Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15614 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15614 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34829/2019 R.G., proposto
DA
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dal l’ Avv. NOME COGNOME con studio in Castellammare di Stabia (NA), elettivamente domiciliato presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma (indirizzo pec per le notifiche e le comunicazioni del presente procedimento: EMAIL, giusta procura in margine al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata (indirizzo pec per le notifiche e le comunicazioni del presente procedimento: EMAIL );
RESISTENTE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Campania il 30 aprile 2019, n. 3756/17/2019;
IMPOSTA DI REGISTRO ACCERTAMENTO SENTENZA EX ART. 2932 COD. CIV. CAPARRA CONFIRMATORIA AD ESECUZIONE DIFFERITA
PRINCIPIO DI DIRITTO
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13 maggio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. COGNOME NOMECOGNOME in qualità di Notaio avente sede in Napoli, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Campania il 30 aprile 2019, n. 3756/17/2019, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avvis o di liquidazione n. 17030013555 del 15 giugno 2017 per la maggiore imposta di registro nella misura di € 50.000,00 da parte dell’Agenzia delle Entrate in dipendenza di un contratto preliminare di compravendita tra NOME Ingenito e NOME COGNOME in veste di promittenti venditori, e NOME COGNOME in veste di promittente acquirente, di pacchetto azionario totalitario della ‘ RAGIONE_SOCIALE per il prezzo di € 23.000.000,00, di cui € 10.000.000,00 a titolo di caparra confirmatoria da versarsi entro il 12 aprile 2017 su conto corrente intestato ai promittenti venditori ed € 13.000.000 a titolo di residuo prezzo da versarsi in occasione della stipulazione del contratto definitivo, con rogito a suo ministero del 4 aprile 2017, sotto la condizione sospensiva dell’acquisizione da parte del promittente venditore o del trasferimento da parte dei terzi titolari delle residue azioni per il raggiungimento dell’intero capitale entro il 30 luglio 2017, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli il 22 febbraio 2018, n. 1757/24/2018, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure -che aveva rigettato il ricorso originario del contribuente, in
qualità di r esponsabile d’imposta ex art. 57, comma 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 – sul presupposto che fosse onere del notaio rogante « la prova del mancato versamento della caparra, anche attraverso la produzione dell’estratto conto dedicato espressamente citato nel contratto preliminare ».
L’ Agenzia delle Entrate si è tardivamente costituita per la sola partecipazione all’eventuale udienza di discussione .
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a tre motivi.
Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata e/o del relativo procedimento per violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e 132, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ., in relazione all’a rt. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per essere stato deciso l’appello dal giudice di secondo grado con motivazione contraddittoria e/o apparente.
2.1 Il predetto motivo è infondato.
2.2 Come è noto l’art. 36, comma 2, n. 4), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sulla falsariga dell’art. 132, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. (nel testo modificato dall’art. 45, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69), dispone che la sentenza: « (…) deve contenere: (…) 4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; (…) ».
Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n.
8427; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. Trib., 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337; Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882).
Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘ motivazione apparente ‘, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337; Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882).
In particolare, poi, il vizio di motivazione contraddittoria o perplessa è rinvenibile soltanto in presenza di un contrasto insanabile ed inconciliabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata, che non consenta la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 17 agosto 2020, n. 17196; Cass., Sez. 6^-5, 14 aprile 2021, n. 9761; Cass., Sez. 5^, 26 novembre 2021, n. 36831; Cass., Sez. 6^-5, 14 dicembre 2021, n. 39885; Cass., Sez. 5^, 27 aprile 2022, nn. 13214, 13215 e 13220; Cass., Sez. Trib., 23 agosto 2023, n. 25079; Cass., Sez. Trib., 2 settembre 2024, n. 23530).
2.3 Nella specie, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia insufficiente o incoerente sul piano della logica giuridica, contenendo un’adeguata illustrazione delle ragioni sottese al rigetto dell’appello, che è stato idoneamente giustificato (al di là della fondatezza di tale argomentazione in punto di diritto) con l’imposizione dell’onere a carico del contribuente di provare un ‘ fatto negativo ‘ , cioè il mancato versamento della caparra sul conto corrente cointestato ai promittenti venditori, che non era stata versata contestualmente alla conclusione del contratto preliminare.
