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Certificazione contratti: perché non vincola il Fisco

Una società si è vista riqualificare i propri contratti di appalto in somministrazione di manodopera dall’Agenzia delle Entrate, nonostante la presenza di una certificazione ai sensi della Legge Biagi. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito un principio fondamentale: la certificazione dei contratti non è vincolante per il giudice tributario, il quale mantiene pieni poteri di qualificare autonomamente il rapporto ai fini fiscali. La certificazione costituisce un semplice elemento di prova, ma non preclude l’accertamento del Fisco sulla reale natura economica dell’operazione.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Certificazione Contratti: la Cassazione Conferma i Poteri del Fisco

La certificazione dei contratti, introdotta dalla Legge Biagi per dare certezza ai rapporti di lavoro, non rappresenta uno scudo invalicabile contro gli accertamenti fiscali. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: il giudice tributario ha il potere e il dovere di valutare la reale natura di un rapporto contrattuale ai fini fiscali, indipendentemente dalla certificazione ottenuta dalle parti. Approfondiamo i dettagli di questa importante decisione.

Il caso: Appalto Certificato o Somministrazione di Manodopera?

Una società si è vista notificare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate per l’anno d’imposta 2015. L’atto impositivo contestava la deducibilità dei costi ai fini IRAP e la detrazione dell’IVA relativa a due contratti di appalto stipulati con altrettante cooperative.

Secondo il Fisco, tali contratti mascheravano una mera somministrazione di manodopera, poiché le cooperative non disponevano di autonomia organizzativa e non assumevano un reale rischio d’impresa. Di conseguenza, le fatture emesse non rappresentavano corrispettivi per prestazioni di servizi, bensì semplici rimborsi dei costi del personale, come tali non soggetti a IVA e non deducibili secondo le modalità applicate dalla società.

La Commissione Tributaria Regionale, in sede di appello, aveva dato ragione alla società, sostenendo che la certificazione dei contratti ai sensi del D.Lgs. 276/2003 fosse vincolante anche per l’amministrazione finanziaria. Secondo i giudici di merito, il Fisco avrebbe dovuto prima impugnare la certificazione davanti al giudice del lavoro per poter procedere alla riqualificazione del rapporto. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La decisione sulla certificazione dei contratti e il Fisco

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa alla Commissione Tributaria Regionale per un nuovo esame. Il punto centrale della decisione è l’affermazione del principio secondo cui il potere del giudice tributario di qualificare un rapporto ai fini fiscali non è precluso dalla certificazione del contratto.

Le motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha operato una netta distinzione tra il piano civilistico/lavoristico e quello tributario. La procedura di certificazione dei contratti prevista dalla Legge Biagi è finalizzata a dare stabilità alla qualificazione del contratto ai fini civili e del lavoro. Le relative controversie, infatti, sono di competenza del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro.

Tuttavia, l’obbligazione tributaria opera su un piano diverso, quello del diritto pubblico. Il giudice tributario è pienamente investito del potere-dovere di qualificare l’operazione economica sottostante per determinare la corretta applicazione delle imposte. In questo contesto, la certificazione non è un atto vincolante, ma un mero elemento di prova. Il giudice deve considerarla nel suo complesso probatorio, ma non è obbligato a conformarsi alla qualificazione in essa contenuta.

La normativa sulla certificazione, sottolinea la Corte, non contiene alcun riferimento al rapporto tributario o al giudice tributario, essendo stata concepita specificamente per il mercato del lavoro. Pertanto, non può essere interpretata come una deroga ai poteri di qualificazione che la legge attribuisce al giudice fiscale.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza. Le imprese non possono fare affidamento esclusivo sulla certificazione dei contratti di appalto per mettersi al riparo da contestazioni fiscali. Sebbene la certificazione sia uno strumento utile per ridurre il contenzioso in ambito lavoristico, non sterilizza i poteri di indagine e riqualificazione dell’Agenzia delle Entrate.

Per evitare rilievi fiscali, è essenziale che la sostanza del rapporto contrattuale rispecchi fedelmente la forma. In un contratto di appalto, l’appaltatore deve dimostrare concretamente di operare con propria autonomia organizzativa, con propri mezzi e assumendosi il rischio d’impresa. In caso contrario, il Fisco potrà legittimamente riqualificare il rapporto come somministrazione di manodopera, con tutte le conseguenze fiscali che ne derivano in termini di indeducibilità dei costi e indetraibilità dell’IVA.

La certificazione di un contratto di appalto secondo la Legge Biagi impedisce all’Agenzia delle Entrate di riqualificarlo come somministrazione di manodopera?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la certificazione non è vincolante per il Fisco. Il giudice tributario conserva il pieno potere di qualificare autonomamente il rapporto sulla base della sua sostanza economica ai fini fiscali.

Che valore ha la certificazione dei contratti in un processo tributario?
Nel processo tributario, la certificazione ha il valore di un elemento di prova. Il giudice è tenuto a considerarla insieme a tutti gli altri elementi probatori disponibili, ma non è obbligato ad aderire alla qualificazione giuridica in essa contenuta.

L’Agenzia delle Entrate deve impugnare la certificazione davanti al giudice del lavoro prima di procedere con un accertamento fiscale?
No. L’ordinanza chiarisce che l’impugnazione della certificazione davanti al giudice del lavoro attiene agli effetti civilistici e lavoristici. L’obbligazione tributaria segue un percorso autonomo e la sua valutazione spetta esclusivamente alla giurisdizione tributaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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