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Canone impianti pubblicitari: sì al doppio pagamento

Una società che installa cartelloni pubblicitari ha contestato la richiesta di pagamento di un canone per l’occupazione di suolo pubblico da parte di un Comune, ritenendolo un duplicato dell’imposta sulla pubblicità già versata. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo la piena legittimità del doppio pagamento. La sentenza chiarisce che il canone impianti pubblicitari e l’imposta sulla pubblicità hanno presupposti diversi: il primo remunera l’ente per l’uso speciale di un bene pubblico, mentre la seconda tassa la diffusione del messaggio pubblicitario in sé. Pertanto, i due oneri sono distinti e cumulabili.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Canone Impianti Pubblicitari: Sì al Cumulo con l’Imposta sulla Pubblicità

L’installazione di cartelloni pubblicitari su suolo pubblico comporta spesso un dubbio per le aziende del settore: quali oneri fiscali e patrimoniali sono dovuti? È legittimo che un Comune richieda sia il pagamento di un’imposta sulla pubblicità sia un canone impianti pubblicitari per l’occupazione del suolo? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito una risposta chiara, confermando la piena compatibilità tra i due prelievi.

I Fatti di Causa

Una società specializzata nell’installazione di manufatti per esposizioni pubblicitarie si era opposta a due avvisi di accertamento emessi da un Comune. L’ente locale richiedeva il pagamento di somme a titolo di canone di concessione per l’installazione di impianti pubblicitari su aree pubbliche. La società sosteneva di aver ricevuto solo un’autorizzazione e non una concessione, e che, in ogni caso, il canone sarebbe stato un’indebita duplicazione dell’imposta sulla pubblicità già assolta.

Mentre il Tribunale di primo grado aveva parzialmente accolto la domanda, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, ritenendo legittima la richiesta del Comune. Secondo i giudici di secondo grado, l’atto autorizzativo, comportando la sottrazione di uno spazio pubblico all’uso collettivo, aveva una natura sostanzialmente concessoria. Di conseguenza, era dovuto un corrispettivo. Contro questa decisione, la società ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione sul canone impianti pubblicitari

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, ritenendolo infondato su tutti i fronti. L’analisi della Corte si è concentrata su tre punti principali.

Nessun Vincolo da Sentenze Precedenti (Giudicato Esterno)

La ricorrente aveva invocato una precedente sentenza favorevole a un’altra società in una situazione analoga contro lo stesso Comune. La Corte ha respinto questo argomento, chiarendo che l’autorità del giudicato opera solo tra le stesse parti, per lo stesso oggetto e sulla base delle stesse ragioni giuridiche. Una sentenza emessa in un’altra causa, con parti diverse, non può avere alcun effetto vincolante.

La Piena Compatibilità tra Canone e Imposta

Questo è il cuore della decisione. La Cassazione ha confermato che il canone impianti pubblicitari e l’imposta sulla pubblicità sono oneri perfettamente compatibili. La loro coesistenza è legittima perché si fondano su presupposti completamente diversi. L’autorizzazione all’installazione su suolo pubblico, anche se formalmente tale, assume una natura concessoria quando consente un uso speciale e privativo di un’area pubblica. Tale uso giustifica la richiesta di un corrispettivo, definito ‘canone non ricognitorio’, che rappresenta la contropartita economica per il vantaggio che l’impresa ottiene dall’utilizzo del bene comune.

Inammissibilità del Motivo sull’Errore di Calcolo

Infine, la società aveva lamentato un presunto errore nel calcolo del canone, sostenendo che fosse stato commisurato alla superficie espositiva del cartello anziché a quella effettivamente occupata dal manufatto. La Corte ha dichiarato questo motivo inammissibile per ‘difetto di specificità’, poiché la ricorrente non aveva trascritto nel ricorso i passaggi pertinenti dell’atto di appello, impedendo alla Corte di verificare la fondatezza della censura.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Cassazione si basa su una distinzione fondamentale, consolidata sia dalla legge che dalla giurisprudenza.

1. L’Imposta sulla Pubblicità (disciplinata dal D.Lgs. 507/1993) è un tributo che colpisce la diffusione di messaggi pubblicitari come manifestazione di capacità contributiva. Il suo presupposto è il potenziale impatto economico del messaggio, indipendentemente dal fatto che l’impianto sia su suolo pubblico o privato. Si tratta di un’entrata di natura puramente fiscale.

2. Il Canone per l’Occupazione del Suolo Pubblico (in questo caso, un canone ‘non ricognitorio’) ha invece natura patrimoniale. Esso non tassa l’attività pubblicitaria, ma compensa la collettività per la sottrazione di uno spazio pubblico al suo uso generale. È il corrispettivo per il diritto di utilizzare in modo esclusivo una porzione di bene demaniale.

La stessa normativa, in particolare l’art. 9, comma 7, del D.Lgs. 507/1993, prevede espressamente che l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità non esclude il pagamento di canoni di concessione commisurati all’effettiva occupazione del suolo. La Corte ha quindi concluso che non vi è alcuna duplicazione d’imposta, ma due prelievi distinti, ciascuno con la propria logica e la propria base giuridica.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione consolida un principio di grande rilevanza per le imprese del settore pubblicitario e per gli enti locali. Per le aziende, significa che nella pianificazione dei costi per l’installazione di impianti su aree pubbliche, è necessario considerare sia l’onere fiscale (imposta sulla pubblicità) sia quello patrimoniale (canone di concessione/occupazione). Per i Comuni, viene confermata la legittimità di istituire e riscuotere entrambe le entrate, differenziandone correttamente i presupposti nei propri regolamenti, come avvenuto nel caso di specie.

Chi installa cartelli pubblicitari su suolo pubblico deve pagare sia il canone di concessione che l’imposta sulla pubblicità?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che i due pagamenti sono pienamente compatibili e cumulabili, in quanto si basano su presupposti giuridici e fattuali diversi: il canone remunera l’uso speciale del suolo pubblico, mentre l’imposta tassa la diffusione del messaggio pubblicitario.

Una sentenza favorevole ottenuta da un’altra azienda nella stessa situazione ha valore anche per la mia causa contro lo stesso Comune?
No. Una sentenza ha efficacia vincolante solo tra le parti specifiche di quel processo (principio del giudicato). Non può essere automaticamente estesa a un’altra causa, anche se simile, che coinvolge soggetti diversi.

L’atto con cui il Comune permette di installare un impianto è un’autorizzazione o una concessione?
Secondo la Corte, anche se l’atto è denominato ‘autorizzazione’, quando comporta l’installazione di manufatti su aree pubbliche sottraendole all’uso comune, assume una natura ‘sostanzialmente concessoria’. Questa natura giustifica la richiesta di un canone come corrispettivo per l’uso speciale del bene pubblico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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