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Cartella di pagamento: quando è atto impositivo?

La Corte di Cassazione chiarisce la natura giuridica della cartella di pagamento emessa a seguito di controlli automatizzati. In questo caso, una società immobiliare aveva impugnato delle cartelle di pagamento, e i giudici di merito le avevano dato ragione per la mancata notifica di un preventivo avviso di accertamento. La Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che la cartella di pagamento basata su controlli formali (art. 36-bis) è essa stessa il primo atto impositivo e non necessita di un atto presupposto. Pertanto, può essere impugnata direttamente nel merito.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Cartella di Pagamento: Quando Vale come Atto Impositivo?

La ricezione di una cartella di pagamento è spesso fonte di preoccupazione per cittadini e imprese. Tuttavia, non tutte le cartelle sono uguali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto luce sulla natura di quelle emesse a seguito di controlli automatizzati, stabilendo un principio fondamentale per la difesa del contribuente.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata, operante nel settore immobiliare, si è vista recapitare diverse cartelle di pagamento relative a più annualità d’imposta. Tali atti erano stati emessi a seguito di controlli automatizzati, ai sensi degli artt. 36-bis del d.P.R. 600/1973 e 54-bis del d.P.R. 633/1972. La società era coobbligata in solido con un’altra impresa, dalla quale era nata per scissione parziale.

La contribuente ha impugnato le cartelle davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, che ha accolto il suo ricorso. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate ha presentato appello, ma la Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di primo grado, respingendo le ragioni dell’Erario. La CTR ha basato la sua decisione su un motivo specifico: la mancata prova della notifica, alla società originaria, di un avviso di accertamento che doveva, a suo dire, precedere l’azione di riscossione.

La Questione della Natura della Cartella di Pagamento

Insoddisfatta, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando due motivi principali. Il fulcro della questione legale era determinare la corretta natura giuridica della cartella di pagamento emessa in seguito a controlli automatizzati. Si trattava di un mero atto di riscossione, che quindi necessitava di un precedente atto impositivo (come un avviso di accertamento), oppure la cartella stessa poteva essere considerata il primo e unico atto con cui l’amministrazione finanziaria manifestava la propria pretesa?

La Corte di Cassazione ha ritenuto i motivi del ricorso fondati, accogliendoli e cassando la sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ribadito un orientamento ormai consolidato (nomofilattico). Nel caso di una cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36-bis (e, per analogia, dell’art. 54-bis), l’atto non rappresenta una semplice richiesta di pagamento di una somma già definita in un precedente provvedimento. Al contrario, essa assume una natura ibrida: è sia atto di riscossione che, soprattutto, atto impositivo.

Questo significa che la cartella è il primo e unico strumento con cui la pretesa fiscale viene portata a conoscenza del contribuente. Di conseguenza, non deve essere preceduta da un avviso di accertamento. La cartella, in questi casi, è l’atto che rettifica i risultati della dichiarazione sulla base di errori materiali o di calcolo, esercitando una vera e propria potestà impositiva.

Per questo motivo, il contribuente può impugnarla non solo per vizi formali propri (es. difetto di notifica), ma anche per contestare nel merito la pretesa fiscale stessa. La CTR aveva quindi commesso un errore nel ritenere imprescindibile la notifica di un preventivo avviso di accertamento, un atto che in questa specifica procedura non è richiesto.

Inoltre, per quanto riguarda la motivazione, la Corte ha specificato che quando la rettifica si basa su dati già presenti nella dichiarazione del contribuente o negli archivi dell’anagrafe tributaria, la motivazione della cartella può essere assolta anche tramite un semplice richiamo alla dichiarazione stessa, poiché il contribuente possiede già tutti gli elementi per comprendere la pretesa.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Ha cassato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale e ha rinviato la causa ad un’altra sezione della stessa corte per un nuovo esame. Il principio di diritto da applicare è chiaro: la cartella di pagamento emessa a seguito di liquidazione automatica delle dichiarazioni è un atto impositivo autonomo, che non richiede un preventivo avviso di accertamento ed è impugnabile direttamente nel merito.

Una cartella di pagamento emessa dopo un controllo automatizzato deve essere sempre preceduta da un avviso di accertamento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973 è il primo e unico atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente, rivestendo essa stessa la natura di atto impositivo.

Che valore ha una cartella di pagamento derivante da controllo formale della dichiarazione?
Ha una duplice natura: è un atto di riscossione ma anche un atto impositivo. Permette al contribuente di conoscere per la prima volta la pretesa fiscale e di contestarla non solo per vizi propri dell’atto, ma anche nel merito.

Come può essere motivata una cartella di pagamento emessa a seguito di liquidazione automatica?
Può essere motivata con il semplice richiamo alla dichiarazione dei redditi del contribuente, poiché i dati per comprendere la pretesa (come errori materiali o di calcolo) sono già in possesso del contribuente stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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