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Canoni non riscossi: quando si pagano le tasse?

Un contribuente ha impugnato un avviso di accertamento per canoni non riscossi da una locazione non abitativa, sostenendo la risoluzione del contratto per inadempimento dell’inquilino. La Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che il reddito va dichiarato fino alla risoluzione formale del contratto e condannando il ricorrente per abuso del processo.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Tasse sui canoni non riscossi: la Cassazione chiarisce

La gestione di un immobile in affitto può presentare diverse complessità, una delle quali riguarda la tassazione dei canoni non riscossi. Cosa succede quando l’inquilino smette di pagare? Il proprietario è comunque tenuto a dichiarare e pagare le imposte su un reddito che, di fatto, non ha percepito? Con l’ordinanza n. 5687 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata su questo tema delicato, fornendo chiarimenti cruciali e sottolineando le responsabilità del locatore.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a un contribuente per l’anno d’imposta 2010. L’Agenzia delle Entrate contestava la mancata dichiarazione dei canoni di locazione derivanti da un immobile a uso non abitativo. Il contribuente si è difeso sostenendo di non aver mai percepito tali somme a causa dell’inadempimento del conduttore, situazione che aveva portato alla risoluzione del contratto.

Tuttavia, sia in primo che in secondo grado, i giudici tributari non avevano accolto le ragioni del proprietario. Di qui, la decisione di ricorrere alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente due vizi della sentenza d’appello.

I motivi del ricorso e la tassazione dei canoni non riscossi

Il ricorrente ha basato la sua difesa su due argomenti principali. In primo luogo, ha lamentato un “omesso esame di un fatto storico decisivo”, sostenendo che i giudici di merito non avessero adeguatamente considerato la risoluzione di diritto del contratto. Tale risoluzione era avvenuta, a suo dire, in virtù di una clausola risolutiva espressa presente nel contratto, attivata tramite l’invio di due diffide stragiudiziali al conduttore moroso.

In secondo luogo, ha denunciato una violazione delle norme procedurali, affermando che la sentenza impugnata avesse erroneamente fatto riferimento a un’altra forma di risoluzione (la diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c.) invece che a quella specifica (clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c.) da lui invocata, creando una disparità tra quanto richiesto e quanto deciso.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi di ricorso, ritenendoli infondati.

Sul primo punto, i giudici hanno rilevato che la sentenza d’appello aveva, in realtà, preso in considerazione la questione della risoluzione del contratto, menzionandola in più passaggi. La Corte ha colto l’occasione per ribadire che, a seguito della riforma del 2012, il vizio di motivazione è censurabile in Cassazione solo in casi estremi, come la mancanza assoluta di motivazione o la motivazione meramente apparente, ipotesi non riscontrate nel caso di specie.

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Cassazione ha evidenziato come la sentenza impugnata avesse fatto riferimento a entrambe le ipotesi di risoluzione (art. 1454 e 1456 c.c.), dimostrando di aver esaminato tutte le censure sollevate dal contribuente. Pertanto, non vi era alcuna disparità tra il chiesto e il pronunciato.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nel principio consolidato in materia di redditi fondiari. La Corte ha implicitamente richiamato la regola secondo cui i redditi derivanti da locazioni sono tassati secondo il principio di competenza e non di cassa. Questo significa che il proprietario deve dichiarare i canoni pattuiti nel contratto, indipendentemente dalla loro effettiva percezione, fino a quando il contratto di locazione non sia formalmente risolto. La semplice morosità dell’inquilino non è, di per sé, sufficiente a escludere l’obbligo di dichiarare il reddito. È necessario un atto formale che ponga fine al rapporto contrattuale, come una sentenza di risoluzione o l’attivazione di una clausola risolutiva espressa comunicata alla controparte. Fino a quel momento, il reddito si considera legalmente a disposizione del proprietario e, come tale, va tassato.

Un aspetto innovativo e rilevante dell’ordinanza è l’applicazione delle nuove sanzioni per abuso del processo. Poiché il ricorso era stato oggetto di una proposta di definizione agevolata (poi rifiutata dal ricorrente) e la Corte ha confermato l’infondatezza del ricorso, ha condannato il contribuente al pagamento di una somma di 500,00 euro in favore della Cassa delle Ammende. Questa sanzione, introdotta dalla Riforma Cartabia, mira a disincentivare ricorsi puramente dilatori, specialmente quando la loro infondatezza è già stata preannunciata.

Le Conclusioni

La pronuncia della Cassazione offre due importanti insegnamenti pratici per i proprietari di immobili.

1. Agire tempestivamente: In caso di morosità dell’inquilino, è fondamentale attivarsi subito per ottenere la risoluzione formale del contratto di locazione. Solo dalla data della risoluzione cessa l’obbligo di dichiarare i canoni non riscossi. Attendere significa continuare ad accumulare un debito fiscale su redditi mai percepiti.
2. Valutare con attenzione i ricorsi: L’introduzione di sanzioni per l’abuso del processo rende più rischioso impugnare decisioni e proposte di definizione che hanno solide basi giuridiche. Prima di procedere con un ricorso in Cassazione, è essenziale una valutazione approfondita delle sue probabilità di successo per evitare non solo la condanna alle spese, ma anche sanzioni aggiuntive.

Un locatore deve pagare le tasse sui canoni di locazione anche se l’inquilino non li ha versati?
Sì, il locatore è tenuto a dichiarare e pagare le imposte sui canoni previsti dal contratto, anche se non li ha effettivamente riscossi, fino a quando il contratto di locazione non viene formalmente risolto.

Cosa deve fare il locatore per interrompere l’obbligo di pagare le imposte sui canoni non riscossi?
Per interrompere l’obbligo fiscale, il locatore deve ottenere la risoluzione formale del contratto di locazione. Questo può avvenire tramite una sentenza del giudice, una risoluzione consensuale o l’attivazione di meccanismi previsti dal contratto, come la clausola risolutiva espressa, comunicata formalmente all’inquilino.

Cosa succede se si presenta un ricorso in Cassazione che viene giudicato infondato dopo aver rifiutato una proposta di definizione?
Se la Corte di Cassazione rigetta il ricorso conformemente a una precedente proposta di definizione che il ricorrente aveva rifiutato, può condannare quest’ultimo al pagamento di una somma di denaro per abuso del processo, come previsto dalla recente normativa, oltre a confermare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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