Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9342 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9342 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5895/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE,
-ricorrente – contro
DA COGNOME,
-intimata –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. PUGLIA -SEZIONE STACCATA DI TARANTO n. 186/28/2015, depositata in data 29 gennaio 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
In data 22 febbraio 1995 l’RAGIONE_SOCIALE -notificava a NOME COGNOME la cartella di pagamento n. 00000050049711995, recante l’iscrizione a ruolo IRPEF, sanzioni e interessi con riferimento agli avvisi di
Cartella di pagamento IRPEF 1987 e 1988
accertamento nn. 3431004137 e 3431004141, rispettivamente relativi agli anni d’imposta 1987 e 1988 (a loro volta notificati il 6 dicembre 1991 e divenuti definitivi per mancata impugnazione), per l’importo complessivo pari a lire 19.163.100,00.
Avverso l’atto impositivo la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di RAGIONE_SOCIALE; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, contestando i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 439/02/2008, accoglieva il ricorso della contribuente, annullando l’atto impugnato.
Contro tale decisione proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE dinanzi la C.t.r. della Puglia; si costituiva anche la contribuente, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 186/28/2015, depositata in data 29 gennaio 2015, la C.t.r. adita rigettava il gravame dell’ufficio, compensando tra le parti le spese di lite.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Puglia, l’ RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. La contribuente è rimasta intimata.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 32 e ss. della Legge 30 dicembre 1991, n. 413, dell’art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’ Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha dichiarato priva di elementi essenziali la pretesa tributaria racchiusa nella cartella impugnata, pur questa riportando il tributo, il periodo d’imposta, l’imponibile e l’aliquota applicata; ciò sulla proposta eccezione circa la definizione della suddetta pretesa con
dichiarazione integrativa, eccezione riguardante l’esercizio di potestà accertativa e, dunque, non più opponibile data la definitività dell’atto di accertamento (per mancata impugnazione) dal quale è scaturito il debito.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 32 e ss. della Legge n. 413/1991, dell’art. 41 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 25 del d.P.R. n. 602/1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’ U fficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha affermato che la cartella di pagamento impugnata poteva essere definita mediante la presentazione di istanza di c.d. condono tombale, anziché mediante la presentazione di dichiarazione integrativa semplice, adeguando l’imponibile dichiarato a quello accertato, stante la notifica dell’avviso di accertamento parziale avvenuta prima dell’entrata in vigore della disciplina in materia.
2. Il primo motivo di ricorso, con cui l’RAGIONE_SOCIALE si duole dell’operato dei Giudici di seconde cure laddove hanno dichiarato priva di elementi essenziali la cartella di pagamento, è fondato.
L’ufficio, segnatamente, censura la sentenza di cui in epigrafe nella parte in cui statuisce che «allo stato degli atti, così come risultano allegati al fascicolo della controversia, il Collegio, dopo attento esame, rileva che entrambe le parti in causa hanno offerto una documentazione che non gli consente di comprendere ampiamente le rispettive posizioni sui fatti, riferiti e non illustrati, riguardanti la procedura del condono, di cui alla legge n. 413/1991, indicata dalla contribuente a pagina 2 del ricorso introduttivo della controversia, imputabile anche al fatto che l’atto impugnato, cioè la Cartella di pagamento, non riporta affatto gli elementi essenziali per qualificare inequivocabilmente la pretesa tributaria rivendicata dall’Amministrazione Finanziaria». Appare difficile ipotizzare che dagli atti di causa non risultassero le ragioni di ambedue le parti,
atteso che, come attestato dalla fotoriproduzione riportata nel ricorso per cassazione (pagg. 2 ss), parte ricorrente ha lungamente esplicato le ragioni del proprio gravame, anche richiamandosi agli orientamenti di legittimità maggioritari.
2.1. Inoltre, con riguardo alla cartella di pagamento relativa a due distinti avvisi di accertamento divenuti definitivi per mancata impugnazione, essa non innova il rapporto debitorio, qualificandosi piuttosto come fisiologico sviluppo del rapporto stesso in caso di mancato pagamento dei maggiori importi accertati e non contestati, al pari di un’intimazione di pagamento. Non assume la qualifica di nuovo atto impositivo; pertanto, è costituita dal nucleo minimo di informazioni essenziali richieste per legge (art. 25 d.P.R. 602 del 1973 e 19 d.lgs. n. 546 del 1992) laddove contenga il riferimento al tributo, ai soggetti d’imposta, al periodo d’imposta, all’imponibile e all’aliquota applicata.
2.2. La C.t.r., nel caso di specie, ha errato nel ritenere non chiarite le posizioni RAGIONE_SOCIALE parti nonché priva degli elementi essenziali la cartella di pagamento.
Anche il secondo motivo di ricorso, con cui parte ricorrente ha censurato l’operato dei Giudici di seconde cure per aver affermato che la cartella di pagamento impugnata potesse essere definita mediante la presentazione di istanza di c.d. condono tombale, anziché mediante la presentazione di dichiarazione integrativa semplice, stante la notifica dell’avviso di accertamento parziale avvenuta prima dell’entrata in vigore della disciplina in materia, è fondato.
3.1. Sul punto si rende necessario richiamare l’orientamento RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite di questa Corte che, risolvendo un contrasto giurisprudenziale, hanno statuito che «con riferimento alla definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti prevista dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, la notifica di un accertamento parziale ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41 – bis
preclude al contribuente il ricorso alla procedura del c.d. “condono tombale”, prevista dalla L. n. 413 cit., art. 38 per ottenere la definizione del periodo d’imposta inciso da detto accertamento, con la conseguente inidoneità allo scopo della eventuale domanda di definizione agevolata presentata ai sensi del suddetto art. 38, e con obbligo per il contribuente di avvalersi in ogni caso della dichiarazione integrativa semplice di cui all’art. 36 della medesima legge, adeguando per intero tale dichiarazione al reddito accertato, al fine di conseguire l’estinzione della controversia per il periodo considerato” (Cass., S.U., 18 gennaio 2007, n. 1064)».
3.2. Anche sul punto la C.t.r. non ha fatto corretta applicazione del principio di diritto, laddove ha statuito che «Le doglianze racchiuse in questo motivo specifico di impugnazione non sono ritenute idonee dal Collegio a scalfire la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE. Precisamente il Collegio rileva che, sebbene la motivazione, ivi riportata, posta a base dell’accoglimento del ricorso, sia piuttosto sintetica, è condivisibile, perché nel contempo appare rispettosa di tutto quanto previsto e richiesto, sia dall’articolo 36 – contenuto della sentenza -del d.lgs. n. 546/1992, sia della normativa della dichiarazione integrativa riferita alla legge n. 413/1991. Particolare importanza, ai fini della conferma della sentenza impugnata, assume per il Collegio quanto i giudici di prime cure hanno specificamente in essa, cosi, affermato: “Poiché nella specie la cartella oggetto di impugnativa riviene da due accertamenti notificati il 6 dicembre 1991 e dunque non definitivi per non essere decorso il termine sessagesimo di impugnativa, tenuto conto del tempo di entrate in vigore della L. 413191, la cartella in parola non poteva essere emessa, posto che la contribuente aveva, in omaggio agli artt. 32 e 38 della richiamata normativa, prodotto dichiarazione integrativa».
In conclusione, Il ricorso va accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ex art. 484 cod. proc. civ. la causa
può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso originario della contribuente.
Le spese dei gradi di merito possono essere compensate tra le parti in ragione dell’andamento del giudizio.
Le spese del giudizio di legittimit à̀ seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito Condanna la contribuente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimit à, che liquida in € 4.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 22 febbraio 2024.