Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27550 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27550 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/10/2024
IRPEF – redditi fondiari – canoni di locazione non percepiti – risoluzione del contratto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25150/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi, in virtù di procura in calce al controricorso, da ll’AVV_NOTAIO;
-controricorrenti – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 2793/2017, depositata in data 24 marzo 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1° ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate emetteva un avviso di accertamento con cui recuperava ad imposizione, a fini Irpef per l’anno 2009, maggior reddito di NOME COGNOME di NOME, per la mancata indicazione, nella dichiarazione, di redditi da locazione.
La CTP, adita dalla contribuente, rigettava il ricorso rilevando che la morosità della società conduttrice non esonerasse la proprietaria dalla dichiarazione del reddito.
La CTR accoglieva il gravame proposto dalla contribuente rilevando che la locatrice aveva agito per ottenere la risoluzione del contratto e la conduttrice era fallita, per cui non risulta in alcun modo dedotta la circostanza che siano stati successivamente corrisposti i canoni di locazione, con la conseguenza che per l’anno 2009 sicuramente detti canoni non potevano concorrere alla individuazione della concreta capacità contributiva della ricorrente .
Avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE, affidandosi ad un motivo. La contribuente ha resistito con controricorso.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 1° ottobre 2024. I controricorrenti hanno depositato memoria.
Considerato che:
Con l’unico strumento di impugnazione l’RAGIONE_SOCIALE deduce la «violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del dpr n. 917/86 in relazione all’art . 360, n. 3 c.p.c.». Sottolinea, in particolare, che secondo l’orientamento prevalente della Suprema Corte la mera morosità del conduttore non impedisce l’assoggettamento dei canoni non pagati ad imposta sui redditi, fino a quando intervenga una pronuncia giurisdizionale che dichiari risolto il contratto o venga registrato l’atto di risoluzione del contratto. Pertanto, fino a quando il contratto rimanga valido ed efficace, il conduttore in mora è tenuto al pagamento dei relativi canoni, che concorrono a formare il reddito del proprietario, anche
se non riscossi. Nella specie, la sentenza dichiarativa della risoluzione del contratto interveniva solo ad ottobre 2010 ed il Tribunale partenopeo condannava la società conduttrice al pagamento di tutti i canoni non pagati fino alla pronuncia (per circa Euro 150.000,00).
Il motivo è fondato.
2. Secondo la più recente ed ormai costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo Cass. 09/01/2024, n. 746) il reddito degli immobili locati per fini diversi da quello abitativo -per i quali ultimi opera, invece, la deroga introdotta dall’art. 8 legge 9 dicembre 1998, n. 431 -è individuato in relazione al reddito locativo fin quando risulta in vita un contratto di locazione, con la conseguenza che anche i canoni non percepiti per morosità costituiscono reddito tassabile, fino a che non sia intervenuta la risoluzione del contratto o un provvedimento di convalida dello sfratto, atteso che il criterio di imputazione di tale reddito è costituito dalla titolarità del diritto reale, a prescindere dalla sua effettiva percezione (Cass. 29/09/2020, n. 20661, Cass. 09/05/2019, n. 12332 e Cass. 28/09/2016, n. 19240).
L’applicazione, al caso di specie, dell’art. 26 t.u.i.r. non ne implica un’interpretazione costituzionalmente illegittima, in quanto, come già osservato dalla giurisprudenza costituzionale, la capacità contributiva desumibile dal presupposto economico al quale l’imposta è collegata, può essere ricavata, in linea di principio, da qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore, salvo il controllo di costituzionalità (Corte Cost., n. 362/2000). Secondo quanto precisato dalla stessa Corte Costituzionale, il sistema che fa riferimento per la determinazione del reddito dei fabbricati al canone risultante dal contratto di locazione è del tutto eccezionale e deve armonizzarsi nel contesto di un sistema che pone la regola per cui i redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessivo indipendentemente dalla percezione. Sicché esso potrà operare nel tempo solo fin quando risulterà in vita
un contratto di locazione e quindi sarà dovuto un canone in senso tecnico. Quando, invece, la locazione (rapporto contrattuale) sia cessata per scadenza del termine (art. 1596 cod. civ.) ed il locatore pretenda la restituzione essendo in mora il locatario per il relativo obbligo, ovvero quando si sia verificata qualsiasi causa di risoluzione del contratto, ivi comprese quelle di inadempimento in presenza di clausola risolutiva espressa e di dichiarazione di avvalersi della clausola (art. 1456 cod. civ.), o di risoluzione a seguito di diffida ad adempiere (art.1454 cod. civ.), tale riferimento al reddito locativo non sarà più praticabile, tornando in vigore la regola generale (Cass. n. 12332/2019 cit.).
3. Nel caso di specie, trattandosi di immobili locati a fini commerciali, non è dubbio che i canoni di locazione non percepiti nell’anno 2009 dovevano comunque essere dichiarati a concorrere alla formazione del reddito; infatti, solo a seguito del provvedimento giurisdizionale (convalida di sfratto o sentenza che dichiari risolto il contratto, intervenuta nella specie nel 2010) o a seguito della registrazione della risoluzione i canoni di locazione non sono più soggetti ad imposizione trovando applicazione l’ordinaria tassazione catastale dell’immobile.
Infatti, con specifico riferimento ai contratti di locazione, si ricorda che gli artt. 3 e 17 d.P.R. n. 131/1986 individuano in maniera esplicita gli eventi successivi alla conclusione del contratto che devono essere autonomamente assoggettati a registrazione e tra questi vi è anche la risoluzione che, pertanto, deve essere registrata in termine fisso, anche se stipulata verbalmente o se il relativo contratto venga redatto nella forma della scrittura privata non autenticata. La risoluzione, quindi, rientra tra gli eventi che devono obbligatoriamente essere portati a conoscenza dell’Amministrazione finanziaria secondo le modalità di cui all’art. 17 cit..
La registrazione dell’accordo risolutivo costituisce, dunque, un obbligo fiscale alla cui omissione consegue il persistere dell’obbligazione tributaria. La mancata esecuzione di tali formalità
rende tale atto, con specifico riferimento alla presunta data della risoluzione del contratto, inopponibile all’Amministrazione finanziaria.
La CTR non ha fatto corretta applicazione dei principi sopra riportati, avendo ritenuto non tassabili i canoni di locazione relativi all’anno 2009, sol perché non percepiti e per l’efficacia retroattiva della pronuncia giurisdizionale dichiarativa della risoluzione del contratto per morosità. Di contro, deve ritenersi che essi concorrano alla formazione del reddito per l’anno 2009 proprio per la mancanza della registrazione della risoluzione (per effetto della clausola risolutiva espressa) in data antece dente e per l’intervenuta risoluzione in via giudiziale solo nel 2010, avente effetto ai fini de quibus solo dal momento della pronuncia.
Il ricorso va, pertanto, accolto, la sentenza della CTR va cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cod. proc. civ., con il rigetto dell’originario ricorso della ricorrente. I controri correnti, nella qualità in epigrafe indicata, vanno condannati, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, nella misura indicata in dispositivo, mentre vanno compensate quelle dei gradi di merito in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale, oggetto di contrasti giurisprudenziali.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dalla contribuente.
Condanna i controricorrenti, nella qualità in epigrafe indicata, al pagamento, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito, compensando le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 1° ottobre 2024.