Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12912 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 12912 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1298/2024 R.G. proposto da
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), assistito dall’amministratore di sostegno NOME COGNOME rappresentati e difesi, anche disgiuntamente, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale indicato in atti;
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 515/2/2023 della Commissione Tributaria Regionale del Veneto – Verona, depositata in data 25/5/2023;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella pubblica udienza del 4 marzo 2025;
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME per l’Agenzia delle Entrate;
Fatti di causa
In data 10/9/2010, la Guardia di Finanza, Tenenza di Peschiera del Garda, redasse un processo verbale di constatazione nei confronti di NOME COGNOME ( ‘il contribuente’ ) in seguito ad una segnalazione giunta dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano, che aveva svolto indagini nei confronti dell’avvocato e notaio svizzero NOME COGNOME
In particolare, il COGNOME figurava tra i clienti del COGNOME, e sul suo conto erano emersi trasferimenti di denaro verso soggetti esteri con vari strumenti giuridici e con l’ausilio professionale del detto COGNOME. Con specifico riferimento al periodo d’imposta 2000, che qui viene in rilievo, i verificatori ritenevano che la società RAGIONE_SOCIALE che aveva ottenuto finanziamenti al fine di acquistare quote del fondo RAGIONE_SOCIALE, fosse fittiziamente interposta rispetto al Montresor.
Sulla base di tale ricostruzione, i finanziamenti ottenuti dalla società RAGIONE_SOCIALE Furono imputati all’odierno contribuente, che avrebbe così detenuto all’estero tale ‘novella ricchezza’ in violazione della normativa antiriciclaggio.
L’Agenzia delle Entrate ritenne che tale nuova ricchezza si fosse manifestata per la prima volta nell’anno 2000 e che fosse proseguita per il 2001 fino al 2004.
I verificatori, inoltre, ritennero che anche se il Montresor aveva aderito al condono tombale, esso non precludeva l’applicazione delle disposizioni sul monitoraggio fiscale (art. 4 del d.l. n. 167 del 1990). Con riferimento agli anni dal 2001 al 2004 , dunque, l’Agenzia delle Entrate recuperò a tassazione, con vari avvisi di accertamento, gli importi riconducibili al finanziamento a RAGIONE_SOCIALE, i corrispettivi per la cessione di terreni venduti dalla società RAGIONE_SOCIALE (considerato anch’essa un soggetto interposto) e i trasferimenti in danaro all’Avv. COGNOME.
In seguito all’impugnazione degli avvisi di accertamento, l’Agenzia notificò la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA relativa alla riscossione in pendenza di giudizio, non oggetto del presente ricorso.
La C.T.P. di Verona, in primo grado, respinse il ricorso avverso i detti avvisi di accertamento.
In appello, la C.T.R. confermò la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza d’appello, il Montresor ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi.
L’Agenzia delle Entrate si difende con controricorso.
Il Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME ha depositato una requisitoria scritta.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, dell’art. 11 delle preleggi al codice civile e dell’art. 3 della legge n. 212 del
2000 -in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c.’ , il contribuente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che l’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009 potesse essere applicato anche a periodi d’imposta antecedenti alla sua entrata in vigore (nel caso di specie gli anni dal 2001 al 2004), nonostante che il legislatore non ne abbia disposto un’efficacia retroattiva e nonostante la disposizione in parola rivesta la natura di norma sostanziale.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Esso non si confronta con la sentenza impugnata che, a pag. 11 e 12, precisa che l’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009 è una disposizione sostanziale di carattere non retroattivo, che però non impedisce all’amministrazione finanziaria di riprendere a tassazione i capitali espatriati verso paradisi fiscali in violazione delle norme sul cd. ‘monitoraggio fiscale’ ritenendo che essi, sulla base di presunzioni semplici, e dunque di indizi gravi, precisi e concordanti emergenti dalle indagini svolte, siano costituiti da redditi sottratti a tassazione in Italia.
Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78/2009 e dell’art. 2697 c.c. -in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c.’ , il contribuente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che l’Agenzia delle Entrate avesse provato la riferibilità delle attività finanziarie in ‘paradisi fiscali’ al Montresor in base a mei indizi, quali la ‘lista COGNOME‘ e i documenti trovati all’interno del personal computer dello stesso COGNOME.
2.1. Il motivo è inammissibile.
I documenti legittimamente acquisiti durante le indagini svolte su di un soggetto terzo (COGNOME) che fanno riferimento ad esportazioni di capitali all’estero e a costituzione di enti o organismi ‘schermo’ presso Stati a fiscalità privilegiata (‘paradisi fiscali’), ed alla provenienza di tali capitali dal COGNOME, che, evidentemente, si era affidato ai servizi offerti dal COGNOME per esportare tali capitali e sottrarli alla tassazione in Italia, ben costituiscono elementi di prova
a suffragio delle riprese a tassazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Peraltro, il modo in cui tali elementi di prova sono stati valutati dal giudice di appello non può essere contestato dinanzi alla Suprema Corte, e la denuncia, contenuta nel motivo in esame, di violazione di legge ha in realtà come scopo quello di ottenere una rivalutazione del materiale istruttorio sula cui base il giudie di appello si è pronunciato.
Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘Omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.) -Nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c.’ , il contribuente censura la sentenza impugnata per non aver pronunciato sull’eccezione relativa all’illegittimità degli avvisi di accertamento emessi nonostante risultasse provato che l’attività di natura finanziaria non era stata costituita con reddito sottratto a tassazione, derivando -come emergeva dai medesimi avvisi di accertamento -da un finanziamento.
Con il quarto motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione o falsa applicazione dell’art. 111 della Costituzione, dell’art. 132 del codice di procedura civile, dell’art. 118 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, e dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 -in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c.’ , il contribuente censura la sentenza impugnata per non aver motivato sull’eccezione relativa all’illegittimità degli av visi di accertamento emessi nonostante risultasse provato che l’attività di natura finanziaria non era stata costituita con reddito sottratto a tassazione, derivando -come emergeva dai medesimi avvisi di accertamento -da un finanziamento.
Con il quinto motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione dell’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009 -in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c.’ , il contribuente censura la sentenza impugnata per aver confermato la legittimità degli avvisi di accertamento nonostante risultasse provato che l ‘attività di natura finanziaria non
era stata costituita con reddito sottratto a tassazione, derivando -come emergeva dai medesimi avvisi di accertamento -da un finanziamento.
5.1. Il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, che per la loro connessione possono essere esaminati e decisi congiuntamente, sono inammissibili.
Con i motivi in esame, il contribuente tenta sostanzialmente di devolvere a questa Corte un nuovo giudizio di fatto, già espresso dai giudici di merito, circa la provenienza dei capitali esportati tramite il COGNOME, riconducibili al contribuente, da redditi sottratti a tassazione in Italia.
In particolare, il giudice di appello, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto con motivazione congrua, richiamando gli atti di indagine dell’amministrazione finanziaria prodotti in giudizio, che il Montresor si sia rivolto al Pessina per far espatriare verso paradisi fiscali dei capitali dal primo detenuti, in violazione delle norme sul monitoraggio fiscale.
E la C.T.R. del Veneto, sulla base dell’esame della documentazione prodotta in atti, ha giudicato fondata la prospettazione dell’Ufficio, posta a base degli atti impositivi impugnati, secondo la quale i capitali espatriati fossero costituiti da redditi sottratti a tassazione in Italia.
Con il sesto motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9 della legge n. 289/2002 in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c.’ , il contribuente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che all’Agenzia delle Entrate non fosse precluso il potere di emettere gli avvisi di accertamento nonostante il contribuente avesse aderito alla definizione automatica degli anni pregressi -cd. ‘condono tombale’ ai sensi dell’art. 9 della legge n. 289/2002.
6.1. Il motivo è infondato.
La ratio della disposizione di cui all’art. 9, comma 11, della legge n. 289 del 2002, è quella di non estendere, ordinariamente, gli effetti
del condono agli obblighi tributari legati ai fondi portati all’estero in violazione delle norme sul monitoraggio fiscale di cui al d.l. n. 167 del 1990, conv. in l. n. 227 del 1990, a meno che tali fondi non fossero oggetto di regolarizzazione contabile.
Gli obblighi tributari esclusi dagli effetti del condono, dunque, sono non solo quelli relativi e direttamente connessi alle disposizioni in tema di ‘monitoraggio fiscale’, ma anche quelli relativi ai fondi oggetto di espatrio, e dunque l’assoggettamento a tassazione di essi, qualora il contribuente non fosse riuscito a dimostrare che sui capitali illegittimamente espatriati egli avesse già assolto, a monte, gli obblighi tributari.
Con il settimo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e/o falsa applicazione della legge n. 311/2004 e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c. -Giudicato esterno’ , il contribuente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto legittima l’attribuzione a lui quale novella ricchezza delle somme accreditate sui c/c intestati al Pessina. Deduce, inoltre, che la ripresa a tassazione di somme accreditate a Pessina in base a presupposti analoghi, in relazione all’anno 2000, era stata definitivamente annullata.
7.1. Il motivo è inammissibile.
L’accertamento che le somme accreditate sui conti correnti nella titolarità del Pessina fossero state solo fiduciariamente intestate a quest’ultimo e che, nella sostanza, fossero riconducibili al contribuente, è un giudizio di fatto, come tale incensurabile in sede di legittimità.
Né può avere rilievo che, per una diversa annualità d’imposta (l’anno 2000), l’analoga pretesa erariale di imputare a reddito tassabile in capo al contribuente la somma che era stata corrisposta al COGNOME era stata rigettata dalla C.T.R. del Veneto con sentenza, sul punto, non impugnata dall’Agenzia delle Entrate.
Il giudicato esterno, infatti, non si estende ai fatti che per legge o per natura sono mutevoli e diversi di anno in anno, fatti tra i quali
rientrano anche gli accrediti di somme operati nei vari anni d’imposta, che ben possono avere diverse causali, diverse destinazioni, diverse imputazioni soggettive e, dunque, diversi rilievi fiscali.
In conclusione, il ricorso è complessivamente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1
bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna NOME COGNOME al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro ventimila per compenso, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, il 4 marzo 2025.