Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18695 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18695 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 24753 del ruolo generale dell’anno 2023 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE. , con sede in Milano, INDIRIZZO (c.f.: P_IVA), in persona del suo Amministratore delegato e legale rappresentante in carica, Avvocato NOME COGNOME (c.f.: CODICE_FISCALE: doc. XIX), rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME (c.f.: CODICE_FISCALE), del Foro di Roma, iscritto all’Albo Speciale, nel suo domicilio eletto presso lo Studio dell’Avvocato NOME COGNOME stesso, in Roma, alla INDIRIZZO in virtù di procura rilasciata su foglio separato, da intendersi apposta in calce al ricorso ex artt. 83, comma III°, c.p.c. e 8, D.P.C.M. 40/2016. Le comunicazioni processuali possono essere inviate a mezzo facsimile all’utenza NUMERO_TELEFONO, o all’indirizzo di posta elettronica certificata: EMAIL
Ricorrente
contro
Comune di Rocca di Papa , con sede in Rocca di Papa, INDIRIZZO Codice Fiscale P_IVACODICE_FISCALE Partita Iva P_IVA, in persona del Sindaco pro tempore, NOME
COGNOME nato a Marino (RM) il 03/07/1975 (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, in virtù della Deliberazione della Giunta Comunale n. 80 del 07/12/2023 e successiva Determinazione Originale del Settore Bilancio e Sviluppo n. 1591 del 13/12/2023, dall’Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Roma, INDIRIZZO giusta procura speciale in calce al controricorso che dichiara di voler ricevere eventuali comunicazioni da parte della Cancelleria di codesto Ufficio e/o gli atti di causa, nei modi e termini di legge, al n.ro di fax NUMERO_TELEFONO o all’indirizzo di posta elettronica: EMAIL
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n° 3107 depositata il 3 maggio 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- il Sole 24 ore s.p.a. -avendo la disponibilità di un chiosco e di un traliccio sul sito di Monte Cavo Vetta nel Comune di Rocca di Papa -conveniva in giudizio davanti al tribunale di Velletri il Comune di Rocca di Papa, chiedendo di accertare che non era dovuto il Canone di occupazione spazi ed aree pubbliche (Cosap) per quei manufatti.
2 .-Il tribunale riteneva fondata la domanda, ma la Corte d’appello di Roma, adita dal Comune, ne accoglieva l’impugnazione e rigettava la domanda di accertamento negativo della Sole 24 ore s.p.a.
Osservava la Corte che, a parte gli accertamenti del tecnico del Comune e del Responsabile dell’Ufficio Urbanistico che avevano confermato la natura pubblica delle aree su cui erano stati collocati il chiosco ed il traliccio, lo stesso c.t.u. nominato dal Tribunale, nel
rispondere ai quesiti puntualmente postigli dal Giudicante, aveva affermato che il traliccio si trovava su area di proprietà del Comune di Rocca di Papa per atto di compravendita davanti al dottor NOME COGNOME, notaio in Marino, del giorno 30 settembre 2000.
Quanto al chiosco, erano condivisibili le conclusioni del c.t.u., ingegner COGNOME contenute in una relazione resa in un diverso giudizio, ma depositata anche in quello presente, dalla quale si evinceva come il box insistesse su un’area costituente porzione di viabilità pubblica, e segnatamente della antica INDIRIZZO INDIRIZZO e che, in particolare, tale area costituiva ‘ un allargamento della viabilità, a formare un pianoro che poi prosegue conformato con viabilità chiusa ad anello, intorno alla sommità del promontorio (…) ‘.
In conclusione, dato che la strada in questione congiungeva il centro abitato di Rocca di Papa con la località periferica denominata Monte INDIRIZZO e rientrante nel territorio dello stesso Comune, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n° 285/1992, quella strada era comunale, con la conseguenza che il Comune poteva pretendere un Canone per l’occupazione di suolo pubblico.
3 .- Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Il sole 24 ore s.p.aRAGIONE_SOCIALE, affidando il gravame a cinque motivi.
