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Carenza di interesse: stop al ricorso per lite fiscale

Una società ricorre contro un accertamento per IVA indetraibile su operazioni ritenute inesistenti. Durante il giudizio in Cassazione, aderisce a una definizione agevolata (“Rottamazione quater”) e rinuncia al ricorso. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, compensando le spese.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Carenza di Interesse: Come la Rottamazione Blocca il Ricorso Fiscale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale del contenzioso tributario: l’adesione a una definizione agevolata, come la “Rottamazione quater”, determina una carenza di interesse a proseguire il giudizio, rendendo il ricorso inammissibile. Questa decisione offre spunti cruciali per i contribuenti che valutano di sanare i propri debiti con il Fisco mentre una lite è ancora pendente.

Il Contesto: Accertamento IVA e Operazioni Inesistenti

Il caso nasce da un avviso di accertamento notificato a una società per l’indebita detrazione dell’IVA relativa all’anno 2008. L’Agenzia delle Entrate contestava operazioni di acquisto di scarti ferrosi, soggette al regime del reverse charge, ritenendole soggettivamente inesistenti. In pratica, l’Amministrazione Finanziaria sosteneva che la società fornitrice fosse una “cartiera”, un’entità fittizia creata al solo scopo di emettere fatture false per consentire a terzi di evadere le imposte.

Mentre la Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione alla società, la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’Agenzia. La società contribuente, quindi, aveva presentato ricorso in Cassazione, sollevando nove motivi di censura, tra cui violazioni procedurali e vizi di merito.

La Svolta: l’Adesione alla Definizione Agevolata

Il colpo di scena avviene durante il giudizio di legittimità. I difensori della società ricorrente depositano una memoria con cui comunicano di aver aderito alla definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione, nota come “Rottamazione quater”, prevista dalla Legge n. 197 del 2022. A seguito di ciò, dichiarano di rinunciare al giudizio in corso, chiedendo l’estinzione del processo con compensazione delle spese.

L’Agenzia delle Entrate – Riscossione aveva infatti quantificato gli importi dovuti e la società aveva già provveduto al pagamento delle prime rate, documentando il tutto.

La Decisione della Cassazione e la Sopravvenuta Carenza di Interesse

La Corte di Cassazione, preso atto della situazione, non entra nel merito dei motivi del ricorso. La questione centrale diventa un’altra: quali sono gli effetti della definizione agevolata sul processo pendente? La risposta del Collegio è netta e si fonda sul principio della sopravvenuta carenza di interesse.

Le Motivazioni

I giudici spiegano che, in presenza di una dichiarazione del debitore di volersi avvalere della definizione agevolata, con conseguente rinuncia al giudizio, il processo di cassazione dovrebbe essere dichiarato estinto per rinuncia. Tuttavia, nel caso specifico, mancava la prova della comunicazione formale dell’atto di rinuncia alla controparte (l’Agenzia delle Entrate).

Nonostante questa mancanza formale, la Corte afferma che la sostanza non cambia. L’adesione alla sanatoria fiscale, di fatto, elimina l’oggetto del contendere. Poiché il contribuente ha scelto di estinguere il debito attraverso la procedura agevolata, una eventuale sentenza a suo favore non gli procurerebbe più alcuna utilità concreta. Viene meno, quindi, l’interesse a ottenere una pronuncia sul merito della controversia, presupposto indispensabile per la prosecuzione di qualsiasi azione giudiziaria.

Citando un proprio precedente (Cass. n. 31548/2022), la Corte ribadisce che questa situazione si traduce in una inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. Per quanto riguarda le spese legali, i giudici decidono per la compensazione totale, tenendo conto dell’esito del giudizio e del fatto che la causa dell’inammissibilità (l’adesione alla sanatoria) è un evento sopravvenuto alla proposizione del ricorso. Inoltre, viene escluso l’obbligo per il contribuente di versare il cosiddetto “doppio contributo unificato”, proprio perché il presupposto della rinuncia si è verificato dopo l’inizio della causa.

Cosa succede a un ricorso in Cassazione se il contribuente aderisce a una definizione agevolata?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse. L’adesione alla sanatoria, infatti, estingue la pretesa fiscale, rendendo inutile e priva di effetti pratici una decisione nel merito della controversia.

La rinuncia al giudizio dopo la definizione agevolata comporta sempre la condanna alle spese?
No. In questo caso, la Corte di Cassazione ha deciso di compensare integralmente le spese del giudizio di legittimità, considerando che la rinuncia è derivata da un evento (l’adesione alla sanatoria) che si è verificato dopo l’instaurazione del ricorso.

Anche senza la prova della comunicazione formale della rinuncia alla controparte, la definizione agevolata ha effetti sul processo?
Sì. La Corte ha specificato che, anche se manca la prova della comunicazione dell’atto di rinuncia alla controparte, l’adesione alla definizione agevolata è di per sé sufficiente a far dichiarare il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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