Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16433 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16433 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34151/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ROMA n. 5400/2018 depositata il 31/07/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe della Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio che ha rigettato il suo appello contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Roma che aveva
respinto il ricorso della contribuente contro cartella di pagamento n. 09720140262405663 emessa ex art. 36 bis d.P.R. n. 600/1973.
La CTR ha rilevato che la contribuente non aveva dato riscontro entro trenta giorni dall’avviso bonario, come previsto dagli artt. 36 bis e 36 ter d.P.R. n. 600/1973, cosicché legittimamente si era provveduto all’iscrizione a ruolo; ha quindi affermato che la pretesa impositiva era divenuta definitiva e la cartella era impugnabile solo per vizi propri ma quelli denunziati dalla ricorrente erano insussistenti; invero, secondo la CTR, la cartella deve essere redatta secondo modello ministeriale che non prevede la sottoscrizione e richiede soltanto l’indicazione della somma da pagare e del codice di riferimento.
Il ricorso si fonda su tre motivi.
Si è costituita l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, anche in relazione all’art. 19 d.lgs. n. 546/1992, in quanto l’avviso bonario non è contemplato tra gli atti impugnabili cosicché la sua mancata impugnazione non determina definitività della pretesa, tanto più che la CTR non si era pronunziata sulla eccezione di omessa notifica dell’avviso bonario, dando per acquisita l’avvenuta notifica di cui non vi era prova perché la ricevuta prodotta in primo grado non si riferiva all’avviso per cui è causa.
1.1. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità: l’esposizione dei fatti di causa è assai carente, non consentendo di comprendere appieno l’oggetto della controversia né se fossero state sollevate questioni sui presupposti e sul merito della pretesa tributaria, oltre che sulla cartella; la doglianza resta quindi astratta e non risulta sostenuta da un interesse, non cogliendosi il pregiudizio che la contribuente avrebbe subito in conseguenza di
quella affermazione della CTR, la quale ha esaminato comunque i vizi propri della cartella denunziati. Altrettanto generica e carente di autosufficienza è la questione dell’omessa notifica dell’avviso bonario che è, comunque, inconferente e non è stata oggetto di specifica censura.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., « violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla mancata sottoscrizione della cartella », laddove la CTR ha statuito che la sottoscrizione della cartella non sarebbe requisito essenziale dell’atto, poiché questa soluzione si pone in contrasto con l’art. 15 comma 7 d.l. n. 78/2009 che prevede la sostituzione della firma autografa con l’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile dell’adozione dell’atto e prevale, in quanto norma di rango superiore, sul decreto ministeriale che stabilisce i requisiti della cartella di pagamento.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. In tema di riscossione RAGIONE_SOCIALE imposte sul reddito, l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che, a norma dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo l’apposito modello approvato con d.m., che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice (Cass. n. 31605 del 2019; Cass. n. 25773 del 2014).
2.3. Questo orientamento non trova ostacolo nell’art. 15 comma 7 d.l. n. 78/2009, che prevede la ‘sostituzione’ della firma
autografa ‘prevista’ sugli atti di liquidazione, accertamento e riscossione dalle ‘norme che disciplinano le RAGIONE_SOCIALE tributarie erariali amministrate dalle Agenzie fiscali’ con l’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile dell’adozione dell’atto in tutti i casi in cui gli atti medesimi siano prodotti da sistemi informativi automatizzati; infatti, le ‘norme’ che disciplinano la cartella di pagamento -comprese quelle di fonte secondaria, che non sono escluse dall’ampia previsione dell’art. 15 cit. -non richiedono la firma autografa sulla cartella cosicché la disposizione invocata non rileva.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., « violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al difetto di motivazione della cartella ».
3.1. Il motivo è inammissibile.
3.2. In tema di processo tributario, ove si censuri la sentenza della Commissione tributaria sotto il profilo del giudizio espresso in ordine alla motivazione di una cartella di pagamento -la quale è atto amministrativo e non processuale -il ricorrente, a pena di inammissibilità, deve trascrivere testualmente il contenuto dell’atto impugnato che assume erroneamente interpretato o pretermesso dal giudice di merito al fine di consentire alla Corte di cassazione la verifica della doglianza esclusivamente mediante l’esame del ricorso (Cass. n. 28570 del 2019).
3.3. Questa massima è corollario del c.d. principio di autosufficienza, rinvenibile nell’articolo 366, n. 6, c.p.c. che impone la specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti (oltre che dei contratti e accordi collettivi) sui quali il ricorso si fonda (Cass. n. 7455 del 2013; tra le tante Cass. n. 12997 del 2020; Cass. n. 11370 del 2020), dovendosi ulteriormente precisare che ‘indicare specificamente un atto o documento significa anzitutto dire qual è il suo contenuto’ (Cass. n. 28184 del 2020 in
motivazione punto 2.4); in ciò il principio di autosufficienza costituisce presidio, accanto e prima ancora che della specificità dei motivi, della stessa intelligibilità del ricorso per cassazione, perché il ricorso deve mettere in grado il giudicante di rendersi conto dell’oggetto della controversia, in relazione alle esposte censure e deve dunque contenere in sé tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in condizione di avere completa cognizione della controversia e del suo oggetto, nonché di cogliere il significato e la portata RAGIONE_SOCIALE censure contrapposte alle argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (tra le tante, Cass. n. 31082 del 2017).
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.400, per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/03/2024.