Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18977 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data pubblicazione: 10/07/2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18977 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
SEZIONE TRIBUTARIA
Oggetto: Ici –
locazione – canone concordato
Composta dai Magistrati
COGNOME NOME
Presidente-
R.G.N. 27152/2018
Balsamo NOME
Consigliere –
COGNOME
NOME
Consigliere rel. –
U – 24/06/2025
COGNOME Giuseppe
Consigliere –
NOME COGNOME
Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27152/2018 R.G. proposto da COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’Avv . NOME COGNOME
-ricorrente – contro
Comune di Bologna
-intimato – avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale della Emilia-Romagna, n. 1372 depositata il 21 aprile 2017.
Udita la relazione svolta nella udienza del 24 giugno dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La controversia ha ad oggetto un avviso di accertamento con cui il comune di Bologna ha chiesto il pagamento a NOME COGNOME (d’ora in poi odierno ricorrente) il pagamento dell’Ici per l’anno 2009 relativamente ad un immobile.
Il ricorrente, in qualità di proprietario nella misura del 75% aveva stipulato un contratto di locazione ai sensi dell’art. 2, comma 3, l. n. 431 del 1998 con contratto del 1.2.2009 prevedendo un canone, pari
a € 7.440,00, inferiore al minimo, come previsto dall’Accordo territoriale di Bologna, pari a € 10.091 ,00. Numero sezionale 5449/2025 Numero di raccolta generale 18977/2025 Data pubblicazione 10/07/2025
L’odierno intimato , ente impositore, ha ritenuto che la previsione di un canone al disotto del minimo concordato non consentisse il riconoscimento dell’agevolazione Ici.
La CTP ha accolto il ricorso, mentre la C.T.R., riformando la sentenza di primo grado, ha accolto l’appello proposto dall ‘odierno intimato sulla base delle seguenti ragioni:
al fine di godere delle agevolazioni derivanti dalla stipula di locazioni a canone concordato, occorre che le parti fissino un canone nella forbice dei valori tra il minimo e il massimo concordati dagli accordi territoriali, tra organizzazioni dei proprietari e quelle degli inquilini, derivanti dalla convenzione nazionale regolata dal d.m. 14 luglio 2004;
nella specie il contribuente non ha rispettato i parametri stabiliti dall’accordo territoriale del 7 febbraio 2008, in quanto ha fissato un canone al di sotto del minimo (€ 7.440, annui invece che € 10.091 annui);
il valore minimo del canone di locazione è stato fissato per limitare casi di omissione in materia imponibile;
ne consegue che il contratto stipulato è valido, ma deve considerarsi a canone libero, non essendo state rispettate le disposizioni di cui all’art. 2, comma 3, della l. n. 431 del 1998. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il ricorrente fondato su quattro motivi, mentre il comune è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente si osserva che il ricorso è tempestivo ed è stato regolarmente notificato. La sentenza oggi impugnata è stata depositata il 21 aprile 2017 e non è stata notificata. La notifica, effettuata a mezzo raccomandata spedita il 20 novembre 2017, nel rispetto del termine semestrale previsto dall’art. 327, primo
comma c.p.c., come richiamato dall’art. 38, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, tenuto conto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale (art. 16, comma 1, del d.l. n. 132 del 2014, conv., con modif., dalla l. n. 162 del 2014). Numero sezionale 5449/2025 Numero di raccolta generale 18977/2025 Data pubblicazione 10/07/2025
Si ricorda che nel computo dei termini processuali mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 c p.c., per effetto degli artt. 155, comma 2, c.p.c., e 2963, comma 4, c.c., il sistema della computazione civile va effettuato non ex numero bensì ex nominatione dierum , nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale; analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini, sicché per calcolare i termini di decadenza dal gravame non occorre tenere conto dei giorni compresi tra il primo e trentunesimo giorno agosto di ciascun anno (Cass., Sez. 6 – 1, n. 17640/2020, Rv. 658722 – 01).
