Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 746 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 746 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
IRPEF AVVISO ACCERTAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26944/2015 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio de ll’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende,
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore ,
-resistente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. UMBRIA, n. 216/2015, depositata il 09/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 novembre 2023 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME ricorre nei confronti dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza in epigrafe . Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello della contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di Perugia che, a propria volta, aveva rigettato il ricorso avverso l’avviso di accertamento con il quale, per l’anno di imposta 2007, era stato rettificato il reddito ai fini Irpef.
L ‘Ufficio rilevava che la contribuente non aveva dichiarato il reddito relativo ad una locazione ad uso commerciale di un immobile sito in Spoleto di cui al contratto del 15 dicembre 2005.
La C.t.p. dichiarava inammissibile il ricorso in quanto tardivo.
La C.t.r., pur ritenendo ammissibile il ricorso, lo rigettava nel merito. Evidenziava che, se pure il contratto di locazione era stato stipulato nel 2005, la registrazione era avvenuta solo il 15 febbraio 2008; che la successiva risoluzione era stata comunicata a mezzo modello F23 solo in data 13 marzo 2008; che il fallimento della società conduttrice era stato dichiarato il 02 aprile 2009. Rilevava, per l’effetto che, sotto il profilo fiscale, quanto avvenuto prima della registrazione del contratto era irrilevante; che, trattandosi di locazione ad uso diverso, non era applicabil e l’art. 8, comma 5, legge 9 dicembre 1998, n. 431; che anche il documento del 10 dicembre 2007 che provava l’accordo risolutivo, stante la dichiarazione del rappresentante legale della società conduttrice di non aver corrisposto i canoni, era intempestivo rispetto ai redditi del 2007; che la risoluzione consensuale non aveva effetto retroattivo; che la mancata percezione dei canoni non escludeva l’obbligo di dichiararli ; che non vi era nemmeno prova di un procedimento giudiziario per il recupero dei canoni non percepiti.
L ‘Agenzia delle entrate ha depositato «atto di costituzione» al solo fine della partecipazione all’udienza di discussione, dando espressamente atto di non aver depositato tempestivo controricorso.
La contribuente in data 02/11/2023 ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 26 .t.u.i.r.
Assume che l’art 26 t.u.i.r. norma espressamente derogata per le locazioni abitative in virtù del disposto di cui all’art. 5 legge n. 431 del 1998 -pur individuando una presunzione di incasso dei canoni di locazioni ad uso diverso, va applicato sino a prova contraria. Aggiunge di aver fornito prova certa della mancata riscossione dei canoni e della impossibilità di incasso futuro, stante il fallimento della società conduttrice, in assenza di attivo; che la registrazione della risoluzione, avvenuta solo nel 2008, aveva effetto meramente dichiarativo e che il 10 dicembre 2007 aveva «dichiarato la risoluzione del contratto» avvalendosi della clausola risolutiva ivi contenuta.
Con il secondo motivo denuncia, (evidentemente in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.,) l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Censura la sentenza per non aver preso in esame la dichiarazione del legale rappresentante della società affittuaria che aveva confermato il mancato pagamento dei canoni e la dichiarazione di fallimento d i quest’ultima
I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
3.1. Questa Corte ha già avuto occasione di affermare il principio secondo cui il reddito degli immobili locati per fini diversi da quello abitativo -per i quali ultimi opera, invece, la deroga introdotta dall’art. 8 legge 9 dicembre 1988, n. 431 -è individuato in relazione al reddito locativo fin quando risulta in vita un contratto di locazione, con la
conseguenza che anche i canoni non percepiti per morosità costituiscono reddito tassabile, fino a che non sia intervenuta la risoluzione del contratto o un provvedimento di convalida dello sfratto, atteso che il criterio di imputazione di tale reddito è costituito dalla titolarità del diritto reale, a prescindere dalla sua effettiva percezione (Cass 29/09/2020, n. 20661, Cass. 09/05/2019, n. 12332, Cass. 28/09/2016, n. 19240).
