Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34513 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34513 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
Oggetto: Cancellazione della società – Responsabilità dei soci Limite ex art. 2495 c.c. – Effetti Legittimazione del socio e interesse ad agire del creditore sociale.
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 3556/2022 R.G. proposto da
COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che lo rappresentano e difendono, in virtù di procura speciale allegata al ricorso.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO controricorrente – avverso la sentenza della C.T.R. della Lombardia, n. 2365/2021, depositata il 25.6.2021 e non notificata.
Ascoltata la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.12.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Brescia, COGNOME COGNOME quale socio della O.B.10 General
RAGIONE_SOCIALE impugnava due avvisi di accertamento (il primo emesso nei confronti della società ed il secondo emesso nei suoi confronti), con cui l’Agenzia delle entrate recuperava costi indebitamente dedotti ed Iva illegittimamente detratta a fronte di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, presumendo la distribuzione di utili extrabilancio ai soci, trattandosi di società a ristretta base partecipativa.
In primo grado, l’impugnazione veniva accolta, sulla base del contenuto dell’art. 28, comma 5, del d.lgs. n. 175 del 2014.
Avverso tale decisione proponeva appello l’Agenzia delle entrate, eccependo la nullità della sentenza per assenza di motivazione, nonché deducendo la violazione del citato art. 28 e l’erronea applicazione dell’art. 2495 c.c. e dell’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973.
La C.t.r. accoglieva l’appello, ritenendo che, a differenza di quanto dedotto dal contribuente, il differimento quinquennale ai fini tributari degli effetti della estinzione della società trovava applicazione per tutte le ipotesi di cancellazione dal Registro delle imprese, siano esse ad iniziativa volontaria, ovvero, come avvenuto nel caso di specie, su iniziativa doverosa del curatore a seguito della chiusura del fallimento aperto nei suoi confronti. Osservava, inoltre, che il contribuente non aveva sollevato alcuna contestazione nel merito dell’accertamento e che, pertanto, era ragionevole presumere che i maggiori ricavi maturati extrabilancio fossero stati distribuiti occultamente tra i due soci. Evidenziava, infine, che il limite di responsabilità dei soci ex art. 2495 c.c., in caso di mancata assegnazione di beni in sede di bilancio finale di liquidazione, non incideva sull’interesse ad agire dell’Agenzia delle entrate nei confronti del socio, non determinando alcuna decadenza o preclusione nei suoi confronti.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione il contribuente, sulla base di due motivi, ai quali resisteva con
contro
ricorso l’agenzia delle entrate . Replicava con memoria il contribuente.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di doglianza, il contribuente deduce la v iolazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014, degli artt. 2484 e 2495 c.c. e dell’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973 , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo errato la C.t.r. nell’aver ritenuto che il differimento, ai fini fiscali, degli effetti della cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese operi in tutti i casi di cancellazione e non solo quando si tratti di cancellazione volontaria richiesta a chiusura della liquidazione ex art. 2495 c.c..
Con il secondo motivo di doglianza, il contribuente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, 42 e 43 del d.P.R. n. 600/1973, 25 del d.lgs. n. 446 del 1997 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, nonché degli artt. 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 5 del d.P.R. n. 917 del 1986 , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, avendo errato la C.t.r. nel ritenere legittimo l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, poiché questo era stato emesso dopo la cancellazione della stessa e, di conseguenza, era nullo ed inefficace nei confronti del socio, con conseguente nullità ed inefficacia anche del successivo avviso emesso direttamente nei confronti di quest’ultimo.
Nel controricorso, l’Agenzia delle entrate sostiene la correttezza delle argomentazioni poste alla base della sentenza impugnata, osservando, altresì, che, nel caso in esame, l’avviso di accertamento societario era stato notificato anche ai due ex soci della società cancellata, ciò rendendo pienamente efficace l’atto impositivo, in quanto pervenuto legalmente a conoscenza dei soggetti direttamente incisi dalla pretesa tributaria.
La vicenda e i motivi di impugnazione dedotti dal contribuente pongono una serie di questioni analoghe a quelle rimesse alle Sezioni Unite dall’ ordinanza interlocutoria n. 7425 del 14.3.2023 (trattata
all’udienza del 12.11.2023). È stato, in particolare, rilevato che, anche successivamente alle pronunce della Corte a Sezioni Unite nn. 6070, 6071, e 6072 del 2013, si sono delineati scenari diversi in ordine all’applicazione dell’art. 2495 c.c. e, pertanto, è stata rimessa la seguente questione: «se la condizione testualmente fissata dall’art. 2495 cod. civ., al fine di consentire ai creditori sociali di far valere i loro crediti, dopo la cancellazione della società, nei confronti dei soci, si rifletta sul requisito dell’interesse ad agire in capo all’Amministrazione finanziaria o sulla legittimazione passiva del socio medesimo ai fini della prosecuzione del processo originariamente instaurato contro la società e se la riconducibilità nell’ambito di una condizione dell’azione o dell’altra implichi conseguenze specifiche in tema di onere della prova. Ciò tenuto conto anche che il processo tributario è annoverabile tra quelli di «impugnazionemerito» e dell’affermata natura dinamica dell’interesse ad agire, ch e, come tale, può assumere una diversa configurazione, ma fino al momento della decisione».
Anche nella presente sede, si pone il problema degli effetti della cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese con riferimento alla legittimità dell’atto impositivo riguardante i redditi della società cancellata e notificato ai soci ed alla limitazione della responsabilità del socio prevista dall’art. 2495 c.c. e dall’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973. In particolare, si pone il problema se, in presenza di un avviso di accertamento emesso nei confronti della società già estinta, gli ex soci siano legittimati passivi e se l’amministrazione abbia interesse ad agire e se, comunque, una eventuale invalidità si rifletta anche sul conseguente avviso emesso nei confronti del singolo socio.
In attesa della pubblicazione della sentenza resa sulla suddetta questione – che è sottesa ad alcuni dei motivi di ricorso come sopra esposti – la causa deve essere rinviata a nuovo ruolo.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo in attesa della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite sulla questione indicata in motivazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione