Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32904 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32904 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 954/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -controricorrente-
nonchè
contro
AGENZIA
DELLE
ENTRATE
–
RISCOSSIONE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO n. 3004/2017 depositata il 25/05/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
La COGNOME ha proposto appello avverso la sentenza n. 18219 della CTP di Roma, depositata il 28 aprile 2014, con la quale era stato rigettato il ricorso presentato dalla contribuente avverso la cartella di pagamento con cui, in relazione all’anno 2007, venivano recuperati nei suoi confronti importi dovuti a titolo Ires, Iva e Irap. Il ricorso della contribuente verteva, tra l’altro, sulla dedotta, mancata notifica dell’avviso di accertamento e sulla lamentata omessa sottoscrizione della cartella di pagamento. La CTR del Lazio ha respinto il gravame della COGNOME che affida ora il proprio ricorso per cassazione a nove motivi. Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’art. 47 e dell’art. 52 D.Lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., non essendo stata fissata dalla CTP l’udienza per la trattazione dell’istanza di sospensione invocata.
Il primo motivo è infondato.
Merita dar continuità al principio espresso da questa Corte a tenore del quale ‘ In tema di contenzioso tributario, non viola il diritto di difesa del contribuente il giudice che, senza ritardo, decida il merito della causa senza pronunciarsi sull’istanza di sospensione dell’atto impugnato, in quanto l’art. 47, comma 7, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 prevede che “gli effetti della sospensione cessano alla
data di pubblicazione della sentenza di primo grado”, sicché non è ipotizzabile alcun pregiudizio per la mancata decisione sull’istanza cautelare che, pur se favorevole, sarebbe comunque travolta dalla decisione di merito ‘ (Cass. n. 8510 del 2010).
Con il secondo motivo di ricorso si censura l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., avendo la CTR omesso di esaminare la documentazione probatoria prodotta dal contribuente nel corso del giudizio e le eccezioni sollevate dalla contribuente.
Il secondo motivo è inammissibile.
Ad un accertamento di fatto, a tenore del quale l’avviso di accertamento ‘ è stato notificato mediante messo in data 21/07/2013 ‘, la parte contribuente si limita a contrapporre una diversa ricostruzione, invocando una sostanziale rivisitazione del merito della controversia, invero preclusa in questa sede. Il giudice d’appello, lungi dal trascurare gli elementi istruttori e/o documentali in atti, ha valorizzato quelli ritenuti maggiormente attendibili e ne ha fornito una specifica lettura interpretativa. Spetta, d’altronde, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia neppure tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante (Cass., 13 giugno 2014, n. 13485; Cass., 15 luglio 2009, n. 16499).
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 241/1990, della L. n. 212/2000 e il difetto
di motivazione della cartella di pagamento, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., non essendo stata la cartella di pagamento adeguatamente motivata, ancorché nella specie non fosse stata preceduta dalla notifica di un avviso di accertamento.
Il terzo motivo è infondato.
È stato accertato in fatto dalla CTR che l’avviso di accertamento è stato notificato, il che comporta che le doglianze relative alla cartella finiscono per venire meno. Detto accertamento, tradottosi in un apprezzamento di merito riservato al giudice d’appello, non è, d’altronde, contrastabile sul presupposto di una differente ricostruzione fattuale, perorata dalla parte ricorrente. Quest’ultima non ha aggredito l’apprezzamento di fatto compiuto dal giudice, nei limiti in cui avrebbe potuto farlo, che sono quelli perimetrati dall’ambito del vizio di motivazione di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c.; la ricorrente, piuttosto, ha adombrato un’insussistente violazione di legge, adducendo, sotto l’egida apparente del vizio di cui al n. 3 della disposizione ora evocata, un’inesistente difformità rispetto alle norme dell’ordinamento.
Giova, comunque, rilevare che tema di riscossione delle imposte sul reddito, per la validità del ruolo e della cartella esattoriale, ex art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, non è, in astratto, nemmeno indispensabile l’indicazione degli estremi identificativi o della data di notifica dell’accertamento precedentemente emesso nei confronti del contribuente ed al quale la riscossione faccia riferimento, essendo, al contrario, sufficiente l’indicazione di circostanze univoche ai fini dell’individuazione di quell’atto, così che resti soddisfatta l’esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti (Cass. n. 1111 del 2018; Cass. n. 25343 del 2018).
Con il quarto motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 60 d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la CTR, nonostante il contribuente abbia dato
prova contraria, ‘ statuito che l’atto prodromico (avviso di accertamento) sia stato regolarmente notificato nelle mani della Signora NOME COGNOME.
Il quarto motivo è inammissibile.
