Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 147 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 147 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/01/2025
CESSATA MATERIA CONTENDERE
sul ricorso iscritto al n. 22096/2022 del ruolo generale, proposto
DA
SOCIETÀ RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede in Catania, al INDIRIZZO in persona del legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
il COMUNE DI CATANIA (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Sindaco pro tempore.
RAGIONE_SOCIALEcodice fiscale CODICE_FISCALE -Agente della Riscossione del Comune di Catania – in persona del legale rappresentante pro tempore .
– INTIMATI – per la cassazione della sentenza n. 4900/13/2022 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, depositata in data 25 maggio 2022, non notificata.
UDITA la relazione svolta all’udienza camerale del 26 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia era l’impugnazione avverso la predetta sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, che aveva rigettato l’appello proposto dalla contribuente contro la sentenza n. 12356/9/2018 della Commissione tributaria provinciale di Catania, ritenendo che l’intimazione di pagamento notificata dall’agente della riscossione fosse stata preceduta dalla notifica dell’avviso di accertamento e che, quindi, non era maturata alcuna decadenza circa l’esercizio del potere impositivo relativo all’ICI dell’anno 2011.
Con atto notificato in data 13 settembre 2022 la società RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione contro la menzionata pronuncia, articolando tre motivi di impugnazione.
Il Comune di Catania e RAGIONE_SOCIALE sono restate intimate.
Con atto del 20 gennaio 2023 la ricorrente ha rappresentato che la sentenza qui impugnata aveva costituito
anche oggetto di ricorso per revocazione innanzi al Giudice regionale, il quale, con pronuncia n. 609/2023, lo accoglieva e, decidendo in fase rescissoria, rigettava l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE e confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della contribuente.
La ricorrente ha, quindi, chiesto di dichiarare cessata la materia del contendere.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso va dichiarato inammissibile, essendo venuta meno la ragione del contendere e con essa l’interesse alla decisione ai sensi dell’art. 100 c.p.c.
La contribuente ha documentato la suindicata circostanza della sopravvenuta sentenza n. 609/2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, che ha accolto il ricorso per revocazione proposto contro la sentenza oggetto del presente ricorso per cassazione.
Ricorre allora la dedotta ipotesi di cessazione della materia del contendere, come chiarito da questa Corte secondo cui nell’ipotesi in cui « il giudice d’appello provvede alla revocazione della propria decisione, il ricorso per cassazione deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse, per essere cessata la materia del contendere nel giudizio di cassazione, a nulla rilevando che la sentenza di revocazione potrebbe a sua volta essere impugnata in cassazione, giacché l’eventuale impugnazione costituisce una mera possibilità, mentre la carenza di interesse del ricorrente a coltivare il ricorso per cassazione è attuale, essendo venuta meno la pronuncia che ne costituiva l’oggetto. Alla cessazione della materia del
contendere consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, in relazione alla quale, ed in considerazione della domanda originariamente formulata, va valutato l’interesse ad agire (Cass., sez. 3, 2 aprile 2021, n. 9201; Cass., sez. un., 28 aprile 2017, n. 10553; Cass., sez. un., 29 novembre 2006, n. 25278; Cass., sez. 2, 12 novembre 2007, n. 23515; Cass., sez.2, 25 settembre 2013, n. 21951)» (così Cass. n. 41509/2021).
Non vi è ragione di statuire sulle spese del presente giudizio, stante, a tacer d’altro e con valore assorbente, l’assenza di attività difensiva delle controparti.
Non ricorrono nemmeno i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ), posto che la finalità di tale disposizione va individuata nell’esigenza di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicché tale meccanismo, lato sensu sanzionatorio, si applica per l’inammissibilità originaria del gravame e non – come nel caso – per quella che origini da eventi sopravvenuti (cfr., tra le molte, Cass. n.1950/23), come tali non denotanti un accesso meramente strumentale e defatigante all’impugnazione (cfr. Cass., Sez. T., 22 marzo 2024, n. 7806).
P.Q.M.
la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso.