Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15570 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15570 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. R.G. 21370-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente –
contro
CONSORZIO DI RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME e NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al controricorso -controricorrente – avverso la sentenza n. 2363/2022 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 27/5/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/5/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale del Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, respingeva l’appello di RAGIONE_SOCIALE avverso la pronuncia n. 4583/2020 della Commissione tributaria provinciale di Roma con cui era stato respinto il ricorso avverso cartella esattoriale per mancato pagamento contributi consortili.
Avverso la pronuncia della Commissione tributaria regionale RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
Il Consorzio di Lavinio, RAGIONE_SOCIALE S. Anastasio resiste con controricorso, illustrato con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con unico motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 7 legge n. 212/2000 e dell’art. 3 legge n. 241 /1990 per avere la Commissione tributaria regionale omesso di rilevare il difetto di motivazione della cartella impugnata, nonché «il mancato assolvimento dell’onere di provare il credito vantato dall’ente impositore» , e lamenta che la cartella impugnata fosse priva di ogni riferimento al «piano di classifica e/o di ripartizione della spesa … oltre … al bilancio annuale e relativo riparto».
1.2. Le doglianze sono fondate.
1.3. Le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. SU n. 11722/2010 e, conformi, Cass. nn. 21804/2017, 28276/2013, 2373/2013) hanno affermato il principio secondo cui quando la cartella esattoriale non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, come nel caso in cui il Consorzio, ai sensi del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 21, procede alla riscossione dei contributi, essa deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione, e tale motivazione può essere assolta per relationem ad altro atto che costituisca il presupposto dell’imposizione, atto
del quale, tuttavia, debbono comunque essere specificamente indicati gli estremi, anche relativi alla pubblicazione dello stesso su bollettini o albi ufficiali che eventualmente ne sia stata fatta a sensi di legge, affinché il contribuente ne abbia conoscenza o conoscibilità: l’atto di rinvio, quando si tratta di atti dei quali il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione o pubblicazione, non deve essere necessariamente allegato alla cartella – secondo una interpretazione non puramente formalistica della L. 212/2000, art. 7, comma 1, (cosiddetto Statuto del contribuente) -, sempre che ne siano indicati nella cartella stessa i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione.
1.4. Ciò posto, è incontestato che la cartella di pagamento oggetto della controversia non sia stata preceduta da altro atto mediante il quale l’Ente abbia richiesto il pagamento del contributo consortile, ovvero che costituiva il primo atto impositivo portato a conoscenza del contribuente e che tale documento non conteneva alcuna indicazione degli atti su cui si basava la pretesa, all’esito dell’esame della cartella in questione, ritualmente trascritta ed allegata al ricorso.
1.5. La Commissione tributaria regionale ha affermato quanto segue: «… l’appellante assume che il consorzio avesse l’obbligo di produrre in giudizio l’accordo intervenuto con il Comune di Anzio affermando che ‘ gravava sull’ente impositore l’onere di provare la correttezza del procedimento impositivo ‘. Tale affermazione pecca per eccesso atteso che … la cartella di pagamento impugnata costituisce un atto di ‘ mer a riscossione’, sicché stante tale natura non è ipotizzabile la necessità che l ‘ ente impositore, allorché dispone per la mera riscossione del tributo, possa considerare onerato della necessità di fornire al contribuente inciso anche gli atti presupposti, dovendo essere, piuttosto, quest’ultimo a rendersi parte diligente nel verificare quanto stabilito, in via generale ed astratta, dall’Ente stesso, orientando le proprie difese non sul solo atto esecutivo, ma aggredendo a monte i provvedimenti che avevano fatto sorgere il debito tributario. Risulta così implicitamente superato anche il vizio formale addotto nei confronti della cartella di pagamento che, per sua stessa natura, può essere legittimamente motivata con il rinvio agli atti alla stessa presupposti».
1.6. La mancata indicazione del piano di classifica e delle delibere di approvazione del bilancio consortile, sulla base dei quali il Consorzio avanzava la propria pretesa, costituisce, tuttavia, di per sé un grave vizio del relativo atto impositivo in quanto al consorziato non viene fornito alcun elemento per valutare la correttezza della liquidazione dell’imposta.
1.7. Non potrebbe assumere rilievo neppure la circostanza che sia la delibera commissariale che la delibera di approvazione del perimetro di contribuenza siano stati prodotti nel giudizio di merito ovvero che il contribuente abbia comunque potuto difendersi efficacemente in giudizio, non potendo operarsi una lettura riduttiva del ruolo della motivazione che, pur letta in funzione del diritto di difesa, finisce per legittimare un inammissibile giudizio ex post sulla sufficienza della stessa, argomentata dalla difesa comunque svolta dal contribuente, piuttosto che un giudizio ex ante argomentato sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire ex se l’esercizio effettivo del diritto di difesa, perseguendo l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale e sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’ an e il quantum debeatur .
1.8. Detti elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato non solo tempestivamente (e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa (così, in motivazione Cass. n. 24024 del 2015).
1.9. Considerato dunque che nella fattispecie sub iudice dalla trascrizione della cartella emerge la mancanza di ogni riferimento alle delibere di approvazione del piano di classifica e del perimetro di contribuenza e di approvazione del bilancio consortile, ne consegue il difetto contenutistico e motivazionale dell’atto impositivo.
1.10. Con riguardo alle affermazioni della Commissione tributaria regionale circa la debenza del tributato per mancata impugnazione delle «delibere consortili che avevano determinato la misura del contributo in questione» e alla deduzione del Consorzio circa la formazione del giudicato
relativamente alla sentenza di primo grado sul punto, va evidenziato che la motivazione dell’atto costituisce requisito formale di validità dell’atto impositivo e della cartella esattoriale, distinto da quello dell’effettiva sussistenza degli elementi dimostrativi dei fatti costitutivi della pretesa tributaria, l’indicazione dei quali è disciplinata dalle regole processuali dell’istruzione probatoria operanti nell’eventuale giudizio avente ad oggetto detta pretesa (cfr. Cass. n. 4639/2020).
Quanto sin qui illustrato comporta l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata.
Inoltre, non richiedendosi, per la risoluzione della controversia, alcun altro accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., primo comma, con l’accoglimento del ricorso introduttivo della consorziata.
L e spese dell’intero giudizio seguono la soccombenza e si liquidano nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della consorziata; condanna il Consorzio al pagamento delle spese di lite, che liquida, a titolo di competenze, per il primo grado nella somma di Euro 2.000,00 oltre accessori e rimborso contributo unificato, per il secondo grado nella somma di Euro 2.000,00, oltre accessori e rimborso contributo unificato, per il presente grado di giudizio, nell’importo di Euro 1.700,00, oltre accessori ed alla somma di Euro 200,00 per spese vive.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da