Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5687 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5687 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1410/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME V.E. (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
AGENZIA ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE CATANZARO
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CATANZARO n. 2033/2021 depositata il 07/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il geometra NOME COGNOME era attinto da avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2010, con rideterminazione del reddito in ragione dei non esposti canoni di locazione di un immobile ad uso non abitativo di sua proprietà.
Adito il giudice di prossimità, evidenziava non aver maturato il reddito per inadempimento dell’inquilino, sfociato poi nella risoluzione del contratto.
I gradi di merito non apprezzavano le ragioni della parte contribuente che ricorre avanti questa Corte di legittimità, proponendo due mezzi, mentre è rimasta intimata la parte pubblica.
Per il ricorso veniva avanzata proposta di definizione agevolata, a seguito della quale parte ricorrente chiedeva fissarsi l’udienza.
In prossimità dell’adunanza la parte contribuente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
Vengono proposti due motivi di ricorso.
Con il primo motivo di profila censura ex articolo 360 numero 5 codice di procedura civile per omesso esame di un fatto storico che è stato oggetto di discussione tra le parti e che ha carattere decisivo. Più precisamente, si censura la sentenza di appello per la totale omissione di esame del fatto decisivo relativo alla risoluzione di diritto del contratto di locazione di cui trattasi, al seguito della dichiarazione di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa contenuta nello stesso contratto, con invio da parte del locatore di due diffide stragiudiziali recapitate al conduttore ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1456 del codice civile, che sono state prodotte in giudizio dal geometra NOME COGNOME.
Il motivo è infondato e non può essere accolto: dall’esame della sentenza risulta che tale circostanza sia stata presa in considerazione a pagina 2, primo capoverso, e a pagina 3, secondo capoverso, con richiami espliciti alla pronuncia della Corte
costituzionale n.362/2000, in ordine al regime tributario degli introiti non lucrati, restando principio di capacità contributiva la disponibilità dell’immobile, irrilevante essendo la libera scelta di lasciarlo non locato.
Per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione, poiché è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c. la cui riformulazione, disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez.Un. 7 aprile 2014 n. 8053).ù
IL primo motivo non può quindi essere accolto.
Con il secondo motivo si profila censura ex articolo 360 numero 4 del codice di procedura civile per violazione degli articoli 112, 99 e 132, secondo comma, del codice di procedura civile e dell’articolo 2907 del codice civile. Nella sostanza si lamenta una disparità fra chiesto e pronunciato, laddove la parte contribuente ha eccepito nei giudizi di merito la illegittima imputazione a reddito dei canoni di locazione non riscossi in ragione dell’avvenuta risoluzione di diritto
del contratto in forza dell’articolo 1456 del codice civile, laddove il giudice di appello a pagina 3 della sentenza gravata ha motivato il rigetto sostenendo che l’appellante non aveva soddisfatto l’onere di allegare la diffida stragiudiziale di cui all’articolo 1454 della quale non è traccia nella produzione documentale.
Il motivo non può essere accolto.
Ed infatti, giudice del fatto processuale in forza dell’invocato numero 4 dell’articolo 360 del codice di rito, questa Suprema Corte di legittimità evidenzia come già a pagina 2, terzo capoverso, la sentenza in scrutinio faccia riferimento tanto all’ipotesi di cui all’articolo 1454, quanto all’ipotesi di cui all’articolo 1456 del codice civile, dimostrando di avere preso in considerazione tutte le censure proposte dalla parte contribuente. Il motivo, dunque, è infondato e non può essere accolto.
Pertanto, il ricorso infondato e non può essere accolto; non vi è luogo a pronuncia sulle spese in assenza di attività difensiva della parte pubblica.
Poiché la trattazione del procedimento è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di infondatezza del ricorso la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, nella specie deve, comunque, applicarsi il quarto comma dell’articolo 96 cod. proc. civ.
La Corte ha già chiarito che trattasi di una novità normativa (introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 149 del 2022) che contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto
comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione ‘altresì’). In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale (da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale).
Quanto alla disciplina intertemporale sull’applicazione ai giudizi di cassazione delle disposizioni di cui all’art. 96 terzo e quarto comma per effetto del rinvio operato dall’ultimo comma dell’art. 380 bis nel testo riformato, rileva la Corte che la predetta normativa -in deroga alla previsione generale contenuta nell’art. 35 comma 1 del Lgs. n. 149/2022 sia immediatamente applicabile a seguito dell’adozione di una decisione conforme alla proposta, sebbene per giudizi già pendenti alla data del 28 febbraio 2023. Ed infatti la norma di cui all’art. 380 bis c.p.c. (che nella parte finale richiama l’art. 96 commi 3 e 4) è destinata a trovare applicazione, come espressamente previsto dal co. 6 dell’art. 35 del d.lgs. n. 149/2022, anche nei giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio (come, appunto, quello in esame).
Nel caso in esame, sulla scorta di quanto esposto, ed in coerenza con la ratio della norma, tesa a disincentivare le opposizioni meramente dilatorie alle proposte di definizione agevolata, la parte ricorrente va condannata unicamente al pagamento della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende, non avendo controparte svolto attività difensiva(Cass. n.27947/2023).
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo un ificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 25/01/2024.