Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2472 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2472 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/02/2025
Società non operativedefinizione agevolata
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21262/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. TOSCANA, n. 1072/2015, depositata il 12/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE ricorre nei confronti dell’ Agenzia delle entrate avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. ha accolto l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della C.t.p. che aveva rigettato il ricorso spiegato avverso l’avviso di accertamento con il quale, per l’anno 2006, era stato recuperato a tassazione il reddito minimo presunto per le società non operative.
1.1. La società, avente come attività principale l ‘acquisto, la ristrutturazione, la costruzione, la vendita, la gestione e la locazione di immobili, presentava istanza di disapplicazione dell’ art. 30 legge n. 724 del 1994. Esponeva di essere proprietaria di un immobile in Lucca -riconosciuto di interesse storico artistico ai sensi del d.lgs. n.490 del 1999 – destinato alla locazione, ma che necessitava di interventi consistenti di ristrutturazione, riguardanti, soprattutto, la mansarda, per i quali occorreva attendere le autorizzazioni amministrative. Aggiungeva che, pertanto, nell’anno in rilievo il collocamento sul mercato era risultato oggettivamente impossibile, con la conseguente mancanza di ricavi .
L’istanza veniv a disatteso dall’Agenzia; ciononostante, la società non dichiarava il redito minimo di cui al citato art. 30, ritenendo di trovarsi in una condizione di impossibilità di produzione del medesimo.
L’Ufficio, pertanto, emetteva l’avviso di accertamento n R5T03T500286/2009 oggetto del ricorso.
L’Agenzia delle entrate, a mezzo dell’Avvocatura erariale, ha depositato nota, intestata «atto di costituzione», ai soli fini dell’ eventuale partecipazione alla discussione orale . Successivamente, tuttavia, ha depositato controricorso.
La società ha depositato in atti richiesta di estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 1, comma 236, legge n. 197 del 2022.
Considerato che:
Con il primo motivo la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ,. violazione degli artt. 287 e 288 cod. civ. cod. proc. civ.
Espone che la C.t.r dopo aver concluso affermando che «l’appello dell’Agenzia deve perciò essere accolto» aveva così statuito: «la Commissione conferma la sentenza appellata» ; per l’effetto deduce che la sentenza era nulla per contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo. Aggiunge che, ciononostante, con successiva ordinanza, su istanza dell’Agenzia delle Entrate , la sentenza era stata corretta dalla C.t.r., sebbene si trattasse di vizio non emendabile, modificando il dispositivo come segue: «La Commissione in riforma della sentenza appellata accoglie l’appello dell’Ufficio» .
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 30 legge 23 dicembre 1994, n. 724.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che non ricorressero situazioni obiettive preclusive del maggior reddito e che tutte le decisioni relative all’immobile fossero dovute a scelte discrezionali dell’imprenditore , come tali irrilevanti. Osserva che le condizioni di mercato nelle quali operava la Società nell’anno 2006 erano tali da costituire un elemento oggettivo che aveva reso impossibile il conseguimento del reddito minimo. A tal fine evidenzia che n ell’anno 2006 oggetto di accertamento, l’immobile risultava solo parzialmente utilizzabile; che gli interventi necessari erano stati avviati nel 2008 in ragione di una molteplicità di fattori oggettivi, e non di una scelta di convenienza; che, in ogni caso, si dal 2004, aveva tentato, ma senza esito, di locarlo conferendo mandato ad una primaria agenzia di intermediazione immobiliare. Aggiunge, infine, che l’Agenzia delle entrate aveva accolto analoga istanza di disapplicazione con riferimento all’anno 2008, se bbene nulla fosse cambiato. Infine,
evidenzia che, i n base all’applicazione delle percentuali per la determinazione dei ricavi e del reddito minimi, ai sensi dell’art. 30 legge n. 724 del 19 94, nell’anno 2006, avrebbe dovuto conseguire ricavi per € 21.465 ,00 ; che, pertanto, per raggiungere gli stessi, avrebbe ipoteticamente dovuto concedere in locazione l’immobile ad un canone mensile di circa € 1.790,00 , fuori mercato, anche qualora fosse stato possibile locarlo per intero.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ovvero delle circostanze allegate a prova della detenzione dell’immobile per finalità non elusive.
Assume che nei precedenti gradi di giudizio aveva dimostrato che l’immobile non era fittiziamente intestato per il mero godimento o utilizzo da parte dei soci o familiari con fini elusivi; che, nell’anno oggetto di accertamento, risultava effettivamente inutilizzato, necessitando di rilevanti lavori di ristrutturazione; che a sostegno aveva prodotto in atti le fatture relative ai consumi di gas, energia elettrica, acqua, dalle quali risultavano esclusivamente costi fissi.
i motivi non vanno esaminati nel merito.
4.1. La società ricorrente ha dichiarato di aver aderito alla c.d. rottamazione quater di cui all’art. 1, comma 231, legge n. 197 del 2022 con riferimento alla cartella di pagamento NUMERO_CARTA che assume essere stata emessa a seguito dell’iscrizione a ruolo delle somme di cui all’a vviso di accertamento impugnato. Aggiunge di non aver assunto, per mero errore, l’impegno previsto dalla legge alla rinuncia al giudizio pendente, ma di aver provveduto al pagamento integrale, in unica soluzione, delle somme dovute, come provato dalla circostanza che per la detta cartella non risultava più alcun carico
4.2. La documentazione prodotta non è idonea a provare la definizione agevolata della controversia in quanto non documenta che
la cartella oggetto di rottamazione sia stata effettivamente emessa in ragione dell’av viso di accertamento impugnato, non apparendo a tale fine sufficiente il «dettaglio di cartella» versato in atti che non contiene esplicito richiamo all’atto qui impugnato.
4.3. Ciononostante, la ricorrente ha manifestato chiaramente di non aver alcun interesse alla prosecuzione del giudizio ribadendo di non aver assunto l’impegno a rinunciare per mero errore e che, comunque, la dichiarazione di adesione alla definizione agevolata comportava ne cessariamente l’assunzione del medesimo .
Deve essere, dunque, dichiarata l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto la dichiarazione resa, ritualmente versata in atti, è comunque indicativa del venir meno dell’interesse al ricorso, e ne determina, in ogni caso, l’inammissibilità (Cass. Sez. U, 18/02/2010, n. 3876; Cass. 07/06/2018, n. 14782; Cass. 21/06/ 2016, n. 12743).
Le alterne vicende processuali della controversia inducono a compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.
Nell’ipotesi di causa di inammissibilità sopravvenuta alla proposizione del ricorso per cassazione non sussistono i presupposti per imporre al ricorrente il pagamento del cd. «doppio contributo unificato» ex art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, in quanto il presupposto della rinuncia è sopravvenuto alla proposizione del ricorso (Cass. 07/12/2018, n. 31732).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse e compensa integralmente tra le parti le spese processuali. Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.