Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14523 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14523 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18224/2020 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che ex lege la rappresenta e difende.
–
contro
ricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE DIREZIONE PROVINCIALE MATERA UFFICIO LEGALE
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intimato – avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. BASILICATA n. 476/2019, depositata il 02/12/2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso .
Uditi i difensori di entrambe le parti.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, in qualità di erede di NOME COGNOME, la cui successione mortis causa si era aperta il 25/12/2013, proponeva ricorso avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta di successione dovuta a seguito dell’intervenuta revoca della richiesta di esenzione dal tributo, per aver venduto, prima del quinquennio, le quote di partecipazione nella RAGIONE_SOCIALE facenti parte dell’asse ereditario.
L’Ufficio, di conseguenza, determinava il totale dell’asse ereditario in complessivi € 1.821.994,00, applicava la presunzione del 10% su tale valore al netto della franchigia di € 1.000.000,00, quantificava la quota ereditaria in € 1.904.1993,00, applicava per la parte eccedente la franchigia l’aliquota del 4% liquidando l’imposta di successione in € 36.167,74 (oltre interessi per € 2.712,57), ed infine irrogava la sanzione di € 10.850,22.
L’adita CTP di Matera rigettava il ricorso.
Appellava la contribuente ma il gravame veniva rigettato dalla CTR della Basilicata che confermava la sentenza di primo grado e, dunque, la legittimità formale e sostanziale – dell’operato dell’Ufficio, osservando che «l’appellante ha chiesto di usufruire dell’esenzione ma poi non ha rispettato la condizione della prosecuzione dell’attività d’impresa per un periodo di cinque anni. Il predetto errore, a prescindere dalla sua fondatezza, è stato emendato con una successiva dichiarazione di successione modificativa, presentata in data 08.03.2017, tuttavia, dopo la notifica dell’avviso qui impugnato (novembre 2016).»
Avverso la sentenza di secondo grado la COGNOME propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, e deposita memoria con istanza di rinvio; l’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo deduce, ai sensi dell’articolo 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53, d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR ritenuto i motivi di appello privi di sufficiente specificità in quanto mera riproposizione RAGIONE_SOCIALE difese svolte in primo grado.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’articolo 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 31, d.lgs. 346 del 1990, per avere la CTR escluso la possibilità di una dichiarazione di successione rettificativa della precedente affetta da evidenti errori perché intervenuta dopo la notifica dell’avviso di liquidazione, nonostante il principio secondo cui la dichiarazione è sempre emendabile se dalla stessa deriva un assoggettamento a prelievo non conforme, secondo l’art. 53 Cost., a capacità contributiva.
Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’articolo 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 88 (già art. 55) del t.u.i.r. e della l. n. 488 del 1992, per avere la CTR ritenuto i contributi agevolativi in conto impianti quali elementi positivi di reddito, erroneamente appostati tra le riserve anziché tra i ricavi, con conseguente diversa valorizzazione RAGIONE_SOCIALE quote sociali.
Con il quarto motivo deduce, ai sensi dell’articolo 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 cod.civ., per non avere la CTR rilevato l’erronea appostazione dei versamenti per finanziamento soci tra le riserve anziché tra i debiti RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, atteso che i finanziamenti ricevuti dai soci, da restituire in periodo più o meno lungo, vanno esposti in bilancio tra le passività (debiti) secondo quanto stabilito dal O.I.C. Principio Contabile n. 19, non essendovi stata alcuna delibera assembleare che abbia esplicitato la volontà dei soci di utilizzare i finanziamenti a copertura RAGIONE_SOCIALE perdite o ad aumento di capitale.
Con il quinto motivo deduce ai sensi dell’articolo 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53 Cost. e del principio generale secondo cui i beni del demanio non possono essere sottoposti ad imposizione, per non avere la CTR considerato che la divisione aveva ad oggetto beni demaniali non alienabili ai privati.
La contribuente ha depositato istanza di rinvio a nuovo ruolo della causa «al fine di permettere il pagamento integrale RAGIONE_SOCIALE somme dovute», avendo aderito, ai sensi del d.l. n. 193 del 2016, alla «rottamazione» RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento alla medesima notificate per il recupero dell’imposta di successione de qua e la documentazione prodotta in atti attesta il pagamento RAGIONE_SOCIALE rate scadute secondo la comunicazione dell’esattore.
Pur non ricorrendo i presupposti per dichiarare l’estinzione ‘ex lege’ del processo di cassazione per il verificarsi della fattispecie prevista dalla legge che regola l’adesione agevolata, tuttavia, la ricorrente ha manifestato la mancanza di interesse alla prosecuzione del giudizio riguardante il prodromico atto impositivo, in quanto la situazione sostanziale resterà regolata dal contenuto dell’atto comunicato dall’esattore a seguito della dichiarazione di avvalimento della procedura di definizione agevolata.
La sopravvenuta carenza d’interesse a coltivare il ricorso per cassazione, che giustifica la pronunzia di inammissibilità (v. Cass. n. 12743/2016; Cass. n. 13923/2019; Cass. n. 46/2024).
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di legittimità. Non si fa luogo a raddoppio del contributo unificato.
La ratio dell’art. 13, comma 1quater , d.P .R. 30 n. 115 del 2015, come introdotto dall’art. 1, comma 17, I. 24 dicembre 2012, n. 228, va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicché tale meccanismo latamente sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria del gravame ma non per quella sopravvenuta, come in caso di sopravvenuto difetto di interesse (Cass. n. 13636/2015), ovvero in caso di rinuncia al ricorso (Cass. n. 23175/2015).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il 17 maggio 2024.