Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7167 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7167 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18177/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE RISCOSSIONE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
sul ricorso incidentale proposto da:
RAGIONE_SOCIALE RISCOSSIONE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente incidentale-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente incidentale – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 8248/2019, depositata il 4 novembre 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-In data 14 febbraio 2018, l’Agenzia delle entrate Riscossione ha notificato alla RAGIONE_SOCIALE, la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA ente impositore Agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Benevento, per il mancato pagamento di tributi erariali relativi all’anno d’imposta 2014.
Avverso il predetto atto la società contribuente, in data 3 aprile 2018, ha proposto ricorso dinnanzi alla Commissione tributaria provinciale di Benevento.
L’Agenzia delle entrate – Riscossione si è costituita nel giudizio di primo grado.
La Commissione tributaria provinciale di Benevento, con la sentenza n. 835/2/2018, ha rigettato il ricorso.
-Con atto di appello, proposto in data 30 aprile 2019, la contribuente ha impugnato la sentenza dinnanzi alla Commissione tributaria regionale della Campania.
Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle entrate – Riscossione.
La Commissione tributaria regionale della Campania, con sentenza n. 8248/25/2019, depositata in data 4 novembre 2019, ha rigettato l’appello.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a otto motivi.
L’Agenzia delle entrate -Riscossione si è costituita con controricorso e ricorso incidentale condizionato.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’artt. 47 e 52 del d.lgs. n. 546/92 dell’art.19, comma 2, del d.lgs. 472/97, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. La ricorrente sostiene la nullità della sentenza per omessa fissazione dell’udienza cautelare, ai fini della valutazione della richiesta di sospensione della sentenza gravata e dell’atto o ggetto di impugnazione.
1.1. -Il motivo è infondato.
In tema di contenzioso tributario, non viola il diritto di difesa del contribuente il giudice che, senza ritardo, decida il merito della causa senza pronunciarsi sull’istanza di sospensione dell’atto impugnato, in quanto l’art. 47, comma 7, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 prevede che “gli effetti della sospensione cessano alla data di pubblicazione della sentenza di primo grado”, sicché non è ipotizzabile alcun pregiudizio per la mancata decisione sull’istanza cautelare che, pur se favorevole, sarebbe comunque travolta dalla decisione di merito (Cass., Sez. V, 9 aprile 2010, n. 8510)
2. -Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 23 d.lgs. 546/92 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. Il ricorrente sostiene l’ inutilizzabilità della documentazione prodotta dall’ente poiché depositata in violazione delle norme richiamate. Al riguardo, si evidenzia che il concessionario si è costituito in giudizio oltre il termine perentorio previsto dall’art. 23 d.lgs. 546/92 , ovverosia di 60 giorni dal giorno in cui il ricorso è stato notificato. Si sottolinea, inoltre, che contrariamente a quanto indicato nelle controdeduzioni al ricorso introduttivo, dal fascicolo processuale telematico della Commissione tributaria provinciale non risulta il deposito della documentazione che il difensore dichiara di aver prodotto in giudizio. Quale conseguenza della irregolare costituzione nel giudizio di primo grado si richiama l’inutilizzabilità delle difese nel giudizio e, quindi, la mancanza di contestazioni alle eccezioni sollevate ai sensi dell’articolo 115 cod. proc. civ.
2.1. -Il motivo è infondato.
Nel processo tributario, la violazione del termine previsto dall’art. 23 del d.lgs. n. 546 del 1992 per la costituzione in giudizio della parte resistente comporta esclusivamente la decadenza dalla facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio e di fare istanza per la chiamata di terzi, sicché permane il diritto dello stesso resistente di negare i fatti costitutivi dell’avversa pretesa, di contestare l’applicabilità delle norme di diritto invocate e di produrre documenti ai sensi degli artt. 24 e 32 del detto decreto (Cass., Sez. V, 30 gennaio 2019, n. 2585; Cass., Sez. V, 2 aprile 2015, n. 6734).
Nel caso di specie, l’ Agente della riscossione ha depositato in data 12 settembre 2018 il proprio atto di costituzione ben prima dell’udienza di trattazione, tenutasi in data 6 novembre 2018, quindi nel rispetto dell’art. 32 d.lgs. 546/92.
La censura in merito al mancato deposito della documentazione attestata dal difensore dell’ Agente risulta peraltro inammissibile in
mancanza della deduzione del momento in cui tale eccezione sarebbe stata formulata nel giudizio di merito.
Del tutto generica appare, inoltre, la deduzione della violazione del principio di non contestazione, poiché con la costituzione in giudizio permane, come evidenziato, il diritto del resistente di negare i fatti costitutivi indicati nel ricorso, di contestare l’applicabilità delle norme di diritto invocate e di produrre documenti ai sensi degli artt. 24 e 32 del d.lgs. 546/92.