Più precisamente, il termine scade nell’ultimo istante del giorno del mese corrispondente a quello in cui il fatto si è verificato, dovendosi considerare il giorno del mese iniziale quale riferimento per determinare il giorno di scadenza (tra le più recenti Cass. 26/07/2023, n. 22518). Analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini, sicché, per calcolare i termini di decadenza dal gravame, non occorre tenere conto dei giorni compresi tra il primo e trentunesimo giorno di agosto di ciascun anno; in tal caso, infatti, al termine semestrale di decadenza dal gravame di cui all’art. 327, primo comma, cod. proc. civ., devono aggiungersi i trentuno giorni di tale sospensione (Cass. 25/08/2020, n. 17640).
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., l’omessa pronuncia
sull’eccezione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi. Il motivo è inammissibile. Numero sezionale 5449/2025 Numero di raccolta generale 18977/2025 Data pubblicazione 10/07/2025
Il ricorrente, onde assolvere all’onere di cui all’ art. 366 , primo comma, n. 6) c.p.c., avrebbe dovuto riportare in modo specifico i passaggi dell’atto di appello onde consentire a questa Corte la necessaria verifica preliminare di ammissibilità del motivo. Non può venire in soccorso alla parte ricorrente la qualificazione giuridica del vizio di legittimità come error in judicando de jure procedendi in relazione al quale la Corte è anche giudice del fatto, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito.
È necessario, infatti, distinguere, anche nell’ambito del vizio di legittimità attinente l’attività processuale ex art. 360, primo comma, n. 4) c.p.c., la fase di ammissibilità da quella, cronologicamente successiva, relativa alla fondatezza della censura.
Se è vero, infatti, che la Corte di Cassazione, quando sia denunciato un vizio per errores in procedendo è anche giudice del fatto ed ha, quindi, il potere-dovere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di tale potere-dovere, è necessario, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio , che la parte ricorrente indichi puntualmente gli elementi individuanti e caratterizzanti il fatto processuale di cui richiede il riesame e, quindi, è indispensabile che il corrispondente motivo presenti tutti i requisiti di ammissibilità e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1170 del 23/01/2004; Sez. 3, Sentenza n. 9275 del 04/05/2005; Sez. 3, Sentenza n. 16245 del 03/08/2005; Sez. 3, Sentenza n. 1221 del 23/01/2006; Sez. 1, Sentenza n. 20405 del 20/09/2006; Sez. 3, Sentenza n. 21621 del 16/10/2007; Sez., L, Sentenza n. 488 del 14/01/2010; Sez. L, Sentenza n. 23420 del 10/11/2011; Sez. 3, Sentenza n. 86 del
10/01/2012; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5036 del 28/03/2012; Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012; Sez. 5, Sentenza n. 12664 del 20/07/2012; Sez. L, Sentenza n. 896 del 17/01/2014). Numero sezionale 5449/2025 Numero di raccolta generale 18977/2025 Data pubblicazione 10/07/2025
Ne consegue che, ove il ricorrente censuri la statuizione che rigetta la eccezione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di chiarire, nel ricorso, ipotesi non verificatasi nel caso di specie, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello o a darne una propria soggettiva lettura riassuntiva, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziare la pretesa carenza di specificità (analogamente, nel caso in cui la parte ricorrente si dolga della errata pronuncia di inammissibilità per difetto di specificità di un proprio motivo di gravame (Cass., Sez. 1, n. 20405/2006, Rv. 594136 – 01; Sez. 5, n. 23420/2011, Rv. 619464 – 01; Sez. 5, n. 19410/2015, Rv. 636606 -01; Sez. 4, n. 11738/2016, Rv. 640032 -01; Sez. 6 – 1, n. 23834/2019, Rv. 655419 -01).
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 3, e 13 l. n. 431 del 1998, degli artt. 1418 e 1419 c.c., del d.m. 30 dicembre 2002, del d.m. 14 luglio 2004 , dell’accordo territoriale del comune di Bologna del 7 febbraio 2008, dell’art. 7 del regolamento Ici del predetto comune, della delibera del consiglio comunale del 20 dicembre 2008, p.g. n. 271363 del 2008 . Censura l’ errato richiamo al d.m. 14 luglio 2004, laddove, invece, i contenuti generali degli accordi territoriali sono contenuti nel d.m 30.12.2002.
