Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16494 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16494 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2526/2023 R.G. proposto da
INFANTE RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (domicilio digitale: EMAIL)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA n. 4791/2022 depositata il 16 giugno 2022
Udita la relazione svolta nell ‘adunanza camerale de l 17 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E MOTIVI DELLA DECISIONE
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Salerno la cartella esattoriale notificatale dall’RAGIONE_SOCIALE all’esito di controllo automatizzato eseguito dal
competente ufficio finanziario, ai sensi dell’art. 36 -bis del D.P.R. n. 600 del 1973, sulla dichiarazione dei redditi della contribuente relativa all’anno d’imposta 2015.
1.1 Con l’atto esattivo in questione era stato intimato alla predetta società il pagamento di tributi da essa dichiarati ma non versati all’erario con riferimento al periodo d’imposta innanzi indicato.
1.2 La Commissione adìta, con sentenza n. 164/2020 del 17 febbraio 2020, respingeva il ricorso del contribuente.
1.3 La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, la quale, con sentenza n. 4791/2022 del 16 giugno 2022, rigettava l’appello proposto dalla parte privata soccombente.
1.4 Rilevava il giudice regionale, per quanto in questa sede ancora interessa: – che, non sussistendo incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione controllata, non era necessario che l’emissione della cartella di pagamento fosse preceduta dalla notificazione di un avviso di accertamento o di una comunicazione di irregolarità; che il preteso vizio di notificazione dell’atto esattivo, proveniente da un indirizzo di posta elettronica certificata dell’RAGIONE_SOCIALE non risultante dai pubblici registri, doveva ritenersi sanato per raggiungimento dello scopo, avendo la contribuente tempestivamente impugnato la cartella ed ampiamente esplicato il proprio diritto di difesa nell’àmbito del giudizio tributario.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
2.1 Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 36 -bis del D.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art. 2697 c.c..
2.1.1 Si rimprovera alla CTR di aver erroneamente ritenuto che l’impugnata cartella di pagamento fosse stata legittimamente emessa in sèguito a controllo automatizzato della dichiarazione dei
redditi presentata dalla contribuente.
2.1.2 Viene obiettato, al riguardo, che nel caso in esame difettavano le condizioni richieste dalla legge per la diretta iscrizione a ruolo dell’imposta o maggiore imposta dovuta, con la conseguenza che .
2.2 Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, nn. 4) e 5) c.p.c., è lamentata la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4) del medesimo codice, dell’art. 36 -bis del D.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 6, commi 5 e 7, della L. n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente) e dell’art. 2, comma 2, del D. Lgs. n. 462 del 1997.
2.2.1 Si imputa alla Commissione regionale di aver apoditticamente affermato che l’emissione della cartella di pagamento derivava da un controllo cartolare effettuato dall’Ufficio, e dalla conseguente liquidazione dell’imposta o maggiore imposta dovuta, senza motivare le ragioni fattuali e giuridiche del proprio convincimento, .
2.3 Con il terzo mezzo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono prospettate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 26 del D.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973, nonchè dell’art. 16 -ter del D.L. n. 179 del 2012, convertito in L. n. 221 del 2012, e RAGIONE_SOCIALE norme del codice di amministrazione digitale (cd. cad).
2.3.1 Si assume che il procedimento notificatorio utilizzato nel caso di specie dall’agente della riscossione andrebbe ritenuto ; e ciò in quanto .
RAGIONE_SOCIALE ha resistito all’avversa impugnazione con controricorso depositato telematicamente.
Il Consigliere delegato dal Presidente della Sezione ha formulato proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380bis , comma 1, c.p.c., ritualmente comunicata ai difensori RAGIONE_SOCIALE parti.
4.1 A sèguito di tale comunicazione, la parte ricorrente, a mezzo del suo difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione.
4.2 È stata, quindi, fissata per la trattazione del ricorso l’odierna adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c., in prossimità della quale l’impugnante ha depositato memoria illustrativa.
Va, anzitutto, rilevata l’ammissibilità del controricorso proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, depositato in cancelleria il 20 febbraio 2023, entro il termine di quaranta giorni dalla notificazione del ricorso, avvenuta l’11 gennaio 2023.
5.1 Giova, in proposito, evidenziare che al presente giudizio di cassazione, introdotto con ricorso notificato successivamente al 1° gennaio 2023, è applicabile il nuovo testo dell’art. 370, comma 1, c.p.c., come modificato dall’art. 3, comma 27, lettera f), n. 1) del D. Lgs. n. 149 del 2022, in virtù della disciplina transitoria dettata dall’art. 35, comma 5, del medesimo decreto.