Resiste il Comune che conclude per l’inammissibilità dei mezzi e, in ogni caso, per la loro reiezione.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo -formulato ai sensi dell’art. 360 n° 4 cod. proc. civ. e rubricato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 115, e 132 n. 4, c.p.c., per erronea percezione delle risultanze probatorie, della situazione fattuale e di quella giuridica della fattispecie in giudizio -illogicità ‘ -la ricorrente lamenta che la Corte abbia
rigettato la domanda di accertamento negativo pretermettendo del tutto quanto risultante dai documenti di causa, dai quali emergeva la non riconducibilità ad essa ricorrente delle ‘ strutture trasmissive ‘; che l’area sulla quale insistevano i manufatti non era compresa né nel Demanio comunale, né nel Patrimonio indisponibile; che i manufatti presenti sull’area non potevano considerarsi unità immobiliari; che, a tutto concedere, il soggetto passivo del Canone andava indentificato col soggetto che occupava l’area, ossia con la RAGIONE_SOCIALE
5 .- Il mezzo è inammissibile per più ragioni.
Anzitutto per la genericità delle argomentazioni in esso esposte, consistenti in enunciazioni di principi prive di agganci alla motivazione della sentenza impugnata.
Il motivo è poi inammissibile anche perché censura, in modo altrettanto generico, l’apprezzamento delle prove effettuata dalla Corte territoriale: valutazione che non può essere censurata in sede di legittimità, se non allegando che il giudice abbia operato in assenza di diversa indicazione normativa -al di fuori del ” prudente apprezzamento “, pretendendo di attribuire alla prova un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, ancora, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, e il giudice abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento.
La ricorrente, per contro, deduce che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento, ma in tal caso la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione.
Inoltre, come pure ribadito da SS.UU. 20867 del 30/09/2020, la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato
espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.
In conclusione, il mezzo è inammissibile.
5 .- Col secondo mezzo -formulato ai sensi dell’art. 360 n° 3 ed intitolato ‘ violazione e falsa applicazione della norma ex art. 63, comma I, d.lgs. 446/1997 violazione e falsa applicazione dell’artt. 822, 826 e 2700 c.c. e 75, 132, n. 4, 115 e 116 c.p.c. ‘ -la ricorrente deduce che la Corte abbia rigettato la domanda di accertamento negativo nonostante il Comune non avesse dato prova della appartenenza al Demanio o al Patrimonio indisponibile dell’area in questione, mentre sussisteva prova che i manufatti tassati dal Comune col Canone di occupazione appartenevano a terzi.
6 .- Il secondo motivo di ricorso è fondato nei termini che seguono e che sono già stati illustrati in precedenti decisioni di questa stessa Corte, rese in fattispecie sovrapponili alla presente (Cass., sez. I, 20 dicembre 2024, n° 33491 e Cass., sez. I, 20 dicembre 2024, n° 33562).
L’art. 63, primo comma, del d.lgs. n° 446/1997 stabilisce che i Comuni possano istituire un Canone per l’occupazione dello spazio e di aree pubbliche (Cosap, in sostituzione della Tassa, Tosa) a carico di chi occupa ‘ strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile ‘.
Il presupposto per l’applicazione del Canone è, dunque, che l’area occupata appartenga al Demanio del Comune o al suo Patrimonio indisponibile.
Ora, è vero che le strade, ai sensi dell’art. 822, secondo comma, cod. civ., fanno necessariamente parte del Demanio (statale, provinciale o comunale, a seconda dell’Ente al quale appartengono), ma è anche vero che, affinché un suolo possa essere così qualificato, occorre anzitutto che esso risulti di proprietà dell’ente pubblico territoriale in base a un atto o a un fatto (convenzione, espropriazione, usucapione, ecc.) idoneo a trasferirne il dominio e, secondariamente, che esso venga destinato, con una manifestazione di volontà anche tacita dell’ente, all’uso pubblico ( ex multis : Cass., sez. II, 28 settembre 2010, n° 20405).
Non ha, dunque, rilievo l’art. 2 del cod. strada, in quanto la classificazione delle strade come ‘ comunali ‘ (quando esse ‘ quando congiungono il capoluogo del comune con le sue frazioni o le frazioni fra loro ‘), è fatta ai soli fini dell’applicazione dello stesso codice (art. 2, primo comma) e, comunque, presuppone che la porzione di suolo così definita sia già sottoposta ‘ ad uso pubblico ‘ e ‘ destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali ‘.
Quanto agli altri beni immobili, non ricompresi nell’elenco della citata norma del codice civile, essi possono ricadere (non solo nel Demanio o nel Patrimonio indisponibile, ma anche) nel Patrimonio disponibile del Comune.
