Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11233 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11233 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
IMPOSTA SUCCESSIONE SANZIONI
sul ricorso iscritto al n. 10893/2020 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO.
– RICORRENTE –
CONTRO
COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), nata a Viareggio il DATA_NASCITA .
NONCHÉ
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Presidente pro tempore .
per la cassazione della sentenza n. 1262/8/2019 della Commissione tributaria regionale della Toscana, depositata il 18 settembre 2019, non notificata;
UDITA la relazione svolta nell’adunanza camerale del 19 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
come riferito nella sentenza impugnata, «A seguito di avviso di liquidazione del 7/8/14 divenuto definitivo nei confronti della signora COGNOME NOME relativo a tassa di successione recante tra l’altro sanzioni per € 3.101,47, in data 23/6/2015 veniva notificata cartella di pagamento recante sanzioni per € 31.0154,72» e «La contribuente presentava ricorso lamentando un’evidente errore nel computo RAGIONE_SOCIALE sanzioni essendo decuplicate rispetto all’avviso di liquidazione » chiedendo « pertanto l’annullamento della cartella e comunque la riduzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni all’importo indicato nell’avviso»;
nella sentenza impugnata si dava atto che «L’Ufficio da parte sua, dopo aver rilevato che comunque la cartella riguardava sia l’imposta che le sanzioni per cui per l’imposta era da considerarsi definitiva, osservava che la misura di 3.101,47 era una misura ridotta ad 1/10 RAGIONE_SOCIALE sanzioni condizionata al pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte e sanzioni entro il termine di 60 giorni dell’avviso mentre la ricorrente non si era avvalsa di tale termine per cui le sanzioni dovevano applicarsi nella misura intera corrispondente appunto alla cartella di pagamento emessa» (così nella sentenza impugnata);
con la sentenza oggetto di esame la Commissione tributaria regionale della Toscana accoglieva l’appello proposto dalla contribuente ed annullava la cartella impugnata, osservando che:
«dal ricorso emerge chiaramente che la contribuente aveva ritenuto la cartella frutto di evidente errore (cartella pazza) »;
«l’errore in cui è in corso la contribuente discende del resto dalla stessa formulazione dell’avviso in quanto in nessuna parte dello stesso la sanzione viene quantificata nel suo importo globale ma viene indicato unicamente nell’importo ridotto. La stessa aggiunta a penna del termine entro cui la sanzione doveva essere pagata oltre all’anomalia della stessa non precisa la conseguenza che nel caso di inosservanza l’importo della sanzione sarebbe stata decuplicato»;
-«E’ pertanto assolutamente comprensibile che la contribuente abbia in buona fede diritto di definire la questione con il pagamento di quanto a lei esplicitamente richiesto nell’avviso di liquidazione, ancorchè con alcuni giorni di ritardo. Una diversa interpretazione lederebbe gravemente il principio dell’affidamento sancito dallo Statuto del Contribuente » ;
«la cartella di pagamento contestata deve pertanto essere annullata in quanto mancante nel suo necessario presupposto costituito da un avviso di liquidazione in cui sia stato quantificato di importo dovuto non potendo allo scopo ritenersi valido l’avviso di liquidazione del 7/8/14 per le anomalie sopra indicate»;
l’RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione avverso detta pronuncia con ricorso notificato tramite posta elettronica certificata il 16 marzo 2019, formulando due motivi di impugnazione;
NOME COGNOME e l’RAGIONE_SOCIALE sono restate intimate;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., assumendo che «la contribuente, sin dal primo grado, ha sempre e solo contestato le sanzioni richieste con la cartella di pagamento e
mai le somme ivi richieste a titolo di sorta capitale » , per cui la Commissione regionale « annullando l’intera cartella che imponeva il pagamento tanto della sorte capitale quanto RAGIONE_SOCIALE sanzioni si è pronunciata ultra petita et allegata partium » (v. pagine nn. 4 e 5 del ricorso);
con la seconda doglianza la difesa erariale ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3 cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, sostenendo che nell’avviso di liquidazione era espressamente indicato che la sanzione ordinariamente prevista nella misura dal 120 % al 240 % RAGIONE_SOCIALE imposte liquidata era stata ridotta in applicazione della norma in rubrica e che, quindi, la contribuente era stata perfettamente posta in grado di conoscere il suo ammontare, così come era stato espressamente indicato (non importa se tramite un’aggiunta a penna) che le predette sanzioni (ridotte al 10%) avrebbero dovuto essere pagate nel termine di 60 giorni e quindi la contribuente era stata resa consapevole RAGIONE_SOCIALE conseguenze legali derivanti dal mancato pagamento della somma richiesta, peraltro rilevabili dalla lettura della menzionata disposizione;
3. il ricorso va accolto;
risulta fondato il primo motivo di ricorso;
4.1. la ricorrente ha avuto cura, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, di riportare i contenuti sia della cartella impugnata, che dell’originario ricorso proposto dalla contribuente contro la stessa, da cui emerge che la citata cartella aveva ad oggetto l’importo complessivo di 59.812,77 € (di cui 25.845,60 € per imposta di successione e 31.014,72 € per sanzioni) e che con la relativa impugnazione la contribuente, nel dare atto che l’avviso di liquidazione, notificato il 13 settembre 2014 (con cui era stata accertata la pretesa di 40.794,07 €, di cui 3.101,41 € per sanzioni), era divenuto definitivo, aveva lamentato che «Inspiegabilmente nella cartella di pagamento è stato indicata la sanzione in € 31.014,72 » , sostenendo che si trattava « di un errore materiale,
