Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19038 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19038 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
Oggetto: Tributi Annullamento parziale in autotutela -accettazione del rilievo residuosopravvenuta carenza di interesse
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 10807 del ruolo generale dell’anno 20 19, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, già RAGIONE_SOCIALE in persona del liquidatore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv.to NOME COGNOME e dall’Avv.to NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo difensore in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
Agenzia delle entrate in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-resistente – per la cassazione della sentenza n. 116/2018 della Commissione tributaria regionale per le Marche, depositata in data 1° marzo 2018 non notificata;
Lette le conclusioni scritte del P.G., in persona del sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
1.L’ Agenzia delle entrate emetteva nei confronti di RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE avviso di accertamento ai fini IRPEG, IRAP e IVA relativamente all’anno 2003 in rettifica della dichiarazione per indeducibilità di spese e violazioni nel campo IVA, oltre la sanzione per omessa autofatturazione delle prestazioni.
2.La Commissione tributaria provinciale di Ancona, con sentenza n. 110/04/2006, accoglieva parzialmente il ricorso della contribuente annullando le riprese relative: 1) alla indeducibilità delle spese per prestazioni rese da RAGIONE_SOCIALE in quanto ritenute non inerenti; 2) alla indeducibilità dei costi sovrafatturati inerenti l’affitto di locali di proprietà di una società riconducibile alla medesima compagine sociale della contribuente; 3) alle violazioni in capo Iva concernenti, tra l’altro, il disconoscim ento del regime di esenzione con riguardo a cessioni di beni verso la Repubblica di San Marino.
3.L’appello dell’Ufficio veniva disatteso dalla Commissione Tributaria Regionale delle Marche con sentenza n. 192/1/2009.
Avverso la suddetta sentenza l’Amministrazione proponeva ricorso per cassazione che, con sentenza n. 19536 del 2016, veniva parzialmente accolto
con rinvio dinanzi ad altra sezione della Commissione tributaria regionale delle Marche.
5.In particolare, per quanto di interesse, la Corte di cassazione, nella richiamata sentenza nell’accogliere parzialmente il quarto e integralmente il sesto motivo -ha affermato che, ai fini dell’applicazione del regime di esenzione di Iva prevista per le cessioni all’esportazioni di cui all’art. 8 del DPR n. 633/72 , per provare la destinazione della merce all’esportazione, dovevano essere osservati gli obblighi formali previsti dal D.M. 24 dicembre 1993 della applicazione della marca con il timbro a sec co apposto dall’Ufficio tributario di San Marino nella fattura restituita dall’acquirente NOME COGNOME all’operatore italiano, trattandosi di adempimenti che sostituivano la documentazione doganale e quella ad essa assimilata per assicurare la certezza e incontrovertibilità delle esportazioni extracomunitarie. Diversamente, la mancata indicazione del codice identificativo del cliente COGNOME costituiva adempimento esclusivamente formale, non essendo rilevante per provare la destinazione della merce all’ esportazione.
6.La società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione -già RAGIONE_SOCIALEriassumeva il giudizio dinanzi alla CTR delle Marche che, con sentenza n. 116/02/2018, depositata in data 1° marzo 2018, respingeva il ricorso in riassunzione , riformando la sentenza n. 192/2009 ‘ nel senso di riconoscere in favore dell’Amministrazione finanziaria i tributi dovuti dalla RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE in liquidazione) relativamente alle singole poste che avevano trovato accoglimento in sede di legittimità e nei limiti in cui le stesse erano state quantificate nel provvedimento accertativo’. .
7.Avverso la suddetta sentenza, la società RAGIONE_SOCIALE liquidazione propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Resiste, con atto di costituzione, l’Agenzia delle entrate.