5.2 Orbene, la norma novellata non prevede più la notifica del controricorso, ma solamente il suo deposito entro quaranta giorni dalla notificazione del ricorso (cfr. Cass. Sez. Un. n. 7170/2024).
5.3 Nessun dubbio può, quindi, sussistere sull’ammissibilità dell’atto difensivo in questione.
Tanto premesso, la proposta di definizione del giudizio formulata
dal Consigliere delegato è del seguente tenore:
<<Rilevato che:
il primo motivo denunzia «violazione e falsa applicazione, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., dell'art. 36 bis del Dpr n. 602/1973, anche con riferimento all'art. 2697 cc»; -secondo la ricorrente, la CTR avrebbe errato nel ritenere che la cartella «fosse stata validamente emessa in sèguito a controllo automatizzato della dichiarazione e consueta liquidazione RAGIONE_SOCIALE somme dovute dal contribuente, mancando, in specie, le condizioni previste dalle citate norme, tali da rendere legittimo l'utilizzo dello strumento cartolare»;
il secondo motivo denunzia «nullità della sentenza, ex art. 360, comma 1, n. 4 e 5, per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4 cpc, anche con riferimento agli artt. 36 bis Dpr 602/1973 e 6, commi 5 e 7, dello statuto del contribuente e 2, comma 2, del d. lgs. n. 462 del 1997»; – la ricorrente assume che la CTR avrebbe «statuito, con tono apodittico, che la cartella di pagamento derivasse da controllo cartolare e liquidazione della imposta o maggiore imposta dovuta dal contribuente, senza motivare le ragioni fattuali e giuridiche di tale convincimento, ovvero le fonti probatorie poste a base della decisione»;
-i due motivi, suscettibili di scrutinio congiunto per la loro connessione, non sono fondati;
-la pretesa erariale trae pacificamente origine dal rilievo dell'esistenza di ritenute operate dal contribuente e non versate, donde l'iscrizione a ruolo di importi corrispondenti in esito a controllo automatizzato;
la tesi della ricorrente, che pretenderebbe far sussistere nella specie un obbligo dell'Amministrazione di procedere a preventiva comunicazione dell'accertamento operato, contrasta con il consolidato insegnamento di questa Corte secondo cui, nella fattispecie che qui occupa, «la notifica della cartella di pagamento a
sèguito di controllo automatizzato è legittima, anche se non preceduta dalla comunicazione del c.d. 'avviso bonario', nè il contraddittorio endoprocedimentale è invariabilmente imposto dall'art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000, il quale lo prevede soltanto quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione» (cfr. ex multis Cass. n. 28952/2020; Cass. n. 33344/2019; Cass. n. 14949/2018);
di tanto, peraltro, ha dato espressamente conto la sentenza impugnata, osservando che «l'RAGIONE_SOCIALE si è limitata a rilevare il mancato pagamento di quanto dichiarato», senza svolgere alcuna attività interpretativa e senza che sussistessero incertezze sugli aspetti determinanti del credito, con successivo ed esplicito richiamo alla giurisprudenza di questa Corte poc'anzi menzionata; – con il terzo motivo, la ricorrente lamenta «violazione e falsa applicazione, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., degli artt. 26 d.p.r. n. 602/1973 e 60 d.p.r. n. 600/73 nonché di amministrazione digitale (c.d. cad)», dolendosi del fatto che i giudici di appello non abbiano rilevato la nullità della notificazione della cartella, in quanto eseguita a mezzo p.e.c. da un indirizzo del
dell'art. 16 ter d.l. n. 179/2012 e norme del codice notificante non risultante da pubblici elenchi;
anche tale motivo è infondato;
sul punto, infatti, va data continuità al principio più volte espresso da questa Corte secondo cui, laddove l'agente della riscossione abbia effettuato la notifica per mezzo di un indirizzo p.e.c. non risultante nei pubblici registri (RegInde, INI-Pec e Ipa) non si verifica alcuna nullità della notifica;
viene infatti in rilievo, in questo caso, il rispetto dei canoni di leale collaborazione e buona fede che informano il rapporto fra Amministrazione e contribuente; di conseguenza, poiché l'estraneità dell'indirizzo del mittente dal registro INI -Pec non inficia ex se la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da
cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall'indirizzo del mittente, occorre che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro, del quale però, come nella specie, sia evidente ictu oculi la provenienza (così, fra le altre, Cass. n. 982/2023);
Ritenuta, pertanto, la manifesta infondatezza del ricorso; -bis
P.Q.M. propone la definizione del ricorso ai sensi dell'art. 380 cod. proc. civ.» .
