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Cartella di pagamento: legittima anche senza avviso?

Una società ha impugnato una cartella di pagamento emessa a seguito di un controllo automatizzato, sostenendo la sua illegittimità per la mancata ricezione di un avviso preventivo e per un vizio nella notifica via PEC. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la cartella di pagamento è legittima se si basa su imposte dichiarate ma non versate, senza che vi siano incertezze. In tal caso, non è necessario un avviso bonario e l’onere di provare il pagamento o l’errore nella dichiarazione spetta al contribuente. Inoltre, la notifica via PEC da un indirizzo non presente nei registri pubblici è valida se non causa un concreto pregiudizio al diritto di difesa.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Cartella di pagamento: è legittima anche senza avviso bonario?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16494 del 13 giugno 2024, torna a pronunciarsi su una questione di grande interesse per i contribuenti: la validità di una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato senza essere preceduta da un avviso bonario. La decisione chiarisce importanti principi in materia di onere della prova e validità delle notifiche a mezzo PEC.

I Fatti del Caso: La Controversia sulla Cartella di Pagamento

Una società si vedeva notificare una cartella esattoriale dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione per il mancato versamento di tributi relativi all’anno d’imposta 2015. Tali somme erano state regolarmente indicate nella dichiarazione dei redditi presentata dalla società stessa, ma non corrisposte all’erario. L’atto era il risultato di un controllo automatizzato, previsto dall’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973.

La società decideva di impugnare la cartella davanti alla Commissione Tributaria, lamentando principalmente tre motivi:
1. L’illegittimità dell’atto, poiché non preceduto da un avviso di accertamento o da una comunicazione di irregolarità.
2. La nullità della sentenza di primo grado per motivazione apparente.
3. L’inesistenza giuridica della notifica della cartella, in quanto effettuata tramite un indirizzo di Posta Elettronica Certificata (PEC) dell’Agente della Riscossione non risultante dai pubblici registri.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale respingevano le doglianze della società, la quale decideva quindi di ricorrere in Cassazione.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato congiuntamente i primi due motivi di ricorso e separatamente il terzo, rigettandoli tutti e confermando la piena legittimità dell’operato dell’Amministrazione Finanziaria.

La Legittimità della Cartella di Pagamento da Controllo Automatizzato

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non preceduta dalla comunicazione del cosiddetto ‘avviso bonario’. Questo vale nei casi, come quello in esame, in cui non sussistono ‘incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione’.

Il controllo automatizzato, infatti, si limita a una verifica formale dei dati esposti dal contribuente, senza alcuna attività interpretativa o valutativa. Se dalla dichiarazione risulta un’imposta dovuta e dai sistemi dell’Agenzia non risulta il relativo versamento, la pretesa del Fisco è fondata sui dati forniti dallo stesso contribuente. Non è quindi necessario un contraddittorio preventivo, previsto solo quando emergono dubbi o questioni complesse.

La validità della Notifica via PEC non iscritta nei registri pubblici

Anche il motivo relativo al presunto vizio di notifica è stato respinto. La Corte ha affermato che la notifica di un atto tramite un indirizzo PEC del mittente non inserito nei pubblici registri (come RegInde o INI-Pec) non comporta automaticamente la nullità o l’inesistenza della notifica stessa.

Secondo i giudici, prevale il principio del raggiungimento dello scopo. Se il contribuente ha ricevuto l’atto, ne ha compreso il contenuto e ha potuto esercitare pienamente il proprio diritto di difesa impugnandolo tempestivamente, qualsiasi vizio formale della notifica si considera sanato. Spetta al contribuente dimostrare quale concreto pregiudizio al suo diritto di difesa sia derivato dalla ricezione da un indirizzo ‘anomalo’, prova che nel caso di specie non è stata fornita.

Le Motivazioni della Decisione

Il fulcro della decisione risiede nella distribuzione dell’onere della prova. Quando l’Amministrazione Finanziaria emette una cartella di pagamento basata sulla dichiarazione del contribuente, spetta a quest’ultimo dimostrare l’infondatezza della pretesa. Il contribuente deve provare di aver effettuato il pagamento oppure che i dati riportati nella cartella non corrispondono a quelli della dichiarazione presentata.

Nel caso analizzato, la società si è limitata a contestare la procedura, senza mai negare di aver dichiarato le somme richieste né tantomeno provare di averle versate. La Corte ha sottolineato che, in un simile contesto, il contribuente non può semplicemente negare ‘tout court’ quanto esposto nella propria dichiarazione. Ha il preciso onere di fornire la prova contraria, ad esempio esibendo in giudizio la dichiarazione stessa per dimostrare la discrepanza. In assenza di tale prova, la pretesa dell’erario, basata su un controllo meramente formale, deve considerarsi legittima.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Contribuenti

L’ordinanza in commento offre importanti spunti operativi. Innanzitutto, conferma che in caso di omesso versamento di imposte correttamente dichiarate, l’Amministrazione può procedere direttamente con la notifica della cartella di pagamento, senza passaggi intermedi. Contestare l’atto solo per la mancanza dell’avviso bonario è una strategia difensiva destinata a fallire.

In secondo luogo, la decisione rafforza il principio secondo cui, nel processo tributario, la sostanza prevale sulla forma. Un vizio di notifica non è sufficiente ad annullare l’atto se non ha impedito al contribuente di difendersi. Infine, viene ribadito un caposaldo del diritto processuale: chi contesta la pretesa basata sulla propria dichiarazione deve fornire le prove a sostegno delle proprie affermazioni, non potendosi limitare a una generica contestazione.

È sempre necessario l’invio di un ‘avviso bonario’ prima di una cartella di pagamento derivante da controllo automatizzato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’avviso bonario non è necessario quando la cartella di pagamento si basa sul mancato versamento di imposte dichiarate dal contribuente e non sussistono incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione. La procedura è legittima perché si tratta di un controllo meramente formale.

Su chi ricade l’onere della prova se un contribuente contesta una cartella di pagamento per imposte che sostiene di non aver dichiarato?
L’onere della prova ricade sul contribuente. Se la cartella è emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione, spetta al contribuente dimostrare il fatto impeditivo dell’obbligazione tributaria, ad esempio provando che i dati su cui si fonda l’atto esattivo non corrispondono a quelli esposti nella dichiarazione presentata, producendola in giudizio.

Una notifica di un atto fiscale tramite PEC proveniente da un indirizzo non presente nei pubblici registri è valida?
Sì, può essere considerata valida. La Corte ha stabilito che tale circostanza non comporta di per sé la nullità della notifica. Se il destinatario ha ricevuto l’atto e ha potuto esercitare il proprio diritto di difesa (ad esempio, impugnandolo), il vizio si ritiene sanato per raggiungimento dello scopo, a meno che il contribuente non dimostri di aver subito un concreto pregiudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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