Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21001 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21001 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 26/07/2024
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Riscossione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 542/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (c.f. 06363391001), in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (c.f. 80224030587), presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO, ope legis domicilia;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (c.f. CODICE_FISCALE), con domicilio eletto in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE; pec.: EMAIL), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE; pec: EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza n. 3783/18, depositata il 22 novembre 2018, della Commissione tributaria regionale della Calabria;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 26 marzo 2024, dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
1. -con sentenza n. 3783/18, depositata il 22 novembre 2018, la Commissione tributaria regionale della Calabria -pronunciando quale giudice del rinvio da Cass., 17 febbraio 2016, n. 3125 -ha accolto l’appello proposto da COGNOME NOME, così annullando un avviso di liquidazione INVIM (n. 12241/05), ed una cartella di pagamento (n. NUMERO_CARTA), sul rilievo che tanto nella cartella quanto nell’avviso di liquidazione non risultava «indicato il calcolo degli interessi, che risulta peraltro essere somma consistente, in quanto relativo a credito sorto molti anni prima (nel 1994), cosicché il contribuente non è affatto posto in condizioni di controllare la pretesa sul punto»;
-l’ RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di un solo motivo di ricorso;
NOME NOME resiste con controricorso.
Considerato che:
1. -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’ RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione e falsa applicazione del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 25, commi 2 e 2bis , e 12, comma 3, deducendo, in sintesi, che -in ragione RAGIONE_SOCIALE sopra citate disposizioni e della sequenza dispositiva che le stesse espongono -la cartella ha un contenuto vincolato che (necessariamente) rinvia al contenuto del ruolo reso esecutivo -e, dunque, ai dati dallo stesso desunti -così che -tenuto conto dello stesso d.m. di predeterminazione del contenuto della cartella di pagamento -«nessuna disposizione normativa prescrive di indicare in cartella le modalità di calcolo degli interessi»;
soggiunge la ricorrente che, ad ogni modo, il giudice del rinvio erroneamente aveva annullato gli atti impugnati, nella loro interezza, seppur viziati (solo) per il profilo relativo agli interessi applicati e che gli interessi di mora suscettibili di venire in considerazione dalla notifica dell’atto risultavano menzionati in cartella;
-il motivo è fondato, e va accolto, nei soli limiti di quanto in appresso precisato;
-come anticipato, il giudice del rinvio ha specificamente accertato l’omessa indicazione RAGIONE_SOCIALE modalità di calcolo degli interessi tanto in un avviso di liquidazione RAGIONE_SOCIALE quanto nella cartella di pagamento successivamente emessa ed il motivo di ricorso non mette in discussione un siffatto accertamento né assume che il calcolo in questione rinveniva dal contenuto degli atti di imposizione originariamente emessi, per il recupero a tassazione dell’RAGIONE_SOCIALE e dell’imposta di registro dovute in relazione a due contratti di compravendita immobiliare;
per di più, il riferimento alla «menzione» in cartella degli interessi di mora è connotato da completa anomia di allegazione quanto agli effettivi contenuti di una siffatta indicazione;
3.1 – come le Sezioni Unite della Corte hanno statuito, la cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990; se, invece, la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione essa deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto, la base normativa
relativa agli interessi reclamati -la quale può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono – e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o RAGIONE_SOCIALE modalità di calcolo (Cass. Sez. U., 14 luglio 2022, n. 22281);
3.2 -per le ragioni sin qui svolte, l’accertamento del giudice del rinvio resiste, pertanto, al motivo di ricorso essendo rimasto indeterminato, come anticipato, l’originario contenuto degli atti impositivi, e della stessa cartella di pagamento, e risultando conforme a diritto il rilievo del vizio afferente all’omesso calcolo degli interessi;
3.3 -sotto quest’ultimo profilo, però, dal vizio in questione è stato fatto conseguire l’annullamento degli atti impugnati quando le Sezioni Unite sopra citate hanno avuto cura di precisare che l’atto impositivo, se carente nella motivazione riguardante gli interessi richiesti in via contestuale al debito d’imposta, è affetto da invalidità parziale con riferimento alla parte relativa ai soli accessori, in applicazione del generale principio di conservazione dell’atto nella parte, autonoma, non inficiata dal difetto di motivazione;
-in conclusione l’impugnata sentenza va cassata per il profilo di censura appena esposto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con accoglimento del ricorso originario del contribuente limitatamente agli interessi applicati negli atti impugnati;
– le spese del giudizio di legittimità, in ragione del parziale accoglimento del ricorso, vanno compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo la causa nel merito, annulla gli atti impugnati
limitatamente agli interessi negli stessi applicati; compensa, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 marzo 2024.