LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Cash pooling: quando è un finanziamento mascherato?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un contratto di cash pooling tra una società figlia italiana e la sua controllante estera non può essere automaticamente riqualificato come finanziamento infragruppo. La sentenza chiarisce che spetta all’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare, con indizi gravi, precisi e concordanti, che la transazione è avvenuta a condizioni non di mercato. L’utilizzo di un indice generico come il Rendistato non è stato ritenuto sufficiente a tale scopo, portando al rigetto del ricorso dell’ente impositore.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Cash Pooling: Quando è un Finanziamento Mascherato? L’Onere della Prova secondo la Cassazione

Il contratto di cash pooling rappresenta uno strumento fondamentale per la gestione centralizzata della tesoreria nei gruppi societari. Tuttavia, la sua applicazione può generare contenziosi con l’Amministrazione Finanziaria, che talvolta lo riqualifica come un finanziamento infragruppo dissimulato e non remunerato a tassi di mercato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su questo tema, delineando con precisione i confini tra una legittima gestione della liquidità e un’operazione di finanziamento, e soprattutto stabilendo su chi grava l’onere della prova.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguardava una società a responsabilità limitata italiana, parte di un gruppo internazionale, che aveva stipulato un contratto di cash pooling con la sua controllante irlandese. Secondo l’accordo, basato sulla formula dello “zero balance system”, la liquidità in eccesso della società italiana veniva trasferita alla tesoreria centralizzata della capogruppo.

L’Amministrazione Finanziaria, a seguito di una verifica, ha contestato la natura dell’accordo. Secondo il Fisco, il contratto non era un vero cash pooling per diverse ragioni:
1. La società italiana aveva sempre e solo trasferito saldi attivi alla controllante, senza mai attingere al credito intragruppo.
2. I trasferimenti non avvenivano con cadenza giornaliera, come tipico dello “zero balance system”.
3. La società italiana manteneva comunque una propria liquidità per operare in autonomia.

Sulla base di questi elementi, l’Agenzia ha riqualificato l’operazione come un vero e proprio finanziamento a favore della controllante, privo di un’adeguata remunerazione. Di conseguenza, ha accertato un maggior reddito imponibile per la società italiana, calcolando induttivamente gli interessi attivi non percepiti utilizzando come parametro il tasso Rendistato.

L’Analisi della Corte e la questione del cash pooling

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, ha operato una distinzione fondamentale tra la forma e la sostanza del contratto. Pur riconoscendo che l’operazione potesse essere qualificata come un finanziamento infragruppo piuttosto che un mero servizio di tesoreria, ha spostato il fulcro della questione sull’onere della prova in materia di transfer pricing.

La Corte ha affermato che la funzione del cash pooling è quella di ottimizzare i flussi finanziari, escludendo o limitando il ricorso al credito bancario. Tuttavia, quando questa struttura si traduce in un trasferimento unilaterale di fondi, è corretto analizzarla sotto la lente delle norme sui prezzi di trasferimento. Il punto non è se l’operazione sia un finanziamento, ma se tale finanziamento sia avvenuto a condizioni di mercato.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della sentenza risiede nel principio dell’onere della prova. La Cassazione ha stabilito che, in caso di finanziamento infragruppo, spetta al Fisco fornire la prova che la transazione sia avvenuta a un tasso di interesse inferiore a quello “normale” o di mercato. Non è sufficiente contestare genericamente l’operazione; l’Amministrazione Finanziaria deve portare “indizi gravi, precisi e concordanti” che dimostrino la non conformità al principio di libera concorrenza.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che gli elementi forniti dal Fisco non fossero sufficienti a far scattare l’inversione dell’onere probatorio a carico del contribuente. In particolare, l’utilizzo del tasso Rendistato è stato giudicato un parametro non omogeneo né comparabile con il tipo di contratto finanziario in esame. La sentenza evidenzia che il contratto prevedeva già una remunerazione basata sul tasso EURIBOR con uno spread (aggio), un parametro tutt’altro che inconsueto per operazioni simili. Di conseguenza, la pretesa del Fisco, basata su un indice non pertinente, è stata considerata infondata.

Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio di garanzia per il contribuente nelle controversie sul transfer pricing finanziario. La Cassazione chiarisce che l’Amministrazione Finanziaria non può limitarsi a riqualificare un contratto di cash pooling in finanziamento, ma deve dimostrare concretamente, con prove adeguate e pertinenti, che le condizioni applicate non sono in linea con quelle di mercato. La scelta di un parametro di riferimento errato o non comparabile, come il Rendistato in questo contesto, indebolisce la pretesa fiscale e impedisce di trasferire sul contribuente l’onere di giustificare la congruità delle proprie scelte commerciali.

Che cos’è un contratto di cash pooling e quando può essere considerato un finanziamento mascherato?
Il cash pooling è un contratto per la gestione centralizzata della tesoreria di un gruppo di società. Secondo la sentenza, può essere considerato un finanziamento mascherato quando, nella sostanza, si concretizza in un trasferimento unilaterale di liquidità da una società all’altra (es. dalla figlia alla controllante) senza le caratteristiche di una gestione ottimizzata dei flussi finanziari e, soprattutto, senza un’adeguata remunerazione a condizioni di mercato.

In una disputa su un presunto finanziamento infragruppo a tassi non di mercato, a chi spetta l’onere della prova?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova spetta all’Amministrazione Finanziaria. È il Fisco a dover fornire la prova che la transazione sia avvenuta a un tasso d’interesse inferiore a quello ‘normale’ di mercato, presentando indizi gravi, precisi e concordanti. Solo dopo tale prova, l’onere si sposta sul contribuente.

L’Amministrazione Finanziaria può utilizzare un indice generico come il Rendistato per determinare il tasso di mercato in un finanziamento infragruppo?
No. La sentenza ha stabilito che l’indice Rendistato non è un parametro pertinente per valutare la congruità del tasso di interesse di un finanziamento di questo tipo. L’Amministrazione Finanziaria deve utilizzare parametri di riferimento omogenei e comparabili con il contratto specifico oggetto di analisi, altrimenti la sua pretesa risulta infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati