Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 919 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 919 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19894/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. FOGGIA n. 247/2016 depositata il 01/02/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La contribuente signora NOME COGNOME era raggiunta da avviso di accertamento parziale e automatizzato sull’anno d’imposta 2006, in ragione della registrazione in quell’anno di un contratto di locazione con efficacia dal 2003, relativo ad un immobile rustico ricadente in zona agricola.
La contribuente ricorreva al giudice di prossimità, lamentando il carattere meramente fittizio della locazione, per la quale non aveva riscosso alcun canone, né addirittura aveva mai consegnato le chiavi dell’immobile in oggetto, dovendosi ritenere il contratto di locazione meramente destinato a consentire la costituzione di un titolo in capo alla locataria, al fine di ottenere dall’Amministrazione municipale il mutamento di destinazione d’uso dell’immobile in oggetto per vocarlo ad attività commerciale.
Le ragioni della parte privata non erano apprezzate in primo grado, dove il collegio argomentava sulla circostanza che il contratto non solo non era stato risolto, ma addirittura era stato registrato con efficacia ora per allora, irrilevante ritenendo la mancata percezione dei canoni che comunque concorrono alla formazione del reddito imponibile.
Diversa sorte aveva il giudizio di appello, ove il collegio di secondo grado rilevava che l’immobile in oggetto fosse un locale allo stato rustico inutilizzabile, ritenendo verosimile la circostanza che il contratto di locazione forse unicamente funzionale a consentire alla locataria di avere un titolo per chiedere il mutamento di destinazione d’uso.
Propone ricorso per Cassazione l’Agenzia delle entrate , affidandosi ad un unico motivo, cui replica con tempestivo controricorso la parte contribuente.
CONSIDERATO
Viene proposto unico motivo di ricorso.
Con l’unico motivo di ricorso si propone censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione falsa applicazione dell’articolo 26 del dPR numero 917 del 1986. Nella sostanza si lamenta che i redditi fondiari concorrano sempre e comunque a formare reddito imponibile e che i canoni non riscossi in un contratto di locazione debbano parimenti essere computati, fino a che non vi sia sentenza che accerti la morosità ai fini dello sfratto.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Già in altre occasioni questa Suprema Corte di legittimità ha avuto modo di ricordare che in tema di imposte sui redditi, in base al combinato disposto dagli artt. 23 e 34 del d.P.R. n. 917 del 1986, il reddito degli immobili locati per fini diversi da quello abitativo – per i quali opera, invece, la deroga introdotta dall’art. 8 della l. n. 431 del 1998 – è individuato in relazione al reddito locativo fin quando risulta in vita un contratto di locazione, con la conseguenza che anche i canoni non percepiti per morosità costituiscono reddito tassabile, fino a che non sia intervenuta la risoluzione del contratto o un provvedimento di convalida dello sfratto (cfr. Cass. VI-5, n. 19240/2016). Altresì, in base al combinato disposto degli artt. 23 e 34 del d.P.R. n. 917 del 1986, il reddito degli immobili locati per fini diversi da quello abitativo, per i quali opera, invece, la deroga introdotta dall’art. 8 della l. n. 431 del 1988, è individuato in relazione al reddito locativo fin quando risulta in vita un contratto di locazione, con la conseguenza che anche i canoni non percepiti per morosità costituiscono reddito tassabile, fino a che non sia intervenuta la risoluzione del contratto o un provvedimento di convalida dello sfratto, atteso che il criterio di imputazione di tale reddito è costituito dalla titolarità del diritto reale, a prescindere dalla sua effettiva percezione (cfr. Cass. V, n. 12332/2019).
Il ricorso è quindi fondato e merita accoglimento, la sentenza deve essere cassata con rinvio a giudice di merito perché svolga gli accertamenti in fatto necessari ad applicare i sopraesposti principi.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per la Puglia -Foggia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 12/12/2024.