Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21974 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21974 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3465/2022 R.G., proposto
DA
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da sé medesimo ai sensi dell’art. 86 cod. proc. civ. , in qualità di Avvocato, con studio in Grosseto, nonché dall’Avv. NOME COGNOME, con studio in Grosseto, e dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliato (indirizzi p.e.c. per comunicazioni e notifiche: EMAIL ; EMAIL ; EMAIL.ordineavvocatigrosseto.com ), giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Comune di Grosseto, in persona del Sindaco pro tempore ;
INTIMATO
E
Agenzia delle Entrate -Riscossione, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore ;
INTIMATA
TARSU TIA TARES TARI RISCOSSIONE CARTELLA DI PAGAMENTO RIFORMA DELLA SENTENZA DI ANNULLAMENTO DEI PRODROMICI AVVISI DI ACCERTAMENTO
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana il 6 luglio 2021, n. 799/06/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del l’11 giugno 2025 dal Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana il 6 luglio 2021, n. 799/06/2021, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA da parte de ll’Agenzia delle Entrate -Riscossione per l’ ammontare di € 4.099,10, notificatagli l’8 novembre 2018, in dipendenza de ll’iscrizione a ruolo operata a suo carico dal Comune di Grosseto per gli avvisi di accertamento nn. 756/2015, 1052/2015 e 1419/2015 per la TARSU relativa agli anni 2010, 2011 e 2012 su immobili ubicati in Grosseto alla INDIRIZZO ha parzialmente accolto l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti del Comune di Grosseto e dell’Agenzia delle Entrate Riscossione avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Grosseto il 16 luglio 2019, n. 120/01/2019, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure -che aveva respinto il ricorso originario del contribuente – con limitato riguardo alla regolamentazione delle spese giudiziali, disponendone la compensazione, sul presupposto che la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Grosseto l’11 maggio 2016, n. 124/01/2016 , che aveva annullato i prodromici avvisi di accertamento, era stata poi riformata con la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale per la Toscana il 18 febbraio 2019, n.
241/2019. A suo dire: « Risulta documentalmente che il ricorso alla CTP è stato depositato il 26 novembre 2018, mentre la sentenza della CTR che accoglie l’appello dell’Ufficio è sopravvenuta il successivo 18 febbraio 2019. Dunque, al momento della proposizione del ricorso, l’Amministrazione non aveva titolo per la riscossione della somma iscritta a ruolo, essendo stato tale titolo (provvisoriamente) annullato dalla CTP. Non c’è dubbio (ed è ribadito anche da SU 758/2017 citata dall’appellante) che tutte le sentenze di primo grado sono provvisoriamente esecutive e dunque l’Amministrazione il cui atto sia stato annullato dalla CTP non può certo chiederne il pagamento. Non si concorda, invece, con l’altra doglianza dell’appellante, non essendo certamente richiesta una nuova iscrizione a ruolo dopo la sentenza di secondo grado che, in riforma della prima, sancisce la legittimità dell’atto impositivo e annulla l’annullamento dello stesso che aveva operato la CTP. L’iscrizione a ruolo originaria, infatti, è, ora perfettamente valida e dunque può validamente fondare l’emissione della cartella di pagamento ».
Il Comune di Grosseto e l’Agenzia delle Entrate Riscossione sono rimasti intimati.
CONSIDERATO CHE:
1. Il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale si denuncia violazione degli artt. 67bis e 68 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuta dal giudice di appello « la persistente validità di una cartella di pagamento a seguito della riforma in appello della sentenza di primo grado che aveva annullato gli avvisi sottostanti e nell’aver conseguentemente dichiarato, in aperto contrasto con il diverso insegnamento di legittimità, che per esigere il
pagamento e per procedere alla riscossione non occorre l’emissione di una nuova cartella ».
1.1 Il predetto motivo è fondato.
1.2 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l ‘iscrizione nei ruoli straordinari dell’intero importo delle imposte, degli interessi e delle sanzioni, risultante dall’avviso di accertamento non definitivo, prevista, in caso di fondato pericolo per la riscossione, dagli artt. 11 e 15bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, costituisce misura cautelare posta a garanzia del credito erariale, la cui legittimità dipende pur sempre da quella dell’atto impositivo presupposto, che ne è il titolo fondante, sicché, qualora intervenga una sentenza del giudice tributario, anche non passata in giudicato, che annulla in tutto o in parte tale atto, l’ente impositore, così come il giudice dinanzi al quale sia stata impugnata la relativa cartella di pagamento, ha l’obblig o di agire in conformità della statuizione giudiziale, sia ove l’iscrizione non sia stata ancora effettuata, sia, se già effettuata, adottando i conseguenziali provvedimenti di sgravio, o eventualmente di rimborso dell’eccedenza versata (Cass., Sez. Un., 13 gennaio 2017, n. 758; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2020, n. 22938; Cass., Sez. Trib., 18 luglio 2023, n. 20754; Cass., Sez. Trib., 5 settembre 2024, n. 23937; Cass., Sez. Trib., 21 marzo 2025, n. 7501).
1.3 Invero, la legittimità o meno della cartella di pagamento deve essere valutata al momento della sua emissione e notifica e, in caso di annullamento giudiziario in primo grado degli avvisi di accertamento ad essa sottesi, questa deve essere, comunque, annullata, cosicché, nell’ipotesi di riforma della sentenza di annullamento degli avvisi di accertamento, la cartella di pagamento precedentemente emessa e di fatto non sgravata non può essere utilizzata, dovendo, invece, essere
effettuata una nuova iscrizione a ruolo e dovendo essere emessa una nuova cartella di pagamento.
1.4 Ne discende che, a fronte della deduzione da parte dell’appellante circa la necessità di una nuova iscrizione a ruolo dopo la riforma della pronuncia caducatoria dei prodromici avvisi di accertamento, la sentenza impugnata (par. 2.1) ha contravvenuto a tale principio con l’argomentazione che: « Non si concorda, invece, con l’altra doglianza dell’appellante, non essendo certamente richiesta una nuova iscrizione a ruolo dopo la sentenza di secondo grado che, in riforma della prima, sancisce la legittimità dell’atto impositivo e annulla l’annullamento dello stesso che aveva operato la CTP. L’iscrizione a ruolo originaria, infatti, è, ora perfettamente valida e dunque può validamente fondare l’emissione della cartella di pagamento ».
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi la fondatezza del motivo dedotto, il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, primo comma, ultima parte, cod. proc. civ., con l’accoglimento del ricorso originario del contribuente e l’annullamento della cartella di pagamento.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente con l’annullamento della cartella di pagamento ; compensa tra le parti le spese dei giudizi di merito; condanna le intimate, in via tra loro solidale, alla rifusione delle spese del
giudizio di legittimità in favore del ricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi ed € 1.500,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del l’11 giugno