LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Canone impianti pubblicitari: IVA e suolo pubblico

Una società ha contestato avvisi di pagamento per il canone impianti pubblicitari emessi da un comune, mettendo in discussione l’applicazione dell’IVA e i criteri di calcolo. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la locazione di impianti comunali è un’attività commerciale soggetta a IVA. Ha inoltre chiarito che, a differenza della concessione di suolo pubblico, il canone di locazione non deve essere necessariamente commisurato alla superficie di suolo occupata.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Canone Impianti Pubblicitari: La Cassazione chiarisce IVA e Criteri di Calcolo

La gestione degli impianti pubblicitari comunali è spesso fonte di complesse questioni legali, specialmente per quanto riguarda la natura e la tassazione dei corrispettivi dovuti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali sul canone impianti pubblicitari, affrontando due aspetti cruciali: l’applicabilità dell’IVA e i criteri per la sua determinazione. Questa decisione distingue nettamente tra la locazione di un bene comunale e la concessione di suolo pubblico, con importanti implicazioni per le aziende del settore e le amministrazioni locali.

Il caso: un contenzioso sul canone impianti pubblicitari

Una nota società operante nel settore della pubblicità esterna si era opposta a cinque avvisi di pagamento emessi da un grande Comune italiano. La richiesta, per un totale di circa 29.000 euro, riguardava il saldo del canone per la locazione di impianti pubblicitari di proprietà comunale per l’anno 2003.

La società aveva perso sia in primo grado che in appello. La Corte d’Appello, in particolare, aveva stabilito che le riduzioni tariffarie previste da alcune delibere comunali non si applicavano al caso di specie. Tali riduzioni, infatti, erano destinate esclusivamente ai canoni per la concessione di aree pubbliche su cui installare impianti privati, e non ai canoni per la locazione di impianti già di proprietà del Comune. Insoddisfatta, la società ha presentato ricorso in Cassazione.

I motivi del ricorso: Quattro punti chiave

Il ricorso della società si basava su quattro principali argomentazioni legali.

Applicazione dell’IVA

La società sosteneva che il canone di locazione non dovesse essere assoggettato a IVA.

Criterio di calcolo del canone

Secondo la ricorrente, il canone doveva essere calcolato in base all’effettiva occupazione di suolo pubblico da parte dell’impianto, e non sulla base della superficie espositiva, interpretando una specifica norma di settore (art. 9, comma 7, d.lgs. n. 507/1993).

Eccezione di giudicato esterno

La società ha eccepito per la prima volta in Cassazione l’esistenza di una precedente sentenza, divenuta definitiva tra le stesse parti, che avrebbe sancito il suo diritto a una riduzione del canone del 30%.

Motivazione perplessa della Corte d’Appello

Infine, la ricorrente lamentava che la motivazione della sentenza d’appello fosse confusa e incomprensibile nel distinguere tra canoni di concessione e canoni di locazione.

La decisione della Corte di Cassazione sul canone impianti pubblicitari

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo importanti chiarimenti su ciascun punto sollevato.

L’IVA è dovuta: l’ente pubblico come operatore economico

Pur rilevando che la Corte d’Appello aveva omesso di pronunciarsi sulla questione dell’IVA, la Cassazione ha deciso la questione nel merito. Ha affermato che quando un ente pubblico svolge un’attività economica in concorrenza con operatori privati, come la locazione di beni per scopo di lucro, agisce come un qualsiasi soggetto passivo d’imposta. La locazione di cartelloni pubblicitari non è un’attività esercitata in veste di ‘pubblica autorità’, ma un’operazione commerciale. Di conseguenza, il canone è soggetto a IVA.

Locazione vs. Concessione: una distinzione cruciale

La Corte ha respinto anche il secondo motivo, chiarendo l’interpretazione della normativa di riferimento. La legge distingue tra:
1. Canone di locazione: dovuto per l’uso di un impianto già esistente e di proprietà del Comune.
2. Canone di concessione: dovuto per ottenere il permesso di installare un impianto privato su suolo pubblico.

Secondo la Cassazione, solo il canone di concessione deve essere obbligatoriamente commisurato all’effettiva occupazione del suolo. Per il canone di locazione, invece, il criterio può legittimamente essere basato sulla superficie espositiva dell’impianto, trattandosi di un normale corrispettivo per l’utilizzo di un bene.

