questa Corte (n. 1910/2021) concernente il rapporto tra l’RAGIONE_SOCIALE e gli alienanti.
L’interpellata agenzia fiscale, tramite la difesa erariale, ha comunicato che detta procedura si è perfezionata(per la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA.) ed ha pertanto chiesto la dichiarazione di cessazione della materia del contendere con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio.
CONSIDERATO CHE
1.Non ricorrono le condizioni perché possa procedersi all’esame nel merito dei motivi di ricorso. La ricorrente, infatti, ha depositato
istanza di declaratoria di cessazione della materia del contendere, corredata da documentazione, avendo provveduto la società contribuente a domandare la definizione agevolata della controversia ai sensi dell’art. 6 del d.l. 22 ottobre 2016, n. 163 che comporta pure l’obbligo per l’aderente di rinunziare ai ricorsi pendenti.
Il processo deve pertanto essere dichiarato estinto, a seguito dell’intervenuta cessazione della materia del contendere. In materia di spese di lite occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 46 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 .
Tuttavia, l’RAGIONE_SOCIALE ha chiesto dichiararsi la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio.
Il tenore della pronunzia, che è di estinzione del giudizio e non di rigetto, o di inammissibilità o improponibilità del ricorso, esclude trattandosi di norma lato sensu sanzionatoria e comunque eccezionale, pertanto di stretta interpretazione -l’applicabilità dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, quale inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, circa l’obbligo per il ricorrente non vittorioso di versare una somma pari al contributo unificato già corrisposto all’atto della proposizione dell’impugnazione. L’estraneità della fattispecie rispetto alle previsioni della norma ora richiamata consente di omettere ogni ulteriore specificazione in dispositivo (tra le tante: Cass. sez. VI-III, 30.9.2015, n. 19560; Cass. sez. V, 12.10.2018, n. 25485; Cass. sez. V, 28.5.2020, n. 10140; Cass. sez. V, 9.3.2021, n. 6400).
P.Q.M.
dichiara estinto il giudizio introdotto dalla amministrazione finanziaria e cessata la materia del contendere.
Compensa le spese di lite.
Così deciso all’adunanza camerale della Sezione tributaria della