Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20936 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20936 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9178/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t. , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura speciale allegata alla memoria di costituzione di nuovo difensore, elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio del dott. NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE
Sanzioni-Causa di forza maggiore-Mancato adempimento debiti ASLInsussistenza
-intimata – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 7638/2016 depositata in data 29/11/2016, non notificata; udita la relazione tenuta nell’adunanza camerale dell’8 maggio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE impugnava la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA emessa ai sensi dell’art. 36 -bis d.P.R. n. 600 del 1973, con cui erano recuperate a imposizione Ires, Irap e Iva, dichiarate e non versate, dell’anno di imposta 2007 , a seguito della sospensione dei pagamenti oggetto di rateizzazione.
La Commissione tributaria provinciale di Roma riteneva non applicabile alla fattispecie la sospensione dei pagamenti disposta dal decreto n. 3 del 2009, relativa alla sospensione dei pagamenti in scadenza dal 6/04/2009 al 30/11/2009, mentre i versamenti in questione erano relativi al 2008, ma accoglieva in parte il ricorso in relazione alle sanzioni , in base all’art. 6, comma 5, d.lgs. n. 472/1997 e all’art. 10 della legge n. 212 del 2000, tenendo conto dell’ingente ammontare dei crediti nei confronti dell’ ASL.
La Commissione tributaria regionale del Lazio rigettava l’appello erariale. In particolare, evidenziava che la contribuente aveva dedotto l’alternarsi della rateizzazione, l’ incertezza normativa e il mancato pagamento da parte dell’ASL di taluni crediti che avevano determinato mancanza di liquidità in capo alla società; ciò, e in particolare l’eccessivo accumulo di crediti vantati nei confronti dell’ASL , costituiva causa di forza maggiore, per cui condivisibilmente la CTP aveva annullato le sanzioni iscritte a ruolo; che se era vero che la causa di forza maggiore deve consistere in un fatto non attribuibile a chi materialmente espleta la condotta, nel caso di specie «il terremoto
costituisce causa di forza maggiore poiché non prevedibile né attribuibile a chi lo subisce».
Contro tale decisione propone ricorso l ‘Agenzia delle Entrate in base a tre motivi.
La società contribuente resiste con controricorso, cui hanno fatto seguito due memorie di costituzione di nuovo difensore e memoria illustrativa.
RAGIONE_SOCIALE non svolge attività difensiva.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio dell ‘ 8 maggio 2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., l’Agenzia deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omesso esame del motivo di appello con cui aveva denunciato il vizio di ultrapetizione in cui era incorsa la CTP per aver annullato le sanzioni integralmente laddove la parte, nelle conclusioni contenute nel ricorso, aveva solo chiesto la loro riduzione al 10 per cento
Con il secondo motivo, proposto ai sensi proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 472 del 1997 e dell’art. 10 della legge n. 212 del 2000, in relazione alla causa di forza maggiore, che non può ritenersi integrata né dalla crisi di liquidità derivante da omessi pagamenti da parte dell’ASL né dal terremoto, avvenuto nel 2009, laddove i pagamenti omessi risalgono al 2010.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 5, del d. lgs. n. 472 del 1997 e dell’art. 10 della legge n. 212 del 2000, censurando la decisione della CTR laddove ha dato rilevanza al terremoto, mentre, in punto di fatto, il terremoto è antecedente
all’illecito, e, in punto di diritto, perché la società non poteva beneficiare della sospensione post terremoto (riferita ai versamenti delle somme dovute tra il 6 aprile 2009 e il 30 giugno 2010).
1.1. Occorre evidenziare che in data 28/04/2015 la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380bis .1 c.p.c. chiedendo pronunciarsi la cessazione della materia del contendere in ragione dell ‘inserimento del credito nella precisazione dei crediti del concordato preventivo omologato dal Tribunale dell’Aquila per cui il credito sarebbe stato accertato in via definitiva.
La produzione documentale allegata alla memoria del 28/04/2025 non può però essere esaminata poiché è inammissibile in quanto depositata in ritardo rispetto al termine previsto dall’art. 372 c.p.c. applicabile ratione temporis, e cioè quindici giorni prima dell’adunanza camerale, fissata nel caso di specie per l’8/05/2025 .