-Con il terzo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2719 cod. civ ., in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. Parte ricorrente evidenzia che l’ Agenzia non avrebbe prodotto alcuna documentazione. Si eccepisce, in particolare, che il concessionario non avrebbe depositato l’originale della cartella impugnata notificata a mezzo PEC ma soltanto in formato PDF senza firma digitale. Tale documentazione sarebbe stata disconosciuta con riferimento alla conformità all’originale, privandola del valore probatorio.
Con il sesto motivo di ricorso si eccepisce la nullità della cartella di pagamento, essendo stata notificata a mezzo PEC, l’ inesistenza della notifica per violazione dall’art. 16 ter del d.l. 179/12, convertito in l. 221/12 e la violazione dell’art. 156 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 4 cod. proc. civ. A sostegno della tesi sostenuta, parte ricorrente lamenta che l’inesistenza della notifica non sarebbe sanabile dal raggiungimento dello scopo dell’atto impugnato, che l’estensione PDF del file non sarebbe in grado di garantire l’immodificabilità dello stesso e che la copia cartacea della cartella prodotta in giudizio non sarebbe conforme al suo originale.
3.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono infondati.
In tema di notifica della cartella esattoriale ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, ai fini della prova del perfezionamento del procedimento notificatorio non è necessaria la produzione in giudizio dell’originale o della copia autentica della cartella, essendo
invece sufficiente la produzione della matrice o della copia della cartella con la relativa relazione di notifica (Cass., Sez. V, 21 luglio 2021, n. 20769 che ha cassato la decisione della Commissione tributaria regionale che non aveva ritenuto sufficiente la avvenuta produzione, da parte dell’agente della riscossione, di copie fotostatiche delle relate di notifica contenti il riferimento “al carico di cui agli estratti di ruolo” impugnati dalla contribuente, senza considerare che, in assenza di contestazioni sulla conformità delle copie agli originali, l’estratto di ruolo – equipollente della matrice conteneva tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria).
Nel caso di specie, in motivazione, la Commissione tributaria regionale evidenzia, peraltro, che la lettura integrale della cartella, prodotta in primo grado all’atto della costituzione, contiene la puntuale e dettagliata indicazione dei pagamenti omessi e delle sanzioni applicate.
Sulla questione della dedotta irritualità della notifica a mezzo PEC, secondo la giurisprudenza di questa S.C., la natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria, sicché il rinvio operato dall’art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602 del 1973 all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di irritualità della notificazione della cartella di pagamento, in ragione della avvenuta trasmissione di un file con estensione “PDF” anziché “.p7m”, l’applicazione dell’istituto della sanatoria del vizio dell’atto per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ. (Cass., Sez. VI-5, 5 marzo 2019, n. 6417; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27561).
Riguardo alla questione del disconoscimento della copia fotostatica all’originale, parte ricorrente non deduce quando la relativa eccezione sarebbe stata formulata in primo grado e riproposta ritualmente in sede di gravame, per cui la relativa doglianza risulta inammissibile. Secondo l’insegnamento di questa S.C., nel caso in cui il giudice di primo grado, a fronte del disconoscimento della conformità della copia di un documento originale, che non sia stato seguito dalla produzione di quest’ultimo, si sia avvalso della copia a fini probatori, è onere della parte soccombente, che intenda contestare questa utilizzazione, ribadire l’eccezione di disconoscimento, mediante specifica impugnazione che esprima tanto la volontà di negare la suddetta conformità, quanto la critica al giudice che del documento abbia fatto uso, senza che possa ritenersi sufficiente a tale scopo la generica affermazione dell’inesistenza dei documenti o degli atti di cui quella copia sarebbe rappresentativa (Cass., Sez. III, 29 luglio 2016, n. 15790).
Il disconoscimento della conformità all’originale della copia informatica di scrittura analogica depositata telematicamente è disciplinato dall’art. 2719 cod. civ., e non dalla normativa in tema di processo civile telematico, sicché tale disconoscimento deve essere effettuato, a pena di inefficacia, mediante dichiarazione che evidenzia in modo chiaro e univoco il documento che si intende contestare e gli aspetti differenziali rispetto all’originale, essendo poi rimesso al giudice l’accertamento di detta conformità attraverso le prove offerte in giudizio, comprese le presunzioni, a differenza di quanto si verifica per il disconoscimento della scrittura privata ex art. 215, comma 1, n. 2), cod. proc. civ. che, in mancanza di verificazione, ne impedisce l’utilizzabilità (Cass., Sez. IV, 7 ottobre 2024, n. 26200).
4. -Con il quarto motivo di ricorso si sostiene che l’ente avrebbe violato le regole in materia di riparto dell’onere della prova ex art. 2697 cod. civ. che fa ricadere sull’ente impositore la dimostrazione
della pretesa attraverso la motivazione dell’atto e la legittimità delle richieste impositive.
4.1. -Il motivo è infondato.