9.In data 8 novembre 2025, la contribuente ha depositato memoria contenente istanza di cessazione della materia del contendere a seguito del provvedimento di autotutela parziale de ll’Ufficio con riduzione della pretesa fiscale Iva da euro
2.661.614 a euro 3.940,63 ed accettazione da parte della ricorrente del residuo rilievo, con richiesta di condanna dell’Agenzia al pagamento delle spese del giudizio con distrazione al difensore anticipatario.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo e il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità, in parte qua , della sentenza impugnata o, comunque, del procedimento ( error in procedendo ) per avere il giudice del rinvio -con riferimento alla questione della ripresa dell’Iva relativamente alle cessioni verso la Repubblica di San Marino fatturate come non imponibili in violazione dell’art. 71 del DPR n. 633/72 -omesso l’applicazione – pur richiamandolo – del principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione (nell’accogliere parzialmente il quarto motivo di ricorso e integralmente il sesto) nella sentenza n. 19536 del 2016 circa il riconoscimento del regime di esenzione Iva ex art. 8 del dPR n. 633/72 subordinatamente all’apposizione della marca e del bollo a secco dell’Ufficio sammarinese sulla fattura restituita dal cessionario all’operatore italiano, quali adempimenti necessari per comprovare il perfezionamento dell’operazione di esportazione . In particolare, ad avviso della ricorrente, il giudice del rinvio avrebbe omesso di verificare la documentazione depositata nel fascicolo processuale (con riguardo a quali tra le fatture in contestazione recassero l’apposizione della marca e del bollo a secco dell’Ufficio tributario sammarinese) non applicando al caso concreto il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione.
Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’illegittimità della sentenza impugnata in parte qua per omesso esame circa un fatto decisivo e controverso costituito dalla presenza della marca e del bollo a secco dell’Ufficio tributario sammarinese sulle fatture in contestazione.
In data 8 novembre 2025, la contribuente ha depositato memoria contenente istanza di cessazione della materia del contendere a seguito del provvedimento di autotutela parziale dell’Ufficio con riduzione della pretesa fiscale Iva da euro 2.661.614 a euro 3.940,63. Al riguardo, la ricorrente ha dichiarato di accettare
il residuo rilievo (stante la modestissima entità dello stesso) evidenziando il venire meno delle ragioni del contendere tra le parti di causa e chiedendo la condanna dell’Ufficio al pagamento de lle spese dell’intero giudizio in conseguenza del tardivo adeguamento dell’Ufficio al principio di diritto espresso dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 19536/2016.
3.1.Con riguardo all’annullamento parziale adottato dall’Amministrazione in via di autotutela questa Corte ha affermato, in termini generali che, in tema di accertamento delle imposte, la modificazione, in diminuzione, dell’originario avviso non esprime una nuova pretesa tributaria, ma una riduzione di quella originaria, sicché non costituisce atto nuovo, ma revoca parziale di quello precedente. Pertanto, in sede processuale, tale evenienza non può comportare la cessazione della materia del contendere, in quanto permane l’interesse della pubblica amministrazione a veder riconosciuto il proprio credito tributario e quello del contribuente a negare la pretesa, con la conseguenza che l’autorità giudiziaria è tenuta a pronunciarsi sulla fondatezza della residua pretesa erariale (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 18625 del 07/09/2020; Cass., sez. 5, Ordinanza, n. 10947 del 2024).
3.2.Posto quanto sopra, nella specie, al parziale annullamento da parte dell’Ufficio della pretesa Iva in sede di autotutela è conseguita la espressa dichiarazione della contribuente – contenuta in memoria- di accettazione del residuo rilievo, conseguendone non già la cessazione della materia del contendere ma bensì la sopravvenuta carenza di interesse ad agire con riguardo al (residuale) oggetto del giudizio.
4.Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso sopravvenuta carenza di interesse.
5. In considerazione dell’iter processuale, non vertendosi in un’ipotesi di cessazione della materia del contendere per annullamento ex toto dell’atto in sede di autotutela (con eventuale applicazione della regola della soccombenza virtuale in tema di regolazione delle spese di lite, v. Cass., sez. 5, n. 3306 del
2025) ma di sopravvenuta carenza di interesse della ricorrente, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte: dichiara l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 28 maggio 2025