Con il secondo motivo, si denuncia omesso esame e/o travisamento della prova , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente presunto dal giudice di secondo grado che la caparra confirmatoria fosse stata versata dal promissario acquirente ai promittenti venditori in base alla pattuizione del l’art. 3 del contratto preliminare, nonché in base alle dichiarazioni rese dal contribuente nel ricorso originario e nell’atto di appello con riguardo al mancato versamento della caparra confirmatoria.
3.1 Il predetto motivo è inammissibile sotto vari profili.
3.2 Come è noto, l’art. 360, primo comma, n. 5 ), cod. proc. civ., nel testo riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma,
n. 6), e 369, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il ” fatto storico “, il cui esame sia stato omesso, il ” dato “, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il ” come ” e il ” quando ” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua ” decisività “, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra le tante: Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054; Cass., Sez. 6^-3, 27 novembre 2014, n. 25216; Cass., Sez. 2^, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. Lav., 21 ottobre 2019, n. 26764; Cass., Sez. 5^, 12 luglio 2021, nn. 19820, 19824, 19826 e 19827; Cass., Sez. 5^, 22 luglio 2021, n. 20963; Cass., Sez. 5^, 27 luglio 2021, n. 21431; Cass., Sez. 5^, 30 maggio 2022, n. 17359; Cass., Sez. Trib., 10 novembre 2023, n. 31327; Cass., Sez. Trib., 29 dicembre 2023, n. 36426; Cass., Sez. Trib., 6 febbraio 2024, n. 3404; Cass., Sez. Trib., 21 maggio 2025, n. 13573).
L’ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., Sez. 1^, 14 settembre 2018, n. 26305; Cass., Sez. 6^-1, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2021, n. 12400; Cass., Sez. 5^, 24 luglio 2021, nn. 21457 e 21458; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2022, n. 37346;
Cass., Sez. 5^, 10 novembre 2023, n. 31327; Cass., Sez. 1^, 29 febbraio 2024, n. 5426) né l’omessa disanima di questioni o argomentazioni (Cass., Sez. 6^-1, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5^, 20 aprile 2021, n. 10285; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2022, n. 37346; Cass., Sez. 5^, 10 novembre 2023, n. 31327; Cass., Sez. 1^, 29 febbraio 2024, n. 5426). 3.3. Ancora, secondo la giurisprudenza di legittimità, il travisamento del contenuto oggettivo della prova che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio – trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4), cod. proc. civ., mentre – se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4) o n. 5), cod. proc. civ., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass., Sez. Un., 5 marzo 2024, n. 5792); per cui, in relazione al fatto sostanziale, il travisamento della prova postula: a) che l’errore del giudice di merito cada non sulla valutazione della prova ( demonstrandum ), ma sulla ricognizione del contenuto oggettivo della medesima ( demonstratum ), con conseguente, assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi acquisiti al giudizio, i contenuti informativi che da essi il giudice di merito ha ritenuto di poter trarre; b) che tale contenuto abbia formato oggetto di discussione nel giudizio; c) che l’errore sia decisivo, in quanto la motivazione sarebbe stata necessariamente diversa se fosse stata correttamente fondata sui contenuti informativi che risultano oggettivamente dal
materiale probatorio e che sono inequivocabilmente difformi da quelli erroneamente desunti dal giudice di merito; d) che il giudizio sulla diversità della decisione sia espresso non già in termini di possibilità, ma di assoluta certezza (Cass., Sez. 3^, 21 dicembre 2022, n 37382; Cass., Sez. 1^, 6 aprile 2023, n. 9507; Cass., Sez. Cass., Sez. 1^, 3 gennaio 2025, n. 65).
3.4 Nella specie, la censura non attinge l’omesso esame o il travisamento di un fatto storico, ma l’int erpretazione di una clausola contrattuale ovvero di una dichiarazione resa in atti processuali. E tanto basta a precluderne lo scrutinio in sede di legittimità.