L’applicazione, al caso di specie, dell’art. 26 cit., non ne implica un’interpretazione costituzionalmente illegittima, in quanto, come già osservato dalla giurisprudenza costituzionale, la capacità contributiva desumibile dal presupposto economico al quale l’imposta è collegata, può essere ricavata, in linea di principio, da qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore, salvo il controllo di costituzionalità (Corte Cost., n. 362 del 2000). Secondo quanto precisato dalla stessa Corte Costituzionale, il sistema che fa riferimento per la determinazione del reddito dei fabbricati al canone risultante dal contratto di locazione è del tutto eccezionale e deve armonizzarsi nel contesto di un sistema che pone la regola per cui i redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessivo indipendentemente dalla percezione. Sicché esso potrà operare nel tempo solo fin quando risulterà in vita un contratto di locazione e quindi sarà dovuto un canone in senso tecnico. Quando, invece, la locazione (rapporto contrattuale) sia cessata per scadenza del termine (art. 1596 cod. civ.) ed il locatore pretenda la restituzione essendo in mora il locatario per il relativo obbligo, ovvero quando si sia verificata una qualsiasi causa di risoluzione del contratto, ivi comprese quelle di inadempimento in presenza di clausola risolutiva espressa e di dichiarazione di avvalersi della clausola (art. 1456 cod. civ.), o di risoluzione a seguito di diffida ad adempiere (art. 1454 cod. civ.), tale riferimento al reddito locativo non sarà più praticabile, tornando in
vigore la regola generale (Cass. n. 12332 del 2019 cit., Cass. n. 19240 del 2016, cit).
Nel caso di specie, trattandosi di immobili locati a fini commerciali, non è dubbio che i canoni di locazione non percepiti nell’anno 2007 dovevano comunque essere dichiarati e concorrere alla formazione del reddito.
3.2. Solo a seguito della registrazione della risoluzione i canoni di locazione non sono più soggetti ad imposizione trovando applicazione l’ordinaria tassazione catastale dell’immobile.
Infatti, con specifico riferimento ai contratti di locazione, si ricorda che gli articoli 3 e 17 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 individuano in maniera esplicita gli eventi successivi alla conclusione del contratto che devono essere autonomamente assoggettati a registrazione e tra questi vi è anche la risoluzione che, pertanto, deve essere registrata in termine fisso, anche se stipulata verbalmente o se il relativo contratto venga redatto nella forma della scrittura privata non autenticata. La risoluzione, quindi, rientra tra gli eventi che devono obbligatoriamente essere portati a conoscenza dell’Amministrazione finanziaria secondo le modalità di cui all’art. 17 cit.
La registrazione dell’accordo risolutivo costituisce, dunque, un obbligo fiscale alla cui omissione consegue il persistere dell’obbligazione tributaria. La mancata esecuzione di tale formalità rende tale atto, con specifico riferimento alla presunta data della risoluzione del contratto, inopponibile all’Amministrazione Finanziaria.
3.3. Ai sensi dell’art. 2704 cod. civ.. la data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è certa e computabile riguardo ai terzi se non dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di coloro che l’hanno sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici o, infine, dal giorno
in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo ugualmente certo l’anteriorità della formazione del documento.
La Corte ha già chiarito che sulla base della normativa tributaria vigente, nella nozione di terzo cui fa riferimento l’art. 2704 cod. civ. è compresa anche l’Amministrazione finanziaria, titolare di un diritto di imposizione in qualche misura collegato al negozio documentato e suscettibile di pregiudizio per effetto di esso (cfr. Cass. 03/06/2021, n. 15352).
3.4. La C.t.r. si è attenuta a questi principi. Ha ritenuto, infatti, che, trattandosi di locazione commerciale, i canoni concorressero alla determinazione del reddito del 2007 anche se non percepiti; che la risoluzione del contratto era stata registrata solo nel 2008 e che la scrittura rilasciata il 10 dicembre 2007, anche a volerla considerare, era anch’essa intempestiva.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Non deve procedersi alla liquidazione delle spese in mancanza di attività difensiva dell’intimat a.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2023.