6.1 Il Collegio condivide il contenuto della proposta che precede e ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere respinto.
6.2 A diverso esito non inducono le deduzioni svolte dalla ricorrente tanto nell'istanza di decisione ex art. 380 -bis , comma 2, primo periodo, c.p.c. quanto nella successiva memoria illustrativa di cui all'art. 380 -bis .1, comma 1, terzo periodo, del medesimo codice.
6.3 Nei menzionati scritti difensivi la RAGIONE_SOCIALE è tornata a ribadire: > .
6.4 Le surriportate argomentazioni appaiono prive di pregio, avendo la CTR accertato in fatto, con giudizio di merito insindacabile nella presente sede di legittimità, che la cartella esattoriale di cui trattasi recava l’intimazione di pagamento di imposte dichiarate dalla stessa contribuente ma da questa non versate.
6.5 In un simile contesto, deve trovare applicazione il principio di diritto secondo il quale, nel giudizio di impugnazione della cartella emessa dall’Amministrazione Finanziaria, ai sensi dell’ art. 36bis del D.P.R. n. 600 del 1973, per omesso versamento dell’imposta nella misura indicata nella dichiarazione dei redditi, spetta al contribuente provare il fatto impedivo dell’obbligazione tributaria; e ciò sia nell’ipotesi in cui egli «ritratti» la propria dichiarazione, sia in quella, più radicale, in cui neghi «tout court» di aver esposto in essa i dati sui quali l’atto esattivo si fonda, essendo tale circostanza agevolmente dimostrabile mediante l’ostensione in
giudizio della dichiarazione medesima (cfr. Cass. n. 5917/2024, Cass. n. 18998/2021, Cass. n. 23239/2020, Cass. n. 5728/2018). 6.6 Alla stregua della suenunciata regula iuris , incombeva, quindi, sull’odierna ricorrente l’onere di provare suoi confronti dall’Amministrazione Finanziaria a quella risultante dalla dichiarazione dei redditi oggetto che la somma pretesa nei non corrispondesse di controllo automatizzato; ma di tanto essa nemmeno allega di essersi fatta carico.
6.7 Quanto, poi, alla prospettata ( rectius : dell’art. 36, comma 2, n. 4) del D. Lgs. n. 546 del 1992, norma speciale di rifermento per il processo tributario), è appena il caso di notare come la motivazione dell’impugnata sentenza, oltre ad essere riconoscibile sotto il profilo materiale e grafico come parte del documento contenente il provvedimento giurisdizionale, risulti perfettamente intelligibile e non appaia affetta da manifesta illogicità o irriducibile contraddittorietà, collocandosi, quindi, ben al di sopra del cd. «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, della Carta fondamentale, la cui inosservanza costituisce il limite entro il quale è tuttora consentito, sul punto, il sindacato di legittimità, a sèguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. disposta dall’art. 54, comma 1, lettera b), del D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012.
In definitiva, il ricorso è privo di fondamento.
Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Poichè il giudizio è stato definito in conformità alla proposta formulata ai sensi del comma 1 dell’art. 380 -bis c.p.c., vanno applicati -giusta quanto disposto dal comma 3 dello stesso articolo, contemplante un’ipotesi normativa di abuso del processo (cfr. Cass. Sez. Un. n. 27433/2023)i commi 3 e 4 dell’art. 96 c.p.c..
9.1 La ricorrente deve essere, pertanto, condannata al pagamento:
(a)di una somma equitativamente determinata a favore della controparte;
(b)di un’ulteriore somma di denaro, stabilita nel rispetto dei limiti di legge, in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
9.2 Per la quantificazione degli importi di cui sopra si rimanda al dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene infine resa nei riguardi della parte che l’ha proposta l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in 4.100 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito, nonchè a pagare alla stessa RAGIONE_SOCIALE l’ulteriore somma di 2.000 euro ex art. 96, comma 3, c.p.c.; condanna, altresì, la ricorrente, in persona del legale rappresentante pro tempore , al pagamento della somma di 500 euro in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c..
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione