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Carenza di interesse: il ricorso è inammissibile

Una contribuente aveva impugnato diverse cartelle esattoriali, ma il ricorso era stato respinto nei primi due gradi di giudizio. In Cassazione, la sua adesione a una definizione agevolata (rottamazione) ha spinto la Corte a dichiarare il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, poiché l’azione della contribuente manifestava la volontà di non proseguire la controversia. Le spese sono state compensate.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Carenza di interesse: quando la definizione agevolata chiude il processo

L’adesione a una sanatoria fiscale, come la rottamazione delle cartelle, può avere conseguenze dirette sui processi in corso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come tale scelta possa determinare una carenza di interesse a proseguire il giudizio, portando alla sua conclusione con una declaratoria di inammissibilità. Questo principio è fondamentale per comprendere come le azioni del contribuente al di fuori del tribunale possano influenzare l’esito di una lite tributaria.

I Fatti del Caso

Una contribuente impugnava diverse cartelle di pagamento e un avviso di accertamento esecutivo. Il suo ricorso iniziale veniva dichiarato inammissibile dal giudice di primo grado perché presentato oltre il termine di 60 giorni dalla notifica degli atti. La contribuente proponeva appello, contestando la tardività e sollevando questioni sulla validità degli atti, come il difetto di sottoscrizione. Anche l’appello veniva rigettato.

La vicenda approdava così in Corte di Cassazione. Tuttavia, prima dell’udienza, il difensore della contribuente depositava una memoria in cui comunicava la volontà della sua assistita di rinunciare al ricorso, avendo aderito alla definizione agevolata della controversia.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha preso atto della volontà espressa dalla parte ricorrente. Pur sottolineando l’impossibilità di verificare con certezza la corrispondenza tra le somme pagate con la rottamazione e gli atti specifici oggetto del giudizio, i giudici hanno ritenuto che tale comportamento fosse una chiara manifestazione della volontà di non proseguire la lite.

Di conseguenza, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per “sopravvenuta carenza di interesse” e ha disposto la compensazione delle spese processuali tra le parti.

Le Motivazioni: la Carenza di Interesse del Contribuente

Il fulcro della decisione risiede nel concetto di carenza di interesse sopravvenuta. L’interesse ad agire e a resistere in giudizio deve sussistere non solo al momento iniziale della causa, ma per tutta la sua durata. Se, nel corso del processo, una delle parti compie un atto che rende evidente la mancanza di un interesse concreto a ottenere una sentenza di merito, il processo non può proseguire.

Nel caso specifico, l’adesione alla definizione agevolata, sebbene non formalizzata come una rinuncia esplicita al ricorso secondo le regole procedurali, è stata interpretata dalla Corte come un comportamento inequivocabile. Tale atto manifesta la volontà della contribuente di risolvere la pendenza con il Fisco attraverso una via alternativa a quella giudiziaria. Questo fa venire meno l’utilità pratica di una pronuncia della Corte sul merito della questione. Per questo motivo, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, chiudendo di fatto la controversia.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Carenza di Interesse

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per i contribuenti e i loro difensori. L’adesione a strumenti di definizione agevolata, come la rottamazione, non è un atto neutro rispetto ai contenziosi pendenti. Al contrario, viene interpretato dalla giurisprudenza come una manifestazione della perdita di interesse a proseguire la causa.

La conseguenza è che il giudice, rilevata tale circostanza, può dichiarare il ricorso inammissibile, ponendo fine al processo. La decisione di compensare le spese, inoltre, riflette la natura della chiusura del giudizio, che non deriva dalla vittoria di una parte sull’altra, ma da un evento esterno che ha reso superflua la continuazione della lite.

Cosa significa dichiarare un ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse?
Significa che il giudice non esamina il merito della questione perché, a causa di eventi accaduti dopo l’inizio della causa (come l’adesione a una sanatoria), la parte che ha presentato il ricorso non ha più un interesse concreto e attuale a ottenere una decisione.

L’adesione a una definizione agevolata (rottamazione) comporta automaticamente la rinuncia al ricorso?
Secondo l’ordinanza, pur non essendo una rinuncia formale, l’adesione manifesta una volontà incompatibile con la prosecuzione della lite. Di conseguenza, viene interpretata come un atto che fa venir meno l’interesse al ricorso, portando alla sua inammissibilità.

Perché le spese processuali sono state compensate tra le parti?
Le spese sono state compensate perché il processo non si è concluso con la vittoria di una delle parti nel merito, ma a causa di un comportamento della ricorrente (l’adesione alla definizione agevolata) che ha reso inutile la prosecuzione del giudizio. In questi casi, il giudice può decidere che ogni parte sostenga i propri costi legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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