L’art. 372 c.p.c., in tema di deposito di documenti nuovi in sede di legittimità, nonostante il testuale riferimento alla sola inammissibilità del ricorso, consente la produzione di ogni documento incidente sulla proponibilità, procedibilità e proseguibilità del ricorso medesimo, inclusi quelli diretti ad evidenziare l’acquiescenza del ricorrente alla sentenza impugnata per comportamenti anteriori all’impugnazione, ovvero la cessazione della materia del contendere per fatti sopravvenuti che elidano l’interesse alla pronuncia sul ricorso purché riconosciuti ed ammessi da tutti i contendenti (Cass. Sez. U. n. 19976/2024; Cass. n. 3934/2016; Cass. n. 6266/2025).
L’art. 372, secondo comma, c.p.c., ante novella del 2022, prevedeva che il deposito dei documenti potesse avvenire indipendentemente da quello del ricorso, ma che tali documenti dovessero essere notificati, mediante elenco, alle altre parti.
L’art. 3, comma 27, lett. h), del d.lgs. n. 149/2022, nel modificare l’art. 372, secondo comma, c.p.c., ha, da un lato, eliminato l’obbligo di
notifica a carico della parte ricorrente dell’elenco dei documenti relativi all ‘ammissibilità del ricorso e ha individuato, dall’altro, un termine entro il quale dover procedere al loro tempestivo deposito, cioè «fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio».
Il d.lgs. n. 149/2022, così come modificato dalla l. n. 197/2022, ha altresì previsto una disciplina di carattere transitorio al fine di accompagnare la progressiva attuazione delle modifiche processuali da esso introdotte.
Per quel che rileva ai fini del presente giudizio, l’art. 35, comma 6, d.lgs. citato, prevede che: «Gli articoli 372 del codice del codice di procedura civile, come modificati o abrogati dal presente decreto, si applicano anche ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio».
Nel caso di specie ricorrono entrambi i presupposti previsti dalla legge affinché possa trovare applicazione il novellato art. 372, secondo comma, c.p.c. in quanto: a) il presente giudizio è stato introdotto con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023, essendo la notifica dello stesso intervenuta in data 6 aprile 2017; b) alla data del 1° gennaio del 2023 non era ancora intervenuta la fissazione dell’udienza o adunanza in camera di consiglio; b.1) in particolare, la data in cui può considerarsi fissata l’udienza in camera di consiglio del presente giudizio, ai sensi dell’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 149/2022, deve farsi coincidere con quella della calendarizzazione ufficiale, a firma del Presidente Titolare, cioè il 13/02/2025.
Ciò premesso, va considerato che la modifica dell’art. 372 c.p.c. così come chiarito all’interno della Relazione illustrativa al decreto legislativo n. 149/2022 -risponde all’esigenza di eliminare tutti q uegli adempimenti
processuali «che non si rendono più necessari una volta che tali atti depositati telematicamente e quindi inseriti nel fascicolo informatico si rendono, per l’appunto, consultabili dalle altre parti». Se, dunque, l’esigenza di conoscibilità dei predetti documenti è soddisfatta, per le parti controricorrenti, mediante lo strumento di semplificazione del deposito telematico, d’altro lato l’esigenza di «garantire il contraddittorio e consentire al collegio di prendere previa e adeguata conoscenza dei documenti» è, altresì, soddisfatta mediante l’introduzione di un termine entro il quale dover procedere al loro deposito. La ratio della disposizione del novellato art. 372 c.p.c., innanzi evidenziata, consente quindi di affermare che il termine di 15 giorni da essa stabilito per il deposito dei documenti relativi all’ammissibilità del ricorso ha carattere perentorio (Cass. n. 29933/2023; analogamente, in motivazione, Cass. n. 6266/2025; Cass. n. 28196/2024; Cass. n. 9047/2024).
Come osservato di recente da Cass. Sez. U. n. 19976/2024, del resto i termini ex art. 372 e 380bis. 1 c.p.c. sono sfalsati, e non a caso, ma proprio per consentire l’interlocuzione alla controparte con memoria (di cui la disposizione novellata specifica la sola funzione «illustrativa»).
Ciò premesso, e in assenza di alcun assenso dell’Agenzia ricorrente sulla richiesta della società controparte, occorre quindi necessariamente esaminare il ricorso erariale nel merito.