3.5 Ad ogni modo, non va sottaciuta la preclusione derivante dalla c.d. ‘ doppia conforme ‘ (per la soccombenza in primo grado ed in secondo grado), che non consente di censurare l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.; difatti, in siffatta ipotesi, prevista dall’art. 348 -ter , quinto comma, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012; detta norma è stata mantenuta, anche dopo l’abrogazione disposta dall’art. 3, comma 26, lett. e), del d.lgs. 1 ottobre 2022, n. 149, per i giudizi introdotti prima dell’1 gennaio 2023, dall’ar t. 35, comma 5, del d.lgs. 1 ottobre 2022, n. 149, quale modificato dall’art. 380, lett. a), della legge 29 dicembre 2022, n. 197), il ricorrente in cassazione per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. c iv. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto
2012, n. 134, ed applicabile alle sentenze pubblicate dall’11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass., Sez. Lav., 6 agosto 2019, n. 20994; Cass., Sez. 5^, 12 luglio 2021, n. 19760; Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2022, n. 10644; Cass., Sez. 5^, 11 aprile 2022, n. 11707; Cass., Sez. 6^-5, 28 aprile 2022, n. 13260; Cass., Sez. Trib., 13 dicembre 2023, n. 34902; Cass., Sez. Trib., 27 giugno 2024, n. 17782; Cass., Sez. Trib., 28 aprile 2025, n. 11109). Nella specie, però, a fronte della soccombenza nel doppio grado di merito, il ricorrente non ha indicato le ragioni di fatto differenti a seconda del giudizio; ne discende che le questioni sono state esaminate e decise in modo uniforme dai giudici del doppio grado di merito, per cui non ne è possibile alcun sindacato da parte del giudice di legittimità in relazione alla violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ. (art. 348ter , quinto comma, cod. proc. civ.).
3.6 In ogni caso, anche se il mezzo fosse astrattamente ammissibile, la prova della corresponsione differita della caparra confirmatoria non sortirebbe alcun a incidenza sull’esito della controversia tributaria.
Difatti, la nota all’art. 10 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (a tenore della quale: « Se il contratto preliminare prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria si applica il precedente art. 6; se prevede il pagamento di acconti di prezzo non soggetti all’imposta sul valore aggiunto ai sensi degli articoli 5, comma 2, e 40 del testo unico si applica il precedente art. 9. In entrambi i casi l’imposta pagata è imputata all’imposta principale dovuta per la
registrazione del contratto definiti ») dispone la soggezione all’imposta di registro in misura proporzionale dello 0,50% per la mera ‘ previsione ‘ della caparra confirmatoria, a prescindere dal suo versamento o meno al momento della stipulazione del contratto preliminare.
Tanto è stato chiarito anche dalla circolare emanata dall’Agenzia delle Entrate il 29 maggio 2013, n. 18/E (‘ La tassazione degli atti notarili – Guida operativa – Testo unico dell’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 ‘) , secondo cui: « Se il contratto preliminare contempla la dazione di ulteriori caparre confirmatorie o acconti di prezzo da versarsi in seguito, anche queste somme devono essere sottoposte a tassazione al momento della registrazione del preliminare. La nota all’art. 10 della Tariffa, parte Prima, allegata al TUR, nell’utilizzare la generica locuzione ‘se il contratto preliminare prevede’, fa, infatti, riferimento al contenuto dell’atto da tassare, includendo implicitamente anche le somme che, in base a quanto previsto nel contratto preliminare, verranno corrisposte in un momento successivo » (par. 3.1.2).
Il che non esclude il rimborso dell’imposta versata ex art. 77 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in caso di mancata stipulazione del contratto definitivo o di inefficacia del contratto preliminare.
3.7 Tanto è stato espressamente confermato da un recente arresto di questa Sezione (Cass., Sez. 5^, 17 agosto 2021, n. 22997), secondo cui anche la pattuizione, afferente a un contratto preliminare, con la quale le parti differiscano la dazione della caparra confirmatoria è soggetta alla imposta di registro con la tariffa proporzionale ai sensi della nota all’art.
10 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in relazione all’art. 6 della stessa tariffa.