Giova richiamare quanto esposto prima in sede di disamina del terzo motivo. Ad un accertamento di fatto a tenore del quale l’avviso di accertamento ‘ è stato notificato mediante messo in data 21/07/2013 ‘, la parte contribuente contrappone, infatti, una diversa ricostruzione, invocando una sostanziale rivisitazione del merito della controversia, invero preclusa in questa sede. Il giudice d’appello, lungi dal trascurare gli elementi istruttori e/o documentali in atti, ha valorizzato quelli ritenuti maggiormente attendibili e ne ha fornito una specifica lettura interpretativa. In tal guisa, il recinto del vizio ex art. 360, n. 3, c.p.c., viene oltrepassato e divelto.
Con il quinto motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 167 c.p.c. e dell’art. 23 D.Lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere i giudici d’appello mancato di esaminare ‘ la documentazione del contribuente versata nel fascicolo processuale nel corso del giudizio ‘, omettendo di rilevare ‘ che tali prove e fatti non sono stati contestati specificamente dall’Ufficio ‘.
Il quinto motivo è infondato.
Il giudice di merito ha compiuto un accertamento di fatto ad esso riservato, selezionando e valorizzando gli elementi istruttori e probatori reputati maggiormente rispondenti alla ricostruzione del caso di specie.
È noto che il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via
esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 331 del 2020; Cass. n. 21197 del 20110).
Con il sesto motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere i giudici trascurato di considerare non assolto l’onere della prova ricadente sull’ente impositore.
Il sesto motivo non coglie nel segno e va disatteso.
A fronte di un preciso accertamento in fatto della CTR, svolto nell’esercizio del sindacato di merito ad essa riservato, la censura si risolve in una contestazione delle argomentazioni della sentenza impugnata nell’ottica di addivenire ad una più gratificante rivisitazione in parte qua del merito della controversia. In tal modo, la doglianza traligna dal modello tipico dell’art. 360 n. 3 c.p.c., finendo per risolversi nella richiesta al giudice di una rivisitazione sostanziale del merito della controversia, onde ottenerne una più appagante ricostruzione.
Con il settimo motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione della L. 241/1990, della L. n. 212/2000 e dell’art. 97 Cost., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere i giudici della CTR tralasciato di rilevare che nessun atto citato nella cartella di pagamento è stato allegato ad essa, né prodotto nel corso del giudizio.
Il settimo motivo è infondato.
La cartella di pagamento quale atto di intimazione di pagamento non postula l’allegazione dell’avviso di accertamento che ne è alla base. Come si è chiarito sopra, a tenore dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, non è indispensabile l’indicazione degli estremi
identificativi o della data di notifica dell’accertamento precedentemente emesso nei confronti del contribuente ed al quale la riscossione faccia riferimento, essendo, al contrario, sufficiente l’indicazione di circostanze univoche ai fini dell’individuazione di quell’atto, così che resti soddisfatta l’esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti (Cass. n. 1111 del 2018; Cass. n. 25343 del 2018).
Con l’ ottavo motivo di ricorso si lamenta, avuto riguardo all’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione della L. 241/1990, della L. n. 212/2000, per mancata sottoscrizione della cartella di pagamento.
L’ ottavo motivo è infondato.
Ancor di recente questa Corte ha chiarito che l’omessa sottoscrizione della cartella esattoriale da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, sia nel caso in cui la stessa sia redatta e notificata su supporto cartaceo, sia quando il documento, originariamente analogico, sia stato poi trasmesso in forma digitale, sia ove sia stata redatta fin dall’origine e notificata in forma digitale, poiché la sua esistenza non dipende dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, ma dalla inequivocabile riferibilità all’organo amministrativo titolare del potere di emettere l’atto, tanto più che, a norma dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo l’apposito modello approvato con d.m., che non prevede la sottoscrizione dell’agente, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice (Cass. n. 19327 del 2024).
Con il nono motivo di ricorso si contesta la nullità della sentenza ex artt. 36, co. 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, 112 c.p.c. e 118 disp. att.
c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., non essendovi in sentenza corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, in quanto la sentenza sarebbe affetta ‘ da ultra-extra petizione e da omessa pronuncia ‘.
Il nono motivo è inammissibile.
Ad affliggerlo un vistoso deficit di specificità, non essendo dato cogliere dalla sua stringata declinazione quali siano stati i punti della controversia ad avviso della ricorrente negletti, quali i motivi d’appello sorvolati o pretermessi, quale la domanda trascurata o specularmente -superata nel suo perimetro, tanto da integrare, ora un’omissione di pronuncia, ora in perfetta antitesi -un vizio di ultrapetizione.
Il ricorso per cassazione va, in ultima analisi, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio, che liquida in euro 8.200,00, oltre spese prenotate a debito .
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 09/10/2024.