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Canone occupazione suolo pubblico: vince il criterio utenze

Una società di distribuzione energetica ha contestato il metodo di calcolo del canone occupazione suolo pubblico, sostenendo che dovesse basarsi sulla superficie effettiva occupata. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la normativa specifica per i fornitori di servizi pubblici impone un calcolo forfettario basato sul numero totale di utenze servite. La sentenza chiarisce anche che tale canone (di natura corrispettiva) può coesistere con la tassa preesistente (TOSAP, di natura tributaria), prevedendo una detrazione dell’importo minore da quello maggiore.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Canone Occupazione Suolo Pubblico: Utenze battono Metri Quadrati

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione cruciale per le aziende di servizi pubblici e gli enti locali: come si calcola il canone occupazione suolo pubblico per infrastrutture come cavi, condutture e impianti? La Corte ha stabilito che il criterio corretto non è quello basato sulla misurazione fisica dell’occupazione, ma un metodo forfettario basato sul numero di utenze servite. Questa decisione ha importanti implicazioni per la determinazione dei costi a carico delle utility e delle entrate per le amministrazioni pubbliche.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla notifica di una cartella di pagamento da parte di una Città Metropolitana a una grande società di distribuzione di energia elettrica. L’ente locale richiedeva il pagamento di una somma a titolo di “canoni per l’occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche” per gli anni 2003 e 2004.

La società si opponeva, contestando il metodo di calcolo. A suo avviso, il canone era stato erroneamente calcolato secondo un criterio “formalistico”, basato sul numero di utenze e sull’arrotondamento al chilometro superiore per ogni singola occupazione, portando a una triplicazione dell’importo dovuto. La società sosteneva invece l’applicazione di un criterio “sostanzialista”, fondato sulla sommatoria effettiva delle aree occupate. Inoltre, lamentava che l’ente avesse illegittimamente sottratto l’importo della TOSAP (Tassa per l’Occupazione di Spazi ed Aree Pubbliche) dal nuovo canone (CCNR), mentre avrebbe dovuto essere il contrario, considerando la TOSAP come tetto massimo del prelievo.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le ragioni della società, confermando la legittimità dell’operato dell’ente locale. La questione è quindi approdata in Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione sul canone occupazione suolo pubblico

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando le sentenze dei precedenti gradi di giudizio. I giudici hanno chiarito in modo definitivo che la normativa introdotta con la legge finanziaria per l’anno 2000 (L. n. 488/1999) ha stabilito un criterio di calcolo specifico e derogatorio per le occupazioni permanenti realizzate dalle aziende erogatrici di pubblici servizi.

Questo criterio, definito “per utenze”, prevede che il canone sia commisurato al numero complessivo delle utenze finali servite nel territorio, e non più alla superficie fisica occupata. Si tratta di una lex specialis che prevale sulle norme generali previste dal Codice della Strada o dalla disciplina sulla TOSAP.

Distinzione e Coordinamento tra Canone (CCNR) e Tassa (TOSAP)

Un punto centrale della decisione riguarda la natura e il rapporto tra il Canone Concessorio Non Ricognitorio (CCNR) e la Tassa per l’Occupazione di Spazi ed Aree Pubbliche (TOSAP). La Corte ribadisce che si tratta di due istituti diversi:

* TOSAP: è un’entrata di natura tributaria.
* CCNR (o COSAP): è un’entrata di natura patrimoniale, ovvero il corrispettivo per una concessione all’uso di un bene pubblico.

La legge (art. 63 del D.Lgs. n. 446/1997) consente agli enti locali di sostituire la TOSAP con il canone, ma permette anche la loro coesistenza. In quest’ultimo caso, come avvenuto nella fattispecie, la norma non stabilisce che la TOSAP sia un limite invalicabile. Al contrario, prevede un meccanismo di conguaglio: dall’importo maggiore si detrae quello minore. L’ente locale aveva correttamente calcolato il CCNR (maggiore) e da questo aveva sottratto la TOSAP (minore), richiedendo alla società il pagamento della differenza.

Le Motivazioni

La Corte fonda la sua decisione su un’attenta analisi del quadro normativo. L’art. 18 della Legge n. 488/1999, modificando l’art. 63 del D.Lgs. n. 446/1997, ha introdotto un regime speciale per le aziende di servizi pubblici. La lettera f) del comma 2 di tale articolo stabilisce inequivocabilmente che, per le occupazioni con cavi e condutture, il canone è determinato forfettariamente in base al “numero complessivo delle relative utenze”.

Questo criterio letterale, secondo la Corte, non lascia spazio a interpretazioni diverse. I vecchi criteri “sostanzialisti”, legati alla misurazione fisica e previsti dalla normativa sulla TOSAP (D.Lgs. 507/1993), non possono essere applicati perché le due forme di prelievo hanno origini e presupposti normativi distinti. Il legislatore ha voluto creare un sistema forfettario semplificato per le grandi reti di servizi, ancorandolo a un dato oggettivo e facilmente verificabile come il numero di clienti finali.

Inoltre, la Corte ha respinto l’argomentazione della società secondo cui la TOSAP costituirebbe la “misura massima del prelievo applicabile”. Il testo della legge è chiaro nel prevedere una semplice detrazione tra i due importi (canone e tassa), senza porre alcun tetto. L’operato dell’amministrazione, che ha chiesto il pagamento della differenza tra il canone calcolato sul numero di utenze e la tassa già versata, è stato quindi ritenuto pienamente legittimo.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale per il settore dei servizi pubblici e per le finanze degli enti locali. Le aziende che occupano il suolo pubblico con le loro reti devono calcolare il canone dovuto basandosi sul numero di utenti serviti e non sull’estensione delle infrastrutture. Questo fornisce un criterio di calcolo certo e standardizzato, che semplifica la determinazione del dovuto.

Per gli enti locali, la decisione conferma la legittimità di richiedere il pagamento sulla base di questo criterio forfettario, anche in presenza della TOSAP, garantendo entrate correlate all’effettiva diffusione del servizio sul territorio. La Corte ha così bilanciato l’esigenza di semplificazione per le imprese con quella di assicurare agli enti pubblici un giusto corrispettivo per l’utilizzo dei propri beni.

Come si calcola il canone per l’occupazione del suolo pubblico da parte di aziende erogatrici di servizi (es. energia, gas, telecomunicazioni)?
La sentenza stabilisce che il canone deve essere calcolato con un criterio forfettario basato sul “numero complessivo delle relative utenze” servite nel territorio provinciale o comunale, e non sulla base dei metri lineari o della superficie fisica occupata dall’infrastruttura.

Il canone per l’occupazione (CCNR/COSAP) e la tassa sull’occupazione (TOSAP) possono coesistere?
Sì, la Corte chiarisce che i due prelievi possono coesistere. La normativa prevede che, in tal caso, dall’importo complessivo del canone dovuto vada detratto l’eventuale importo già versato a titolo di tassa, o viceversa. In pratica, è dovuta la differenza se uno dei due importi è maggiore dell’altro.

La Tassa sull’Occupazione del Suolo Pubblico (TOSAP) rappresenta un tetto massimo all’importo che l’ente locale può richiedere?
No. La Corte ha specificato che la legge non definisce la TOSAP come la misura massima del prelievo applicabile. Il meccanismo previsto è quello di una detrazione tra le due diverse misure (canone e tassa), non l’imposizione di un limite massimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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