Il secondo e il terzo motivo vanno esaminati congiuntamente e sono fondati , con assorbimento del primo, vertente sull’omessa pronuncia sulla eccepita ultrapetizione, dovendo la CTR nuovamente esaminare la questione delle sanzioni.
La CTR ha dato rilevanza, ai fini dell ‘ esclusione dalle sanzioni, quale causa di forza maggiore, prevista dall’art. 6, comma 5, d.lgs. n. 472 del 1997, a due elementi in fatto, l’esistenza di ingenti crediti verso
l’ASL e il terremoto che ha colpito il territorio abruzzese nel 2009 ; la difesa erariale censura la rilevanza di entrambi gli elementi, con il secondo motivo, e del terremoto in particolare, con il terzo motivo.
Le censure appaiono fondate in quanto il riferimento ad entrambi gli elementi appare errato.
2.2. La prima questione, se cioè possa ritenersi ricorrente, in presenza del tardivo pagamento di tributi e del concomitante ritardato adempimento di proprie obbligazioni da parte della P.A., una causa di forza maggiore che giustifichi la condotta violativa degli obblighi tributari da parte della contribuente, è stata oggetto di plurimi interventi di questa Corte, che ha raggiunto sul punto orientamenti interpretativi ormai consolidati che non appaiono suscettibili di revisione.
Si è infatti condivisibilmente statuito, con estrema chiarezza, che «in tema di sanzioni tributarie, posto che il diritto sanzionatorio ha natura punitiva, la forza maggiore va intesa secondo la sua accezione penalistica, e va quindi riferita ad un avvenimento imponderabile che annulla la signoria del soggetto sui propri comportamenti, elidendo il requisito della coscienza e volontarietà della condotta; ne consegue che non risponde a tale nozione la crisi di liquidità derivante dal reiterato, per quanto grave, inadempimento di pubbliche amministrazioni debitrici, peraltro prevedibile» (Cass. n. 11111/2022, seguita da conformi e recenti Cass. n. 8844/2024 e Cass. n. 12708/2024).
Come evidenziato da questa Corte nel caso di specie non ricorre alcun evento imprevedibile, essendo onere dell’imprenditore predisporre quanto necessario (accantonamenti, mutui) per poter versare il dovuto all’Erario, pur in presenza di significativi ritardi della P.A. nella corresponsione anche di cospicui importi.
Non si è del resto mancato di specificare che in materia tributaria e fiscale, la nozione di forza maggiore richiede la sussistenza di un
elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi, dovendo la sussistenza di tali elementi essere oggetto di idonea indagine da parte del giudice, sicché non ricorre in via automatica l’esimente in esame nel caso di mancato pagamento dovuto alla temporanea mancanza di liquidità (Cass. n. 39548/2021).
L’attività d’impresa è per sua natura rischiosa, e richiede che sia sempre effettuata una valutazione prognostica in ordine ai pagamenti attesi ed agli oneri fiscali da fronteggiare in presenza dell’eventuale (omesso o) tardivo adempimento del debitore, sia esso la P.A. oppure un privato, ricercando i fondi con i quali far fronte alle proprie obbligazioni tributarie. In ordine al ricordato elemento soggettivo, poi, occorre pure rilevare che la contribuente neppure allega di essersi attivata in alcun modo al fine di reperire le somme con le quali far fronte alle proprie obbligazioni tributarie.
La CTR non ha tenuto conto di tale orientamento di legittimità nel compiere un generico riferimento alla presenza di ingenti crediti della società verso la ASL.
2.3. Anche il riferimento al terremoto quale causa di forza maggiore, per come genericamente affermato, non appare corretto, non avendo in alcun modo la CTR spiegato come possa aver inciso il sisma, in fatto, in quanto avvenuto il 6 aprile 2009, sui pagamenti da effettuare dal 30 novembre 2010 in poi; in diritto, poiché è circostanza pacifica tra le parti che la CTP, con statuizione passata in cosa giudicata, abbia escluso che alla società, per i versamenti in questione, spettasse la sospensione degli adempimenti tributari prevista dalle norme speciali.
Vanno pertanto accolti il secondo e terzo motivo, con assorbimento del primo. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui si demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso, assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 8 maggio 2025.