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Carenza di interesse: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un contribuente per sopravvenuta carenza di interesse. La decisione impugnata era stata nel frattempo revocata dallo stesso giudice d’appello in un separato procedimento di revocazione, facendo così venir meno l’oggetto del contendere davanti alla Suprema Corte. Questo caso evidenzia l’effetto pregiudiziale del giudizio di revocazione su quello di cassazione.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Carenza di interesse: quando un ricorso in Cassazione diventa inammissibile

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un’interessante questione processuale: la carenza di interesse sopravvenuta che porta all’inammissibilità del ricorso. Questo principio giuridico si manifesta quando, durante il corso del giudizio, la pronuncia richiesta al giudice non porterebbe più alcun vantaggio concreto alla parte che ha promosso l’azione. Il caso specifico nasce da un contenzioso tributario, ma offre spunti di riflessione applicabili all’intero sistema processuale.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dall’impugnazione di un’intimazione di pagamento da parte di un contribuente. Il giudizio di primo grado si conclude con un accoglimento parziale, annullando l’intimazione ma senza pronunciarsi sulle cartelle di pagamento sottostanti. Il contribuente appella la decisione, lamentando principalmente la prescrizione dei crediti.

Durante il giudizio d’appello, si verifica un evento cruciale: una diversa sentenza, emessa in un altro giudizio tra le stesse parti e riguardante le medesime cartelle, passa in giudicato, accertandone l’illegittimità. Il contribuente cerca di produrre questa nuova sentenza nel processo d’appello in corso, ma i giudici la ritengono tardiva e inammissibile.

Contro questa decisione, il contribuente propone ricorso in Cassazione. Parallelamente, però, avvia un altro procedimento, detto di revocazione, davanti allo stesso giudice d’appello, per far valere l’errore di fatto commesso nel non aver considerato il giudicato esterno. Il giudice della revocazione accoglie la domanda, revocando (cioè annullando) la sentenza che era stata impugnata in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la carenza di interesse

Quando il caso giunge alla discussione finale in Cassazione, la Suprema Corte si trova di fronte a una situazione peculiare: la sentenza oggetto del ricorso non esiste più, essendo stata revocata. Questo determina una conseguenza processuale inevitabile: l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Le Motivazioni

La Corte chiarisce che il giudizio di revocazione è pregiudiziale rispetto a quello di cassazione. I vizi che si fanno valere con la revocazione (come l’errore di fatto) si collocano logicamente in un momento anteriore rispetto ai vizi denunciabili in Cassazione (come la violazione di legge). Se il giudice d’appello, attraverso la revocazione, annulla la propria decisione, il ricorso per cassazione contro quella stessa decisione perde il suo oggetto.

L’interesse ad agire e a impugnare, spiega la Corte, deve esistere non solo al momento della proposizione del ricorso, ma deve persistere fino al momento della decisione. Nel caso di specie, essendo venuta meno la pronuncia che costituiva l’oggetto del contendere, il ricorrente non ha più alcun interesse giuridicamente rilevante a ottenere una sentenza dalla Cassazione. L’eventuale impugnazione della nuova sentenza di revocazione è una mera possibilità futura e non incide sull’attualità della carenza di interesse nel presente giudizio.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso. La revoca della sentenza impugnata ha fatto cessare la materia del contendere, rendendo inutile una pronuncia nel merito. Di conseguenza, le spese del giudizio di legittimità vengono interamente compensate tra le parti, data la particolarità della vicenda. Inoltre, la Corte stabilisce che non sussistono i presupposti per il pagamento del cosiddetto “doppio contributo unificato”, poiché l’inammissibilità è derivata da un evento sopravvenuto alla proposizione del ricorso e non da un vizio originario dell’impugnazione stessa.

Cosa succede a un ricorso in Cassazione se la sentenza impugnata viene revocata dal giudice che l’ha emessa?
Il ricorso per cassazione diventa inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse. Poiché la sentenza impugnata non esiste più giuridicamente, viene a mancare l’oggetto stesso del giudizio di cassazione.

Perché la Corte ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse?
Perché l’interesse a impugnare deve sussistere per tutta la durata del processo, fino alla decisione. La revoca della sentenza d’appello ha eliminato qualsiasi potenziale utilità che il ricorrente avrebbe potuto ottenere da una pronuncia della Cassazione, rendendo il suo ricorso privo di scopo.

In caso di inammissibilità per carenza di interesse sopravvenuta, il ricorrente deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. Secondo l’ordinanza, se l’inammissibilità deriva da una causa sopravvenuta alla proposizione del ricorso (come in questo caso, la revoca della sentenza), non si applica la sanzione del pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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