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Canone occupazione suolo pubblico: quando è dovuto?

La Corte di Cassazione ha stabilito che il canone occupazione suolo pubblico (COSAP) è sempre dovuto quando vi è un’effettiva occupazione di un’area pubblica, anche se il mezzo specifico (in questo caso, dei gonfaloni pubblicitari) non è espressamente menzionato nel regolamento comunale in vigore all’epoca dei fatti. La Corte ha chiarito che l’obbligazione nasce dalla legge e dall’occupazione stessa, non dalla previsione regolamentare. L’inerzia dell’ente pubblico nel richiedere il pagamento non costituisce una rinuncia al credito. Di conseguenza, è stata annullata la decisione di merito che aveva escluso l’obbligo di pagamento basandosi sull’interpretazione della volontà delle parti e sul comportamento del Comune.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Canone occupazione suolo pubblico: la Cassazione stabilisce quando è obbligatorio

Il pagamento del canone occupazione suolo pubblico (COSAP) rappresenta una questione di rilievo per imprese e cittadini che utilizzano spazi pubblici per le proprie attività. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale: l’obbligo di pagamento sorge direttamente dalla legge e dall’effettiva occupazione, indipendentemente dal fatto che il regolamento comunale menzioni specificamente quel tipo di utilizzo. Questa decisione ribalta le sentenze di merito e rafforza il principio della cogenza della norma primaria.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla richiesta di pagamento del COSAP da parte di un Comune nei confronti di una società di servizi per l’installazione di gonfaloni pubblicitari avvenuta nel corso del 2002. La società si opponeva alla richiesta, sostenendo che il regolamento comunale applicabile in quell’anno, risalente al 2000, non prevedeva esplicitamente i “gonfaloni” tra i mezzi pubblicitari soggetti al canone. Solo un regolamento successivo, entrato in vigore l’anno seguente, avrebbe introdotto tale specifica previsione.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione alla società. I giudici di merito avevano interpretato il comportamento del Comune – che aveva richiesto il pagamento solo dopo diversi anni e con incertezza sui criteri di calcolo – come una prova della volontà delle parti di non considerare dovuta la tassa per quel tipo di installazione in base al regolamento del 2000. Secondo le corti inferiori, l’inerzia del Comune dimostrava che l’ente stesso non riteneva il vecchio regolamento un titolo idoneo a fondare la pretesa.

Il canone occupazione suolo pubblico e il principio di legalità

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Comune, ribaltando completamente la prospettiva. Gli Ermellini hanno chiarito che il presupposto oggettivo del canone occupazione suolo pubblico è l’occupazione stessa del suolo o dello spazio pubblico, come stabilito dalla legislazione nazionale (D.Lgs. 446/1997). Il canone è configurato come il corrispettivo di una concessione, reale o presunta (come nel caso di occupazione abusiva), per l’uso speciale di un bene pubblico.

I regolamenti comunali hanno il compito di disciplinare le modalità di calcolo e le tariffe, ma non di istituire l’obbligo, che deriva direttamente dalla legge. Pertanto, il fatto che il regolamento del 2000 non menzionasse espressamente i “gonfaloni” era irrilevante, poiché la sua portata era generale e si applicava a “occupazioni di qualsiasi natura”. La successiva modifica regolamentare del 2002 non ha introdotto un nuovo presupposto impositivo, ma ha solo precisato il criterio di calcolo per quel particolare mezzo pubblicitario.

Le motivazioni

Nelle motivazioni, la Suprema Corte ha specificato che l’obbligazione di corrispondere il canone nasce con l’occupazione del demanio pubblico, con o senza titolo, e non può essere oggetto di trattativa privata. Di conseguenza, l’inerzia, anche se “deplorevole”, da parte del Comune nel richiedere il pagamento non può essere interpretata come una rinuncia al credito. Una tale rinuncia, per essere valida, richiederebbe per la pubblica amministrazione la forma scritta e non può essere desunta da comportamenti concludenti (per facta concludentia). Il diritto al canone si prescrive solo se non viene esercitato entro i termini di legge, ma non può essere annullato da un ritardo nell’azione di recupero.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello e ha rinviato la causa ad un’altra sezione della stessa Corte per un nuovo esame. Il principio di diritto affermato è chiaro: il COSAP è dovuto per qualsiasi occupazione di suolo pubblico, a prescindere da una menzione esplicita nel regolamento locale. Quest’ultimo definisce il come e il quanto pagare, ma non il se. La decisione sottolinea la preminenza della fonte legislativa e restringe drasticamente la possibilità di interpretare il comportamento della Pubblica Amministrazione come una rinuncia tacita ai propri crediti.

L’obbligo di pagare il canone per l’occupazione di suolo pubblico (COSAP) sorge solo se il tipo di occupazione è espressamente previsto dal regolamento comunale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di pagamento sorge direttamente dalla legge e dall’effettiva occupazione del suolo pubblico. Il regolamento comunale disciplina solo le modalità di applicazione e calcolo, ma non istituisce il presupposto del canone.

L’inerzia o il ritardo di un Comune nel richiedere il pagamento del COSAP può essere interpretata come una rinuncia al credito?
No. La Corte ha stabilito che l’inerzia del Comune non ha rilevanza, a meno che non siano decorsi i termini di prescrizione. Una rinuncia al credito da parte di una pubblica amministrazione non può essere presunta da comportamenti concludenti (per facta concludentia), ma richiede la forma scritta.

Qual è il presupposto oggettivo che fa nascere l’obbligo di pagare il COSAP?
Il presupposto oggettivo del canone è l’occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile del Comune. È l’utilizzo particolare o eccezionale del bene pubblico da parte di un singolo che genera l’obbligo di pagamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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