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Canone occupazione suolo pubblico: quando è dovuto?

Una società editoriale ha contestato la richiesta di pagamento del Canone occupazione suolo pubblico per un chiosco e un traliccio. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18695/2025, ha accolto il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: per l’applicazione del canone non è sufficiente la mera proprietà dell’area da parte del Comune, ma è necessario che sia provata l’effettiva destinazione del suolo a uso pubblico, facendolo rientrare nel demanio o nel patrimonio indisponibile. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione basata su questo criterio.

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Pubblicato il 2 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Canone Occupazione Suolo Pubblico: Proprietà Comunale non Basta, Serve l’Uso Pubblico

L’applicazione del Canone occupazione suolo pubblico (COSAP) è un tema di costante dibattito tra enti locali e imprese. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 18695 del 2025, ha fornito un chiarimento cruciale sui presupposti necessari per la sua imposizione. La Corte ha stabilito che non è sufficiente la semplice proprietà di un’area da parte del Comune, ma è indispensabile dimostrare che quel suolo sia effettivamente destinato all’uso pubblico, rientrando così nel demanio o nel patrimonio indisponibile dell’ente. Analizziamo insieme la vicenda e la portata di questa importante decisione.

I Fatti di Causa: Un Chiosco, un Traliccio e la Richiesta del Comune

Una nota società editoriale, avendo la disponibilità di un chiosco e di un traliccio situati su un’area nel territorio di un Comune laziale, si è vista richiedere il pagamento del COSAP. Ritenendo il canone non dovuto, la società ha avviato un’azione legale per ottenere una sentenza di accertamento negativo del debito. La questione centrale era stabilire la natura giuridica delle aree occupate dai manufatti: si trattava di suolo pubblico soggetto a canone oppure no?

L’Iter Giudiziario: Dalla Vittoria in Primo Grado alla Riforma in Appello

Inizialmente, il Tribunale di primo grado aveva dato ragione alla società, escludendo l’obbligo di pagamento. Tuttavia, la Corte d’Appello, accogliendo l’impugnazione del Comune, ha ribaltato la decisione. Secondo i giudici d’appello, il canone era dovuto perché:
1. Il traliccio sorgeva su un’area di proprietà del Comune, come risultava da un atto di compravendita.
2. Il chiosco insisteva su una porzione di viabilità pubblica, identificata come un allargamento di un’antica strada consolare.
La Corte d’Appello ha quindi concluso che la natura pubblica delle aree giustificava la pretesa del Comune.

La Decisione della Cassazione sul Canone Occupazione Suolo Pubblico

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello, accogliendo il motivo di ricorso della società. I giudici supremi hanno rilevato un errore di diritto fondamentale nel ragionamento della Corte territoriale. L’articolo 63 del D.Lgs. 446/1997, che istituisce il COSAP, stabilisce chiaramente che il presupposto per la sua applicazione è l’occupazione di “strade, aree e relativi spazi […] appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile”.

Le Motivazioni: La Distinzione Cruciale tra Proprietà e Destinazione Pubblica

La motivazione della Cassazione si fonda su una distinzione netta e fondamentale nel diritto amministrativo: quella tra la mera proprietà di un bene in capo a un ente pubblico e la sua appartenenza al demanio o al patrimonio indisponibile. Quest’ultima condizione non discende automaticamente dal titolo di proprietà, ma richiede un elemento ulteriore: la cosiddetta “destinazione ad uso pubblico”.

La Corte ha spiegato che, affinché un’area possa essere considerata demanio stradale (art. 822 c.c.), non basta che il Comune ne sia proprietario. È necessario che l’ente, con un atto o un comportamento concludente, manifesti la volontà di destinare quel bene all’uso della collettività. L’acquisto di un terreno tramite un normale contratto di compravendita non è, di per sé, sufficiente a imprimere tale vincolo.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello ha commesso un errore perché:
– Per il traliccio, si è limitata a constatare la proprietà del Comune, senza accertare se l’area fosse stata successivamente destinata all’uso pubblico.
– Per il chiosco, ha usato espressioni generiche come “porzione di viabilità pubblica” e “allargamento della viabilità” senza verificare se quella specifica porzione di suolo fosse stata effettivamente e formalmente destinata alla circolazione pubblica di pedoni, veicoli e animali.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Cassazione rafforza un principio di garanzia per i cittadini e le imprese. Per poter legittimamente richiedere il Canone occupazione suolo pubblico, un Comune non può limitarsi a invocare un titolo di proprietà. Ha l’onere di provare in modo rigoroso che l’area occupata appartiene al suo demanio o al suo patrimonio indisponibile, ovvero che è stata oggetto di una specifica e inequivocabile destinazione all’uso pubblico. Questa pronuncia offre quindi uno strumento di difesa più solido per contestare richieste di pagamento del COSAP che si basino su presupposti incerti o non adeguatamente dimostrati dall’ente impositore. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello, che dovrà ora riesaminare i fatti attenendosi a questo vincolante principio di diritto.

Per richiedere il Canone occupazione suolo pubblico (COSAP) è sufficiente che l’area sia di proprietà del Comune?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha stabilito che, oltre alla proprietà, il Comune deve dimostrare che l’area sia effettivamente destinata all’uso pubblico, facendola rientrare nel demanio o nel patrimonio indisponibile.

Quale errore ha commesso la Corte d’Appello nel suo giudizio?
La Corte d’Appello ha erroneamente dato per scontato che la proprietà comunale di un’area o la sua qualificazione generica come “porzione di viabilità pubblica” fossero sufficienti a giustificare l’applicazione del COSAP, senza verificare l’effettiva e formale destinazione dell’area all’uso pubblico.

Cosa succede ora nel caso specifico?
La sentenza della Corte d’Appello è stata annullata. Il caso è stato rinviato alla stessa Corte d’Appello, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la questione attenendosi al principio di diritto stabilito dalla Cassazione, ovvero accertando se le aree in questione fossero state validamente destinate all’uso pubblico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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