Censura la decisione anche per avere ritenuto che il contratto non avrebbe rispettato il limite minimo previsto per il canone e rivendica la validità ed efficacia del canone inferiore al minimo, in quanto l’art. 13, comma 4, della l. n. 431 del 1998 prevede la nullità solo per la pattuizione ad un canone superiore.
Numero sezionale 5449/2025
Numero di raccolta generale 18977/2025
Eccepisce l’assenza di previsioni che qualifichino come obbligatori e inderogabili i minimi stabiliti dagli accordi territoriali. Data pubblicazione 10/07/2025
Il motivo è fondato nei termini di seguito esposti.
Per i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo la l. n. 431 del 1998, accanto alla previsione della durata ordinaria (art.2, comma 1, «Le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di quattro anni»), ha disciplinato l’ipotesi della stipula di contratti di locazione, in cui la definizione del valore del canone, della durata del contratto sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative (art. 2, comma 3 della l. citata).
L’art. 13 , della medesima legge, regola la disciplina dei patti contrari, prevedendo, al comma 4, per i contratti stipulati alle condizioni fissate dalla contrattazione collettiva, cd canone concordato (art. 2 comma 3), ipotesi ricorrente nella fattispecie, la nullità di ogni pattuizione volta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito dagli accordi conclusi in sede locale per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie.
Deve, pertanto, ritenersi che il legislatore, prevedendo espressamente la sanzione della nullità del contratto solo nei casi di superamento della soglia massima, non abbia ritenuto illecita la stipula di un contratto al disotto dei minimi fissati dalla contrattazione collettiva. Per tale ragione il motivo deve trovare accoglimento. La pattuizione di un canone inferiore non comporta, quindi, una illegittimità in considerazione della stessa ratio della norma che vuole calmierare il mercato degli affitti con prezzi ragionevoli e adeguati.
Con il terzo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli
artt. 112 e 115 c.p.c. su domande ed eccezioni sollevate in primo grado, ritenute assorbite dalla CTP e riproposte in appello, quali il mancato assolvimento dell’onere della prova, per omessa allegazione della delibera comunale, difetto di motivazione, determinazione del quantum della ripetizione. Numero sezionale 5449/2025 Numero di raccolta generale 18977/2025 Data pubblicazione 10/07/2025
Con il quarto motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 2697 c.c. Per il ricorrente, ove si dovesse ritenere che il giudice di secondo grado abbia implicitamente rigettato le censure di cui al terzo motivo, in ogni caso avrebbe violato la disciplina della distribuzione dell’onere probatorio, in quanto la delibera del Consiglio comunale di determinazione dell’aliquota Ici per l’anno 2009 è stata solo richiamata e non pr odotta.
I due motivi, legati a questioni processuali, vanno respinti, in quanto il giudice di secondo grado, affrontando nel merito e decidendo la questione nel senso della fondatezza della pretesa impositiva, li ha ritenuti implicitamente superati.
Da quanto esposto segue l’accoglimento del ricorso e la formulazione del seguente principio di diritto: «In materia di Ici, il proprietario che stipuli un contratto di locazione, ex art. 2, comma 3, l. n. 431 del 1998, pattuendo un canone al di sotto dei minimi tariffari fissati dalla contrattazione collettiva, usufruisce del l’agevolazione prevista dall’art. 8 della stessa legge, in quanto la previsione di nullità di patti contrari di cui all’ art. 13, l. cit., è limitata solo ai casi di superamento della soglia massima».
9.Non essendovi la necessità di ulteriori accertamenti in fatto, pertanto, la Corte può decidere la causa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso.
10.Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M
La Corte:
Numero sezionale 5449/2025
Numero di raccolta generale 18977/2025
Data pubblicazione 10/07/2025
accoglie il secondo motivo del ricorso, dichiara inammissibile il primo, rigetta il terzo e il quarto.
Condanna l’intimato a pagare al ricorrente le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo complessivo di € 678,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario e accessori di legge, nella misura del 15%.
Così deciso in Roma, 24 giugno 2025
Il Presidente NOME COGNOME