Inammissibilità degli altri motivi

Gli ultimi due motivi sono stati dichiarati inammissibili per ragioni procedurali.

Il giudicato esterno e il rimedio della revocazione

La Corte ha spiegato che se una sentenza rilevante diventa definitiva prima del deposito della decisione d’appello, la parte interessata non può farla valere per la prima volta in Cassazione. Lo strumento corretto per contestare la sentenza d’appello che ignora tale giudicato è la revocazione (art. 395 n. 5 c.p.c.), non il ricorso per cassazione.

Il vizio di motivazione dopo la riforma del 2012

Infine, la Corte ha ribadito che, a seguito della riforma del 2012, il vizio di motivazione è denunciabile in Cassazione solo in casi estremi: motivazione totalmente assente, meramente apparente, o contraddittoria in modo irriducibile. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva spiegato in modo chiaro e comprensibile le ragioni della sua decisione, distinguendo tra i due tipi di canone. Il tentativo della società di ottenere una diversa valutazione dei fatti è stato quindi giudicato inammissibile.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su una chiara distinzione concettuale e giuridica tra due diverse tipologie di rapporti tra l’ente pubblico e l’operatore privato. Da un lato, vi è la locazione di un bene patrimoniale disponibile del Comune (l’impianto pubblicitario), un’attività che rientra a pieno titolo nel campo delle operazioni economiche e commerciali. In questo contesto, il Comune agisce iure privatorum, ovvero come un privato, e pertanto le sue entrate sono soggette al regime IVA, per non creare distorsioni della concorrenza. Il corrispettivo, in questo caso, è liberamente determinato in base alle caratteristiche del bene locato, come la sua superficie espositiva. Dall’altro lato, vi è la concessione di suolo pubblico, un atto autoritativo con cui l’ente permette a un privato di occupare una porzione di territorio per installarvi un proprio impianto. Qui l’ente agisce iure imperii e il canone è parametrato al sacrificio imposto alla collettività, ovvero all’effettiva porzione di suolo sottratta all’uso pubblico. La Corte ha ritenuto che la normativa invocata dalla ricorrente, nel prevedere la commisurazione all’occupazione del suolo, si riferisse in modo specifico e logico solo a questa seconda ipotesi.

le conclusioni

Questa ordinanza consolida principi importanti per il settore della pubblicità esterna. In primo luogo, conferma che i canoni per la locazione di impianti pubblicitari comunali sono soggetti a IVA, in quanto rappresentano il corrispettivo di un’attività commerciale. In secondo luogo, stabilisce che il criterio di calcolo di tali canoni non è vincolato alla superficie di suolo occupato, ma può legittimamente basarsi sulla superficie espositiva, a differenza dei canoni di concessione per impianti privati. Infine, la decisione ribadisce importanti regole procedurali in tema di giudicato esterno e di limiti al sindacato sulla motivazione, sottolineando il rigore formale richiesto per l’accesso al giudizio di legittimità.

L’ente comunale deve applicare l’IVA quando affitta i propri impianti pubblicitari?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la locazione di impianti pubblicitari da parte di un Comune è un’attività economica svolta con fine di lucro, non un’attività di pubblica autorità. Pertanto, i canoni percepiti sono soggetti a IVA, in linea con la normativa europea e nazionale, per evitare distorsioni della concorrenza con gli operatori privati.

Il canone per l’affitto di un impianto pubblicitario comunale deve essere calcolato in base all’occupazione del suolo pubblico?
No, non necessariamente. La Corte ha chiarito che l’obbligo di commisurare il canone all’effettiva occupazione del suolo pubblico riguarda solo i canoni di concessione, cioè quando un privato installa un proprio impianto su suolo comunale. Per i canoni di locazione, relativi a impianti già di proprietà del Comune, il corrispettivo può essere calcolato sulla base di altri criteri, come la superficie espositiva del cartellone.

Cosa succede se una sentenza diventa definitiva durante un processo d’appello ma non viene considerata nella decisione finale?
In questo caso, la parte interessata non può sollevare la questione per la prima volta con un ricorso per cassazione. Lo strumento giuridico corretto per impugnare la sentenza d’appello che ha ignorato il cosiddetto ‘giudicato esterno’ formatosi prima del suo deposito è la revocazione, secondo quanto previsto dall’art. 395, n. 5, del codice di procedura civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati