Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25142 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25142 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/09/2025
CARTELLA DI PAGAMENTO – TRIBUTI VARI
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3866/2020 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al ricorso,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore;
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro-tempore, entrambe domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale sono rappresentate e difese ex lege ,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte n. 765/2019, depositata l’11 giugno 2019 ;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 9 maggio 2025 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
– Rilevato che:
NOME NOME chiedeva ed otteneva dall’Agente della Riscossione il rilascio di estratti di ruolo riguardanti la propria posizione, e relativi a cartelle di pagamento ed avvisi di accertamento afferenti a tributi vari dal 1994 al 2010.
Il contribuente impugnava le cartelle di pagamento e gli avvisi di accertamento in questione dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, deducendo la nullità e/o l’inesistenza della notificazione degli atti in questione, in quanto eseguita in violazione di quanto previsto dall’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e dall’art. 140 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 60, comma 1, lett. e ), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; nel giudizio in questione interveniva volontariame nte l’Agenzia delle Entrate.
La C.T.P. adìta, con sentenza n. 297/2018, depositata il 10 aprile 2018, ritenuta la validità e la regolarità delle notificazioni degli atti in oggetto, dichiarava inammissibile il ricorso, non avendo il contribuente impugnato tempestivamente le cartelle e gli avvisi di accertamento.
Interposto gravame dal COGNOME la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, con sentenza n. 765/2019, pronunciata il 7 maggio 2019 e depositata in segreteria l’11 giugno 2019, in parziale accoglimento dell’appello annullava le cartelle di pagamento n. 110NUMERO_DOCUMENTONUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA condannando altresì l’appellante al pagamento delle spese del giudizio di primo grado nei confronti
dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, nonché delle spese del giudizio di secondo grado nei confronti della stessa Agenzia delle Entrate -Riscossione e dell’Agenzia delle Entrate.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOMECOGNOME sulla base di un unico motivo (ricorso notificato il 20 febbraio 2020).
Resistono con controricorso l’Age nzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate – Riscossione.
Con decreto del 14 febbraio 2025 è stata quindi fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 9 maggio 2025, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 c.p.c.
– Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso il contribuente eccepisce violazione e falsa applicazione degli artt. 140, 148 e 149 c.p.c. e 48 disp. att. c.p.c., nonché degli artt. 60, comma 1, lett. e ), del d.P.R. n. 600/1973 e 26 del d.P.R. n. 602/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva, in particolare, che erroneamente la C.T.R. avrebbe ritenuto valide le notificazioni degli atti impugnati (eccezion fatta per le due cartelle di pagamento oggetto di annullamento), senza considerare l’assoluta carenza di prova in ordine al trasferimento del destinatario in altro luogo sconosciuto, sulla base di una ricerca fattiva, secondo canoni di normale diligenza e buona fede ex art. 1147 c.c., del luogo di residenza, domicilio o dimora del contribuente.
In via preliminare, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere con riferimento alle cartelle di pagamento nn. 110-2001-0381970606-000, 110-2002-
0055943923-000, 110-2002-0128884833-000, 110-20020163451519-000, 110-2004-0132881367-000 e 110-20050078984416-000, trattandosi di cartelle relative ad importi inferiori ad € 1.000,00 ed oggetto di discarico ex art. 4, comma 1, d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, conv. dalla l. 17 dicembre 2018, n. 136.
Quanto al resto, è noto che questa Corte, con sentenza delle Sezioni unite del 2 ottobre 2015, n. 19704, ha affermato che «il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò non osta l’ultima parte del comma 3 dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato -impugnabilità prevista da tale norma – non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacché l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione».
Ciò posto, nelle more del giudizio è intervenuto il d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, conv. dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, che, all’art. 3 -bis , ha modificato l’art. 12 del d.P.R. 29
settembre 1973, mediante l’aggiunta, a tale norma, del comma 4bis , che testualmente dispone: «L’estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a ), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione».
La norma in questione, dunque, ha limitato l’accesso alla tutela immediata avverso il ruolo e la cartella di pagamento non notificata, configurata dalle sezioni unite di questa Corte come alternativa, e rimessa alla facoltà della parte, rispetto alla tut ela differita prevista dall’art. 19, comma 3, ultima parte, del d.lgs. n. 546/1992.
Il problema che si pone, pertanto, in questo caso, è quello di stabilire se la nuova norma si applichi anche ai giudizi pendenti, qual è il presente, e se quindi essa vada ad incidere sull’ammissibilità d ei ricorsi già proposti avverso estratti di ruolo e cartelle non notificate, nei quali -come nel caso di specie -non sia allegato un concreto pregiudizio in merito alla
partecipazione ad appalti pubblici, ovvero alla riscossione di somme dovute da soggetti pubblici.
Sul punto, sono intervenute nuovamente, di recente, le sezioni unite di questa Corte, le quali, con sentenza n. 26283 del 6 settembre 2022, hanno affermato il seguente il seguente principio di diritto: «In tema di riscossione coattiva delle entrate pubbliche (anche extratributarie) mediante ruolo, l’art. 12, comma 4bis , del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall’art. 3bis del d.l. n. 146 del 2021, come convertito dalla l. n. 215 del 2021) trova applicazione nei processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata rispetto al ruolo e alla cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della predetta norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113 e 117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione».
La disciplina in questione – specificano le SS.UU. – non è difatti irragionevole, né arbitraria. Essa asseconda non soltanto l’esigenza di contrastare la prassi di azioni giudiziarie proposte anche a distanza di tempo assai rilevante dall’emissione delle cartelle, e al cospetto dell’inattività dell’agente per la riscossione, ma anche quella di pervenire a una riduzione del contenzioso. In particolare le finalità deflattive rispondono alla consapevolezza, già sottolineata dalla Corte costituzionale (in particolare con la sentenza 19 aprile 2018, n. 77), che, «a fronte di una crescente domanda di giustizia, anche in ragione del riconoscimento di nuovi diritti, la giurisdizione sia una
risorsa non illimitata e che misure di contenimento del contenzioso civile debbano essere messe in opera».
Ciò, del resto, è coerente con la natura di atto meramente interno dell’estratto di ruolo, per la cui impugnazione il contribuente non ha uno specifico interesse, trattandosi di atto di per sé non ‘lesivo’, nel mentre, con riferimento alle cartelle di pagamento non notificate o invalidamente notificate, l’interesse sussiste unicamente allorquando tale situazione determina un concreto pregiudizio economico, come specificato dalla stessa norma.
La norma in questione, nel regolamentare le ipotesi di azione diretta (così come la definisce la stessa Corte), stabilisce quando l’invalidità della notificazione della cartella esattoriale provochi di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, dimostrato dalla presenza dell’interesse ad agire che, quale condizione dell’azione, assume diverse configurazioni. Ne deriva che di questo interesse ad agire -che conforma il bisogno di tutela giurisdizionale -è necessario fornire una dimostrazione che si può dare anche nel corso dei giudizi pendenti e che può essere allegato anche nel giudizio di legittimità. Né, secondo la Corte, possono ritenersi fondati i dubbi di legittimità costituzionale della norma, in relazione agli artt. 3, 24, 113 e 117 Cost., né la prospettata intrinseca irrazionalità della norma stessa. Tali dubbi devono essere superati, considerando l’ampia discrezionalità di cui il legislatore gode nell’ambito della disciplina del processo, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà.
I casi previsti dalla nuova disciplina, peraltro, sono ‘tassativi’
e ‘non esemplificativi’ e, pertanto, insuscettibili di
interpretazione e applicazione analogica o anche semplicemente estensiva. Con la conseguenza che la norma in esame non provoca alcuna compressione della effettività della tutela giurisdizionale dato che, almeno rispetto al giudizio tributario, essa ne provoca un ampliamento; in secondo luogo, perché il potere cautelare di cui è fornito il giudice tributario e quello ordinario, anche dell’esecuzione, evita il rischio che si creino zone non coperte dalla tutela giurisdizionale stessa. Infatti, anche laddove la notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento sia stata omessa o sia invalida, vi è sempre un giudice che può pronunciarsi sulle doglianze avanzate dal contribuente che impugni l’atto successivo, pur se esecutivo, o alternativo all’esecuzione (come, ad esempio, nel caso concreto che ha originato la pronuncia in commento, l’impugnazione dell’iscrizione ipotecaria).
Ne consegue che, nel caso di specie, il ricorso proposto in primo grado dal contribuente deve essere dichiarato inammissibile, non essendo stato precisato dal contribuente lo specifico interesse all’impugnazione, con riferimento alle ipotesi del sopravvenuto art. 12, comma 4bis , d.P.R. n. 602/1973. Ciò rende inammissibile anche il ricorso per cassazione, non avendo specificato la ricorrente neanche in questa sede lo specifico interesse all’impugnazione della cartella di pagamento che si assume non ritualmente notificata.
Sussistono giustificati motivi per la compensazione integrale tra le parti delle spese di tutti i gradi di giudizio, in considerazione del fatto che la presente pronuncia viene emessa sulla base di principi di legge sopravvenuti rispetto alla proposizione del ricorso introduttivo.
Ricorrono i presupposti processuali per dichiarare parte ricorrente tenuta al pagamento di un importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte, decidendo sul ricorso, dichiara la cessazione della materia del contendere, con riferimento all’impugnazione delle cartelle di pagamento nn. 110-2001-0381970606-000, 1102002-0055943923-000, 110-2002-0128884833-000, 1102002-0163451519-000, 110-2004-0132881367-000 e 1102005-0078984416-000.
Dichiara nel resto l’inammissibilità del ricorso originario proposto dal contribuente.
Compensa integralmente tra le parti le spese di tutti i gradi di giudizio.
Dichiara il ricorrente tenuto al pagamento di una somma di importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2025.