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Cessazione materia contendere: appello inammissibile

A seguito di un accordo stragiudiziale tra un ente impositore e una società contribuente durante un giudizio in Cassazione, l’ente ha chiesto di dichiarare la cessazione della materia del contendere. La Suprema Corte ha invece dichiarato il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, specificando che, in assenza di un’istanza congiunta, non è possibile dichiarare l’estinzione del processo, ma solo la sua inammissibilità per mancanza di utilità pratica nella prosecuzione della lite.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Cessazione Materia del Contendere: Quando l’Accordo Rende il Ricorso Inammissibile

Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze processuali di un accordo stragiudiziale raggiunto tra le parti durante un giudizio tributario. La pronuncia sottolinea la distinzione fondamentale tra la dichiarazione di cessazione della materia del contendere e l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, con importanti implicazioni per le parti coinvolte. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere meglio le dinamiche processuali.

I Fatti del Caso: Dall’Accertamento ICI al Ricorso in Cassazione

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento per omessa dichiarazione ICI relativa agli anni 2010 e 2011, notificato da un ente locale e dalla sua Unione di Comuni a una società immobiliare. L’accertamento riguardava alcune aree edificabili di proprietà della società.

La società ha impugnato l’atto e, dopo un primo grado di giudizio, la Commissione Tributaria Regionale ha parzialmente accolto le sue ragioni, riducendo del 25% l’imposta dovuta. Insoddisfatti della decisione, l’Unione di Comuni e il Comune hanno proposto ricorso per Cassazione. La società immobiliare, invece, ha scelto di non costituirsi in giudizio, rimanendo ‘intimata’.

La Conciliazione e la Richiesta di Estinzione del Giudizio

Durante la pendenza del giudizio di legittimità, le parti hanno raggiunto una conciliazione stragiudiziale, risolvendo la controversia al di fuori delle aule di tribunale. A seguito di tale accordo, gli enti ricorrenti hanno presentato un’istanza alla Corte di Cassazione chiedendo di dichiarare l’estinzione del procedimento per ‘cessazione della materia del contendere’.

La Decisione della Cassazione: la differenza tra cessazione materia del contendere e inammissibilità

La Suprema Corte ha respinto la richiesta di dichiarare la cessazione della materia del contendere, optando invece per una declaratoria di inammissibilità del ricorso. Questa scelta non è puramente formale, ma si basa su precise disposizioni normative e ha conseguenze pratiche significative.

Gli Ermellini hanno spiegato che, per i giudizi instaurati prima del 4 gennaio 2024, la legge non permetteva di dichiarare la cessazione della materia del contendere in Cassazione sulla base di una conciliazione stragiudiziale, se non in presenza di un’istanza congiunta di tutte le parti. Poiché la società contribuente era rimasta intimata e non aveva partecipato alla richiesta, mancava un presupposto essenziale.

Di conseguenza, l’accordo raggiunto ha fatto venir meno l’interesse giuridicamente rilevante degli enti ricorrenti a ottenere una sentenza. Senza più un’utilità concreta derivante dalla prosecuzione del giudizio, il ricorso è diventato inammissibile per ‘sopravvenuta carenza di interesse’.

Implicazioni su Spese Legali e Contributo Unificato

La qualificazione del provvedimento come ‘inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse’ ha due importanti corollari:

1. Spese Legali: Essendo la controparte rimasta intimata (cioè non avendo partecipato attivamente al giudizio di Cassazione), la Corte non ha disposto alcuna regolamentazione delle spese legali.
2. Raddoppio del Contributo Unificato: La Corte ha chiarito che la sanzione del raddoppio del contributo unificato, prevista in caso di rigetto o inammissibilità ‘ordinaria’ del ricorso, non si applica in questa specifica ipotesi. La declaratoria di inammissibilità per carenza di interesse sopravvenuta, infatti, determina la ‘caducazione’ di tutte le sentenze dei gradi precedenti, rendendo irrilevante una valutazione sul merito del ricorso.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa interpretazione della normativa processuale tributaria. La decisione distingue nettamente la disciplina applicabile ai giudizi antecedenti la riforma del 2023 da quella successiva. La Corte ha sottolineato che la conciliazione stragiudiziale, pur risolvendo la lite sostanziale, non può portare automaticamente all’estinzione formale del processo in Cassazione senza il consenso esplicito di tutte le parti, manifestato tramite un’istanza congiunta. L’unico esito processualmente corretto, in assenza di tale istanza, è riconoscere che il ricorso ha perso la sua ragion d’essere, da cui deriva la sua inammissibilità per carenza di interesse.

Le conclusioni

L’ordinanza offre un’importante lezione pratica: quando le parti raggiungono un accordo durante un giudizio di Cassazione, è cruciale gestire correttamente anche gli aspetti procedurali. La semplice comunicazione dell’accordo da parte di una sola parte non è sufficiente per ottenere una declaratoria di estinzione. La sentenza ribadisce che l’esito processuale corretto è l’inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse, un esito che, sebbene chiuda il contenzioso, ha effetti specifici, come l’inapplicabilità del raddoppio del contributo unificato e la caducazione delle sentenze precedenti.

Cosa accade se le parti di un processo tributario si accordano stragiudizialmente mentre è pendente un ricorso in Cassazione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse. L’accordo, infatti, elimina l’utilità pratica di una decisione della Corte, rendendo inutile la prosecuzione del giudizio.

Perché la Corte non ha dichiarato la cessazione della materia del contendere come richiesto dal ricorrente?
Perché, per i giudizi iniziati prima del 4 gennaio 2024, la legge richiedeva un’istanza congiunta di tutte le parti per dichiarare la cessazione della materia del contendere in Cassazione. In questo caso, la società contribuente non ha partecipato alla richiesta, essendo rimasta intimata.

La dichiarazione di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse comporta il raddoppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che questa particolare forma di inammissibilità non comporta la sanzione del raddoppio del contributo unificato, poiché determina la caducazione delle sentenze dei gradi precedenti e non deriva da una valutazione negativa sul merito del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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