Tale conclusione è stata così motivata: « Orbene (anche) la pattuizione negoziale della corresponsione «differita» della caparra confirmatoria – cioè da versarsi materialmente in un momento successivo alla stipulazione, purché, ovviamente, anteriore alla scadenza delle obbligazioni garantite costituisce presupposto impositivo per la applicazione del tributo alla tariffa proporzionale dello 0,50%. La Nota dell’art. 10, cit., infatti, non collega l’insorgenza della obbligazione tributaria esclusivamente alla intervenuta «corresponsione» della caparra confirmatoria ( scilicet : al versamento del denaro o alla dazione di altre cose fungibili), ma – come è reso palese dal tenore letterale della norma: «Se il contratto preliminare prevede …» – amplia il presupposto impositivo alla pura previsione negoziale della prestazione della caparra, così comprendendo anche il caso della pattuizione della caparra ad esecuzione differita ».
3.8 Peraltro, tale esegesi non contrasta con la tradizionale ricostruzione della caparra confirmatoria in termini di contratto reale (autonomo ed accessorio rispetto a quello collegato), che si perfeziona con la consegna, fatta da una parte all’altra, di una somma di denaro o di una determinata quantità di cose fungibili (Cass., Sez. 6^-2, 27 luglio 2021, n. 21506; Cass., Sez. 2^, 24 novembre 2022, n. 34641), essendosi costantemente affermato da questa Corte che, i n tema di contratto preliminare, la funzione di anticipazione della prestazione dovuta e di rafforzamento del vincolo obbligatorio propria della caparra confirmatoria – che si perfeziona con la consegna che una parte fa all’altra di una somma di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili per il caso
d’inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad essa collegato (c.d. ‘ contratto principale ‘ ) – ben può essere assolta anche da una dazione differita, così posticipandosi la consegna ad un momento successivo alla conclusione del contratto principale (attraverso la configurazione atipica ex art. 1322, secondo comma, cod. civ. della caparra confirmatoria in termini di contratto obbligatorio), ma a condizione che il momento di tale consegna sia anteriore al termine di scadenza delle obbligazioni pattuite con il contratto preliminare e con la conseguenza che, nelle more della consegna, non si producono gli effetti che l’art. 1385, secondo comma, cod. civ., ricollega alla consegna in conformità della natura reale del patto rafforzativo del vincolo (in termini: Cass., Sez. 2^, 24 aprile 2013, n. 10056; Cass., Sez. 2^, 31 ottobre 2013, n. 24563; Cass., Sez. 2^, 28 febbraio 2018, n. 4661; Cass., Sez. 6^-2, 27 luglio 2021, n. 21506; Cass., Sez. 2^, 24 novembre 2022, n. 34641; Cass., Sez. 2^, 29 novembre 2022, n. 35068).
3.9 Si può, quindi, enunciare il seguente principio di diritto: « In tema di imposta di registro, la pattuizione accessoria ad un contratto preliminare, con la quale le parti differiscano la dazione della caparra confirmatoria ad un momento successivo rispetto alla sua stipulazione, purché anteriore alla scadenza delle obbligazioni assunte dalle parti, è soggetta all ‘ imposta di registro in misura proporzionale ai sensi della nota all’art. 10 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la quale collega l’insorgenza dell’obbligazione tributaria non soltanto alla corresponsione, ma anche alla mera previsione (o promessa) della caparra confirmatoria, essendone irrilevante l’esecuzione differita rispetto alla conclusione del contratto preliminare ».
Con il terzo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. , in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per non essere stato indicato dal giudice di secondo grado « da quale fatto noto abbia tratto il convincimento della sussistenza della dazione né quali siano le circostanze gravi, precise e concordanti assunte a fondamento di tale suo convincimento ».
4.1 Il predetto motivo è assorbito dal rigetto del precedente motivo, risultandone superfluo ed ultroneo lo scrutinio in base alle argomentazioni già illustrate sull’irrilevanza del versamento della caparra confirmatoria ai fini della corresponsione dell’ imposta di registro in misura proporzionale.
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi l’in ammissibilità o l’in fondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.
Nulla deve essere disposto in ordine alla regolamentazione delle spese giudiziali, essendo rimasta intimata la parte vittoriosa.
A i sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 13 maggio