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Canone sostitutivo pubblicità: quando non si applica

La Corte di Cassazione ha chiarito che, per sostituire l’Imposta Comunale sulla Pubblicità (ICP) con il canone sostitutivo pubblicità (CIMP), non è sufficiente l’approvazione di un Piano Generale degli Impianti. È necessario un apposito atto regolamentare. In sua assenza, continua ad applicarsi la precedente disciplina dell’ICP. La Corte ha quindi respinto il ricorso di una società che chiedeva il rimborso delle somme versate, ritenendo legittimo l’operato del Comune che aveva continuato ad applicare l’ICP insieme a un canone di locazione per l’occupazione di suolo pubblico.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Canone sostitutivo pubblicità: se manca il regolamento, resta la vecchia imposta

L’introduzione del canone sostitutivo pubblicità (noto come CIMP) al posto della tradizionale Imposta Comunale sulla Pubblicità (ICP) è una facoltà concessa ai Comuni, ma richiede il rispetto di precisi passaggi formali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per un cambio di regime fiscale non basta un atto di pianificazione, ma serve un vero e proprio regolamento. In mancanza, le aziende devono continuare a pagare la vecchia imposta. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti del caso

Una società operante nel settore pubblicitario aveva presentato istanza di rimborso a un Comune, sostenendo di aver pagato per diversi anni un’imposta sulla pubblicità superiore a quanto dovuto. Secondo la società, il Comune avrebbe dovuto applicare il canone sostitutivo pubblicità (CIMP), che per legge non può superare di oltre il 25% le tariffe della precedente imposta. Il Comune, invece, aveva continuato ad applicare l’Imposta Comunale sulla Pubblicità (ICP), sommandovi un canone per l’occupazione delle aree pubbliche. La richiesta di rimborso era stata respinta, e la controversia era approdata in tribunale, arrivando fino alla Corte di Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale della pronuncia è che il Comune in questione non aveva mai formalmente adottato il regolamento necessario per istituire il CIMP e, di conseguenza, per abrogare il precedente regime dell’ICP. Pertanto, l’operato dell’amministrazione comunale era da considerarsi legittimo.

Le motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su una serie di argomentazioni giuridiche chiare e distinte.

Natura del Piano Generale degli Impianti e il canone sostitutivo pubblicità

Il primo punto affrontato riguarda la differenza tra un atto di pianificazione e un atto normativo. La società ricorrente sosteneva che l’adozione del Piano Generale degli Impianti (PGI) da parte del Comune fosse sufficiente per introdurre il CIMP. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che il PGI ha una valenza ‘pianificatoria’, serve cioè a regolare la distribuzione e la localizzazione degli impianti sul territorio. Non ha, invece, la natura di un ‘regolamento’, l’unico strumento idoneo a introdurre, modificare o abrogare un tributo. Per passare dall’ICP al canone sostitutivo pubblicità, il Comune avrebbe dovuto approvare un atto regolamentare specifico, cosa che non era avvenuta.

Gli effetti dell’annullamento di un’ordinanza tariffaria

Un altro elemento cruciale era l’annullamento, da parte del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), di una precedente ordinanza sindacale che aveva fissato le tariffe. Secondo i giudici, questo annullamento non ha fatto altro che rafforzare la tesi della vigenza del vecchio regime. L’annullamento di un atto che introduce un nuovo sistema tariffario (in questo caso, quello legato al mai nato CIMP) ha l’effetto di far ‘rivivere’ la disciplina precedente. Di conseguenza, l’ICP era l’unica imposta legittimamente applicabile.

Cumulabilità tra imposta sulla pubblicità e canone di occupazione

La Corte ha inoltre confermato un principio consolidato: l’Imposta Comunale sulla Pubblicità e il canone per l’occupazione di suolo pubblico (o di locazione/concessione) sono due prelievi distinti e cumulabili. Il primo ha natura tributaria e colpisce la diffusione del messaggio pubblicitario in sé. Il secondo ha natura patrimoniale e rappresenta il corrispettivo per l’utilizzo di un bene pubblico. Pertanto, il Comune ha agito correttamente nel richiedere entrambi i pagamenti.

Inammissibilità per difetto di autosufficienza

Infine, una parte del ricorso è stata dichiarata inammissibile per ragioni procedurali. La società non aveva adeguatamente riportato nel suo ricorso i contenuti degli atti impositivi, impedendo alla Corte di verificare concretamente le modalità di calcolo del canone di locazione contestato. Questo ribadisce l’importanza del principio di autosufficienza, secondo cui il ricorso deve contenere tutti gli elementi per essere deciso senza che i giudici debbano cercare altrove le informazioni.

Le conclusioni

La sentenza offre un’indicazione chiara per le imprese e le amministrazioni comunali. Il passaggio dall’Imposta Comunale sulla Pubblicità al canone sostitutivo pubblicità non è automatico né può essere desunto da atti generici di pianificazione. È indispensabile un’espressa volontà del Comune, manifestata attraverso l’adozione di un apposito regolamento. In assenza di tale atto, le aziende sono tenute a versare l’ICP secondo le regole preesistenti. Questa pronuncia garantisce certezza giuridica, evitando che atti amministrativi con finalità diverse possano incidere in modo implicito sul sistema tributario locale.

Un Comune può sostituire l’imposta sulla pubblicità (ICP) con il canone sostitutivo (CIMP) solo approvando un Piano Generale degli Impianti (PGI)?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il PGI è un atto di pianificazione territoriale e non un regolamento. Per istituire il CIMP è necessario un apposito e specifico atto regolamentare approvato dal consiglio comunale.

Cosa succede se il giudice amministrativo annulla un’ordinanza comunale che fissa le tariffe di un nuovo tributo?
L’annullamento dell’atto che introduce il nuovo regime tariffario comporta la ‘reviviscenza’, ovvero il ripristino della disciplina tributaria precedentemente in vigore. Nel caso di specie, ha significato il mantenimento dell’Imposta Comunale sulla Pubblicità (ICP).

L’imposta comunale sulla pubblicità (ICP) e un canone per l’occupazione di suolo pubblico sono cumulabili?
Sì. La Corte ha confermato che si tratta di due prelievi con presupposti diversi. L’ICP ha natura tributaria e colpisce il messaggio pubblicitario, mentre il canone per l’occupazione ha natura patrimoniale e costituisce il corrispettivo per l’uso di un bene pubblico. Possono quindi essere richiesti entrambi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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