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Caparra confirmatoria differita: si paga l’imposta?

Un notaio ha impugnato un avviso di liquidazione dell’Agenzia delle Entrate relativo all’imposta di registro su una caparra confirmatoria differita, prevista in un contratto preliminare di compravendita di azioni. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che l’imposta è dovuta sulla base della mera previsione contrattuale della caparra, anche se il versamento è posticipato. La tassazione scatta con l’accordo, non con il pagamento.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Caparra confirmatoria differita: si paga l’imposta di registro?

L’accordo per il versamento futuro di una somma a titolo di caparra è sufficiente a far scattare l’imposta di registro proporzionale? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito una risposta chiara e definitiva, stabilendo che la tassazione di una caparra confirmatoria differita è dovuta al momento della registrazione del contratto preliminare, a prescindere dall’effettivo pagamento. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La controversia nasce dal ricorso di un notaio contro un avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione Finanziaria richiedeva una maggiore imposta di registro su un contratto preliminare di compravendita di un intero pacchetto azionario di una società per azioni. Il contratto prevedeva un prezzo totale di 23 milioni di euro, di cui 10 milioni a titolo di caparra confirmatoria da versarsi entro una data successiva alla stipula del preliminare.

Il notaio, in qualità di responsabile d’imposta, sosteneva che, non essendo avvenuto il versamento della caparra, non fosse dovuta la relativa imposta proporzionale dello 0,50%. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto le sue ragioni, confermando la pretesa del fisco. Il caso è quindi giunto dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Imposta sulla Caparra Confirmatoria Differita secondo la Cassazione

Il ricorrente ha basato la sua difesa su tre motivi, tra cui la presunta nullità della sentenza d’appello per motivazione contraddittoria e l’erronea presunzione del versamento della caparra. La Corte Suprema ha ritenuto i motivi inammissibili o infondati, concentrandosi sulla questione centrale: il presupposto impositivo dell’imposta di registro sulla caparra.

Il punto cruciale della decisione risiede nell’interpretazione della nota all’art. 10 della tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986 (Testo Unico dell’Imposta di Registro). La norma stabilisce che l’imposta si applica «Se il contratto preliminare prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria». Secondo i giudici, l’uso del verbo “prevede” è decisivo.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha chiarito che il legislatore fiscale ha collegato l’obbligazione tributaria non alla corresponsione materiale della somma, ma alla mera previsione negoziale della stessa. In altre parole, è l’accordo tra le parti a costituire il presupposto dell’imposta, rendendo irrilevante che il pagamento sia contestuale alla firma o differito a un momento successivo. La pattuizione di una caparra confirmatoria differita è quindi sufficiente a far sorgere l’obbligo di versare l’imposta di registro proporzionale.

Questa interpretazione, già sostenuta dall’Agenzia delle Entrate in una sua circolare e confermata da precedenti sentenze, amplia il presupposto impositivo dalla pura consegna materiale della caparra alla sua semplice promessa. La Corte ha sottolineato come tale esegesi non contrasti con la natura “reale” del contratto di caparra (che si perfeziona con la consegna), ma si limiti a regolare gli aspetti fiscali dell’accordo. L’impegno a versare la caparra ha una sua rilevanza economica e giuridica che il fisco può legittimamente tassare.

Conclusioni e Principio di Diritto

In conclusione, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e ha enunciato un principio di diritto di fondamentale importanza pratica: «In tema di imposta di registro, la pattuizione accessoria ad un contratto preliminare, con la quale le parti differiscano la dazione della caparra confirmatoria ad un momento successivo rispetto alla sua stipulazione… è soggetta all’imposta di registro in misura proporzionale… la quale collega l’insorgenza dell’obbligazione tributaria non soltanto alla corresponsione, ma anche alla mera previsione (o promessa) della caparra confirmatoria, essendone irrilevante l’esecuzione differita rispetto alla conclusione del contratto preliminare».

Questa ordinanza consolida un orientamento che ha implicazioni dirette per notai, professionisti e contribuenti: ogni volta che un contratto preliminare menziona una caparra, anche se da pagare in futuro, l’imposta proporzionale va versata al momento della registrazione dell’atto.

L’accordo per versare una caparra in futuro è soggetto a imposta di registro?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la semplice previsione contrattuale di una caparra confirmatoria, anche se con pagamento differito, è sufficiente a far scattare l’obbligo di versare l’imposta di registro proporzionale (0,50%) al momento della registrazione del contratto preliminare.

Per l’applicazione dell’imposta sulla caparra è necessario il suo effettivo versamento?
No. La Corte ha chiarito che il presupposto per l’imposta non è la materiale dazione della somma (la corresponsione), ma la sua mera previsione nell’accordo (la promessa). L’obbligazione tributaria sorge con la stipulazione del patto, non con la sua esecuzione.

Cosa accade all’imposta versata se il contratto definitivo non viene poi stipulato?
Il provvedimento chiarisce che la tassazione della previsione della caparra non esclude il diritto al rimborso dell’imposta versata, ai sensi dell’art. 77 del D.P.R. 131/1986, qualora il contratto definitivo non venga stipulato o il contratto preliminare diventi inefficace.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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