Ora è evidente l’errore in diritto che la ricorrente imputa alla Corte territoriale: errore consistito nell’aver dato rilievo ad elementi giuridici non dirimenti al fine di predicare la sussistenza dei presupposti per il Cosap.
La Corte, infatti, quanto al traliccio, afferma che esso sarebbe ubicato su un’area identificata catastalmente dal foglio 11, particella n° 905 ( ex 179), di proprietà del Comune di Rocca di Papa in virtù di atto di compravendita davanti al dottor NOME COGNOME, notaio in Marino, del giorno 30 settembre 2000.
Quanto, invece, al chiosco, la Corte -facendo proprie le conclusioni del c.t.u. contenute nella relazione stesa in un altro giudizio -afferma che il box insiste su un’area costituente porzione di viabilità pubblica, e segnatamente della antica INDIRIZZO INDIRIZZO e che, in particolare, tale area costituiva ‘ un allargamento della viabilità, a formare un pianoro che poi prosegue conformato con viabilità chiusa ad anello, intorno alla sommità del promontorio (…) ‘.
È, tuttavia, evidente che l’area su cui sorge il traliccio per poter dare diritto al Comune di esigere il Canone d’occupazione dovrebbe appartenere al suo Demanio o al suo Patrimonio indisponibile, sicché l’elemento in sé della proprietà dell’area per acquisto fattone con le forme di diritto privato non vale ad integrare il presupposto previsto dall’art. 63, primo comma, del d.lgs. n° 446/1997.
Quanto al chiosco, invece, la Corte da un lato afferma che esso insiste su un punto ‘ costituente porzione di viabilità pubblica ‘ (dal che sembra potersi desumere che il manufatto si trovi proprio sulla strada che passa sul INDIRIZZO) e dall’altro afferma che ‘ tale area costituiva un allargamento della viabilità, a formare un pianoro ‘ (dando così a vedere che il manufatto si trovi su un suolo distinto dalla strada stessa).
In entrambi i casi è mancato l’accertamento della destinazione della porzione di suolo così definita ‘ ad uso pubblico ‘ e ‘ destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali ‘.
7 .- Con la terza doglianza -formulata ai sensi dell’art. 360 n° 3 e/o n° 5 e rubricata ‘ violazione degli artt. 75, 132, n. 4, 115 e 116 c.p.c. ‘ -la ricorrente lamenta che la Corte abbia fondato la sua decisione su una c.t.u. espletata in un diverso giudizio e, comunque, erronea, senza dare alcun peso alle varie allegazioni difensive dell’attrice.
Col quarto motivo -formulato ai sensi dell’art. 360 n° 5 cod. proc. civ. ed intitolato ‘ omesso e viziato esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti in riferimento agli artt. 75, 115, 116 e 132, n. 4, c.p.c., in combinato disposto con gli artt. 2697 e 2700 c.c. E dell’art. 38, comma v, d. Lgs 507/1993 ‘ -la ricorrente deduce che quanto dedotto nei precedenti motivi integra anche il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, avendo la Corte territoriale del tutto omesso di valutare le prove dedotte da essa ricorrente.
Col quinto motivo -dedotto ex art. 360 n° 4 cod. proc. civ. ed intitolato ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 132 c.p.c., stante la mancata applicazione degli artt. 63, comma I, d.lgs. 446/1997; 822, 826 e 2700 c.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., per omesso pronunciamento sotto il profilo della carenza di prova ‘ -la ricorrente deduce di aver argomentato in appello la carenza dei presupposti di legge, di legittimazione passiva e di prova mediante plurime illustrazioni, del tutto trascurate dal giudice di merito, che aveva proceduto ad esaminare i motivi di appello del Comune sulla mera base della loro riproposizione, come se fosse un ulteriore giudizio di primo grado.
8 .-L’accoglimento del secondo motivo di ricorso, nei termini precisati, rende superfluo l’esame dei motivi terzo, quarto e quinto, che devono ritenersi assorbiti nella presente sede e riesaminabili nel giudizio di rinvio.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata nei limiti del motivo accolto, con conseguente rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, a cui è demandata anche la decisione sulle spese di lite del giudizio di legittimità.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso. Accoglie il secondo nei sensi di cui in motivazione. Dichiara assorbiti i motivi
terzo, quarto e quinto. Cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in