cioè il punto è stato inserito dopo l’1 anziché dopo il 3 », (così nel ricorso originario, come ritrascritto/scansionato nell’impugnazione in esame), non comprendendosi altrimenti la differenza di 27.913,25 € (tra l’importo di 31.014,72 €, di cui alla cartella e la somma di 3.101,47 € di cui all’avviso di liquidazione), con conseguente illegittimità dell’atto impugnato «per aver applicato una sanzione maggiorata senza giustificazione», chiedendo, quindi, di «dichiarare illegittima la cartella di pagamento oggetto del presente ricorso e comunque ridurre la sanzione da 31.014,72 € a € 3.101,47 così come disposto con l’avviso di liquidazione dell’imposta e irrogazione sanzioni » (così nel ricorso originario, come ritrascritto nell’impugnazione in esame);
4.2. alla stregua di tale chiaro contenuto della contestazione non par dubbio che le ragioni dell’impugnazione fossero rivolte alla sola parte della cartella che concerneva le (maggiorate) sanzioni; lo stesso petitum dell’originario ricorso («dichiarare illegittima la cartella di pagamento oggetto del presente ricorso ), va letto unitamente ai motivi di impugnazione, indubbiamente rivolti a contestare la sola comminatoria RAGIONE_SOCIALE sanzioni nel citato, ben più rilevante importo, così come anche l’appello (i cui contenuti sono stati pure riprodotti nel ricorso), diretto all’annullamento della cartella, era sempre rivolto al tema RAGIONE_SOCIALE sanzioni, senza investire anche la debenza della sorta capitale;
4.3. in tale direzione, la sentenza impugnata, nell’annullare tout court la cartella impugnata (con cui era stata richiesto anche il pagamento della residua sorta capitale) ha certamente pronunciato ultra petita;
anche il secondo motivo di impugnazione va accolto, sia pure per ragioni diverse rispetto a quelle dedotte, benché in esse implicate, trattandosi sempre del tema RAGIONE_SOCIALE sanzioni, che si pongono a monte RAGIONE_SOCIALE ragioni di contestazione della sentenza impugnata;
5.1. sul piano dei principi, va, infatti, ricordato che la Corte di cassazione può ritenere fondata la questione sollevata dal motivo del ricorso per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte, con il solo limite dell’immutazione dei fatti accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, sempre che ciò non comporti la modifica della domanda, per come definita nelle fasi di merito, o l’integrazione di un’eccezione in senso stretto (cfr. sul principio, tra le tante, Cass. Sez. VI/III, 5 ottobre 2021, n. 26991, che richiama Cass. 28 luglio 2017, n. 18775; 14 febbraio 2014, n. 3437; 22 marzo 2007, n. 6935 ed anche Cass. Sez. I, 3 dicembre 2020, n. 27704 e nello stesso senso, Cass., Sez. III, 31 maggio 2022, n. 17670; Cass., Sez. II, 1° marzo 2022, n. 6728; Cass., Sez. T, 30 marzo 2021, n. 8717);
5.2. la stessa contribuente aveva riconosciuto che l’avviso di liquidazione prodromico all’impugnata cartella di pagamento, notificato il 13 settembre 2014, era divenuto definitivo e che in esso era stato precisato, con aggiunta penna, che l’importo di 3.101,47 € costitutiva la «sanzione ridotta da versare nei 60 giorni», lamentando sul punto «con il predetto avviso di liquidazione non si fa però avvertimento al contribuente che se la predetta sanzione non fosse stata pagata nei 60 giorni sarebbe stata applicata la sanzione per intero » (così nell’atto di appello della contribuente, nei termini riportati nel ricorso in esame);
5.3. come sopra esposto, il Giudice regionale ha annullato la cartella impugnata per un ritenuto vizio dell’atto presupposto, vale a dire dell’avviso di liquidazione, avendo stabilito (giova ripeterlo) che «la cartella di pagamento contestata deve pertanto essere annullata in quanto mancante nel suo necessario presupposto costituito da un avviso di liquidazione in cui sia stato quantificato di importo dovuto non potendo allo scopo ritenersi valido l’avviso di liquidazione del 7/8/14 per le anomalie sopra indicate»;
5.4. tuttavia, tale conclusione non può giustificarsi, tenuto conto, da un lato, dell’incontrovertibilità dell’avviso di liquidazione per essere divenuto definitivo (con tutti i suoi supposti vizi) e, per altro verso, perché l’impugnazione non ha avuto ad oggetto il vizio di motivazione della cartella, come ribadito in sede di appello in cui la contribuente ha lamentato -come sopra illustrato -che «E’ vero che nell’avviso di liquidazione dell’imposta e RAGIONE_SOCIALE sanzioni è riportato, con aggiunta mano, ‘sanzione ridotta da versare nei 60 giorni , sottolineando poi che «Con il predetto avviso di liquidazione non si fa però avvertimento al contribuente che se la predetta sanzione non fosse stata pagata nei 60 giorni sarebbe stata applicata la sanzione per intero » (così nell’atto di appello della contribuente, nei termini riportati a pagina n. 19 del ricorso in esame), con ciò quindi lamentando, in termini inammissibili, i vizi del prodromico avviso di liquidazione non più controvertibile per essere divenuto definitivo;
per quanto sopra osservato, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata; non occorrendo accertamenti in fatto, la causa va anche decisa nel merito, rigettando l’originario ricorso della contribuente;
le spese dei giudizi di merito e quelle del presente grado seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo, tenendo conto (per le fasi di merito) dell’art. 15, comma 2sexies , d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546;
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente.
Condanna NOME COGNOME al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di giudizio che liquida, per competenze nella somma di 1.200,00 €, per il primo grado, di 1.920,00 € per il secondo grado e di € 6.000,00 € per il presente grado, oltre al pagamento, per il solo giudizio di legittimità,
RAGIONE_SOCIALE spese che risulteranno dai registri di cancelleria prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 dicembre