Il principio dell’onere della prova positivizzato nell’art. 2697 cod. civ., applicabile anche al processo tributario, prescinde dal grado di intrinseca attendibilità delle affermazioni che una parte faccia a suo favore, cosicché, per effetto della struttura dialettica del giudizio, che pone le parti in identica posizione, occorre necessariamente che la verifica dei fatti posti a fondamento della domanda (o delle eccezioni) passi attraverso il vaglio di elementi diversi dalla mera affermazione che di essi faccia la parte a proprio vantaggio (Cass., Sez. V, 6 ottobre 2022, n. 29063).
Al di là dell’estrema genericità della doglianza, vi è da osservare che i giudici del merito hanno posto a fondamento della loro decisione la documentazione prodotta in giudizio ( in primis la cartella di pagamento), ritenendo fondata e motivata la pretesa impositiva, senza in alcun modo violare le regole del riparto dell’onere della prova.
5. -Con il settimo motivo di ricorso si denuncia la nullità della cartella di pagamento per difetto di motivazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 4 cod. proc. civ. Parte ricorrente lamenta il vizio dell’assenza di motivazione e, in particolare, la mancata allegazione dell’atto prodromico . La mera indicazione nella causale con riferimento all’omesso o carente versamento non consente infatti di desumere se l’erario abbia tenuto conto o meno di quanto già versato dal contribuente. Si evidenzia, altresì, che nel corso del giudizio la ricorrente aveva eccepito anche la mancata metodica del calcolo degli interessi e delle sanzioni indicate nella cartella di pagamento. Viene inoltre contestata la decisione in merito all’eccezione riguardante i compensi di riscossione richiesti con la cartella di pagamento, che non sarebbero motivati o provati.
Con l’ottavo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione della legge 241/90, della legge 212/2000 e dell’art. 97 della Costituzione per non avere esaminato i giudici la questione della nullità della cartella di pagamento per mancata allegazione degli atti prodromici e per difetto di motivazione.
5.1. -Entrambi i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono inammissibili.
La parte, infatti, non trascrive l’intera cartella, ma solo alcune righe di essa e, di contro, la Commissione tributaria regionale fonda il suo giudizio di adeguatezza della motivazione sul richiamo – in cartella – al controllo automatizzato ex articolo 54 bis d.P.R. 633 del 1972 per somme di imposta dichiarate dovute non versate e sul rilievo che l’indicazione puntuale e dettagliata dei pagamenti omessi e delle sanzioni applicate, comprese quelli di riduzione, emerge dall’esame dei fogli 5 e 6 della cartella.
Viene quindi in applicazione il principio, già affermato da questa Corte, che ove si censuri la sentenza della Commissione tributaria sotto il profilo del giudizio espresso in ordine alla motivazione di una cartella di pagamento – la quale è atto amministrativo e non processuale – il ricorrente, a pena di inammissibilità, deve trascrivere testualmente il contenuto dell’atto impugnato che assume erroneamente interpretato o pretermesso dal giudice di merito al fine di consentire alla Corte di cassazione la verifica della doglianza esclusivamente mediante l’esame del ricorso (Cass., Sez. V, 2 novembre 2021, n. 31059).
-Con il quinto motivo di ricorso parte ricorrente contesta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 del d.lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 4 cod. proc. civ. La contribuente censura la sentenza di secondo grado per aver i giudici ritenuto che l’atto di costituzione per l’ Agenzia delle entrate -Riscossione andasse stralciato dal giudizio, e, ciononostante, abbiano omesso di accogliere il motivo di appello sollevato dal
contribuente, circa l’impossibilità di ricorrere al patrocinio di un avvocato del libero foro, laddove dovrebbe necessariamente stare in giudizio a mezzo di un difensore della struttura, ovvero tramite l’Avvocatura dello Stato.
6.1. -Il motivo è infondato.
In tema di difesa e rappresentanza in giudizio, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate -Riscossione si avvalgono dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti dalle convenzioni con quest’ultima stipulate, fatte salve le ipotesi di conflitto, quali le condizioni di cui art. 43, comma 4, del r.d. n. 1611 del 1933 oppure l’indisponibilità dell’Avvocatura; ne consegue che non è richiesta l’adozione di apposita delibera o alcun’altra formalità per ricorrere al patrocinio a mezzo di avvocati del libero foro quando la convenzione non riserva all’Avvocatura erariale la difesa, come nel contenzioso tributario, per il quale la convenzione esime le predette Agenzie dal ricorso alla difesa erariale per i giudizi innanzi alle corti di giustizia tributaria, prevedendola espressamente, invece, per quello di legittimità, rispetto al quale, dunque, in difetto delle condizioni ricordate (conflitto, indisponibilità o apposita delibera) la procura conferita ad un legale del libero foro deve ritenersi affetta da invalidità, con conseguente inammissibilità del ricorso (Cass., Sez. V, 31 ottobre 2024, n. 28199).
Pertanto risulta legittima la difesa da parte di avvocato del libero foro dell’Agenzia delle entrate -Riscossione innanzi alle corti di giustizia tributaria.
-Il rigetto del ricorso principale determina l’assorbimento di quello incidentale condizionato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; assorbito il ricorso incidentale condizionato; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione