Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 920 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 920 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9552/2022 R.G. proposto da CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dal Prof. Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
A.D.E.R. –RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 6517/21, depositata il 5 ottobre 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 ottobre 2023 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE, agente della riscossione per l’ambito di Lecco, convenne in giudizio la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. 345/11, con cui le era stato intimato il pagamento della somma di Euro 6.887,00, oltre interessi, a seguito del riversamento soltanto parziale degl’importi dovuti dagl’iscritti, ed avviati alla riscossione con ruoli emessi nel 1999.
A sostegno dell’opposizione, l’attrice eccepì il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario, il mancato espletamento del procedimento amministrativo previsto dall’art. 20 del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112 e l’inadempimento degli obblighi derivanti dalla consegna dei ruoli.
Si costituì la CNPAF, e resistette all’opposizione, chiedendone il rigetto.
1.1. Con sentenza del 23 giugno 2016, il Tribunale di Roma accolse l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo.
L’impugnazione proposta dalla CNPAF è stata rigettata con sentenza del 5 ottobre 2021, con cui la Corte d’appello di Roma ha dichiarato assorbito l’appello incidentale condizionato proposto dall’Equitalia.
Premesso che l’art. 2 del d.lgs. 22 febbraio 1999, n. 37 aveva abrogato, con decorrenza del 26 febbraio 1999, l’obbligo di anticipazione del non riscosso come riscosso, già previsto dall’art. 32 del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, esonerando i concessionari dall’obbligo di effettuare i versamenti i cui termini scadevano successivamente alla sua entrata in vigore, e precisato che per tali versamenti trovava applicazione la procedura del discarico per inesigibilità, introdotta dal d.lgs. n. 112 del 1999, la Corte ha rilevato che l’art. 1, commi 527-529, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 aveva previsto un meccanismo di annullamento dei ruoli resi esecutivi entro il 31 dicembre 1999. Precisato che tale disciplina si applicava anche alla CNPAF, non prevedendo alcuna distinzione tra i ruoli attinenti a crediti di soggetti pubblici o destinatari di finanziamenti pubblici e quelli riguardanti crediti di soggetti privati, ha escluso che la stessa avesse comportato un esproprio dei crediti fatti valere dalla Cassa, osservando che per i crediti d’importo inferiore ad Euro
2.000,00 l’annullamento del ruolo non determinava l’estinzione del credito sottostante, ma solo il discarico e l’eliminazione dalle scritture dell’ente creditore, sulla base di una scelta ancorata ad una valutazione di non convenienza, in considerazione del presumibile rapporto negativo tra i costi ed i benefici della riscossione. Ha escluso che tale disciplina si riferisse esclusivamente ai crediti iscritti nei ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999 per i quali fosse pendente la procedura esecutiva, osservando che essa riguardava tutti i ruoli resi esecutivi fino alla predetta data, ed aggiungendo comunque che per i ruoli posti a fondamento della domanda i termini per l’invio delle comunicazioni d’inesigibilità erano stati continuativamente prorogati fino alla entrata in vigore della legge n. 228 del 2012, la quale aveva fatto venir meno la disciplina del discarico prevista dagli artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 112 del 1999.
Avverso la predetta sentenza la CNPAF ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, illustrati anche con memoria. Ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria, l’A.D.E.R. -Agenzia delle entrate -Riscossione, succeduta all’Equitalia.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1, commi 527-529, della legge n. 228 del 2012 e degli artt. 1 e 2 del d.lgs. 30 giugno 1994, n. 504, sostenendo che, nel ritenere operante il meccanismo di annullamento e discarico automatico previsto dall’art. 1, commi 527-529 cit., la sentenza impugnata non ha tenuto conto dell’inapplicabilità dello stesso alle entrate di soggetti privati, quali le casse previdenziali, che, in quanto dotati di autonomia gestionale, contabile e finanziaria, non possono fruire di finanziamenti pubblici, in via diretta o indiretta, né essere destinatari di interventi autoritativi incidenti sul loro assetto economico-finanziario, mediante prelievi o riduzioni delle entrate. Premesso che, per i ruoli d’importo inferiore ad Euro 2.000,00, l’effetto caducatorio coinvolge anche i crediti della Cassa, comportando di fatto l’azzeramento dei crediti vantati nei confronti degl’iscritti, indipendentemente dall’ascrivibilità dell’annullamento alla negligenza dell’esattore, afferma che, per effetto
dell’esclusione della responsabilità amministrativa e contabile di quest’ultimo, le conseguenze pregiudizievoli dei mancati introiti sono destinate a ricadere sugli stessi iscritti, venendo meno per quelli morosi la continuità contributiva e per gli altri l’apporto finanziario dei versamenti dei morosi. Rilevato inoltre che l’esclusione dell’applicabilità della procedura di cui agli artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 112 del 1999 evidenzia l’intento di circoscrivere l’ambito applicativo delle norme in esame ai soli crediti per i quali siano ancora in corso i termini per l’invio delle comunicazioni d’inesigibilità, osserva che, al momento dell’entrata in vigore della legge n. 228 del 2012, il diritto al discarico era già venuto meno, avendo l’esattore omesso ogni forma di rendicontazione ed informazione.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 527 e ss., della legge n. 228 del 2012, per contrasto con gli artt. 3, 38, 41, 42 e 117 Cost., in riferimento all’art. 1 del Primo Protocollo Addizionale alla CEDU, all’art. 6 della CEDU ed all’art. 117 Cost., osservando che, ove si accogliesse l’interpretazione dell’art. 1, comma 527, cit. fornita dalla sentenza impugnata, l’annullamento automatico previsto per i crediti d’importo inferiore ad Euro 2.000,00 comporterebbe un prelievo forzoso senza indennizzo a carico di enti estranei all’apparato statale, dotati di autonomia finanziaria e contabile ed impossibilitati ad avvalersi di finanziamenti pubblici, che, oltre a mettere a rischio la stessa funzione solidaristica dagli stessi svolta in favore degl’iscritti, comporterebbe una disparità di trattamento rispetto ai crediti vantati dall’Unione Europea, incidendo inoltre sulla posizione di parità delle parti nel processo.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 19, comma primo, lett. b) , e 59, comma 4ter , del d.lgs. n. 112 del 1999, degli artt. 35, 39, 74 e ss. e 82 del d.P.R. n. 43 del 1988, censurando la sentenza impugnata per aver implicitamente escluso la decadenza dell’esattore dal diritto al discarico, indipendentemente dall’invio delle comunicazioni d’inesigibilità, nonostante la mancata dimostrazione dell’avvenuto adempimento degli obblighi di attivazione delle procedure di recupero coattivo, d’informazione e di rendicontazione posti a suo carico.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, in subordine, la violazione
e la falsa applicazione dell’art. 1, comma 527, della legge n. 228 del 2012 e dell’art. 1, commi primo e secondo, del d.m. 15 giugno 2015, rilevando che la sentenza impugnata non ha tratto le dovute conseguenze dalla diversità della disciplina prevista per i crediti d’importo rispettivamente inferiore e superiore ad Euro 2.000,00, non avendo considerato che, mentre per questi ultimi l’automatico discarico non preclude la possibilità di ricorrere a strumenti di riscossione diversi dal ruolo, per i primi l’annullamento automatico comporta l’estinzione anche del credito, che risulta di fatto espropriato senza indennizzo.
5. I predetti motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto questioni strettamente connesse, sono infondati.
La questione concernente l’applicabilità della disciplina dettata dall’art. 1, commi 527-529, della legge n. 228 del 2012 alla CNPAF è stata già affrontata da questa Corte, e risolta mediante l’enunciazione del principio, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede, secondo cui le predette disposizioni, ispirate ad un’esigenza di razionalizzazione dei bilanci di tutti gli enti creditori (indipendentemente dalla natura pubblica o privata degli stessi), non pongono alcuna distinzione tra ruoli attinenti a crediti consegnati da soggetti pubblici o comunque da soggetti istituzionalmente beneficiari di finanziamenti pubblici e ruoli concernenti invece crediti vantati da soggetti privati: esse si riferiscono infatti indistintamente a tutti i crediti iscritti in ruoli resi esecutivi sino al 31 dicembre 1999, ed escludono la possibilità di procedere ulteriormente alla riscossione degli stessi mediante ruolo, sulla base di una valutazione rispondente ad evidenti criteri di ragionevolezza, in quanto fondata sull’epoca risalente dell’iscrizione a ruolo e, per i crediti di valore inferiore ad Euro 2.000,00, sull’antieconomicità della riscossione, i cui costi sono stati reputati superiori ai benefici (cfr. Cass., Sez. III, 26/07/2021, n. 21386; 20/ 11/2020, n. 26531; 9/05/2019, n. 12229). Le norme in esame sono pertanto applicabili anche ai crediti della CNPAF, la quale, nonostante la privatizzazione, rimane un ente deputato allo svolgimento di una funzione pubblica, cui lo Stato ha eccezionalmente concesso di procedere alla riscossione dei propri crediti a mezzo del ruolo, cioè attraverso un sistema normalmente riservato agli enti pubblici, con la conseguenza che lo stesso legislatore può legittima-
mente disciplinare le modalità della riscossione, imporre limiti alla stessa, o, come avvenuto nella specie, non consentire più la riscossione con tale sistema per i crediti più risalenti.
5.1. E’ stato altresì precisato che il comma 527 dell’art. 1, nella parte in cui prevede, per i ruoli relativi ai crediti di valore inferiore ad Euro 2.000,00, l’annullamento dei crediti e l’eliminazione dalle scritture contabili, dev’essere interpretato (non diversamente dal comma 528, riguardante i ruoli relativi ai crediti di valore superiore al predetto importo) nel senso che l’esclusione della possibilità di procedere ulteriormente alla riscossione a mezzo ruolo comporta unicamente il venir meno del titolo esecutivo, costituito dal ruolo, e non anche l’estinzione del diritto di credito: in tal senso depongono infatti le finalità perseguite dal legislatore con la disciplina in esame, configurabile non già come un provvedimento ablatorio nei confronti di enti cui lo Stato non contribuisce neppure in via indiretta, ma come un intervento di riorganizzazione del servizio di riscossione a mezzo dei ruoli. Nessun rilievo può assumere, in contrario, l’espressa previsione dell’eliminazione dei predetti crediti dalle scritture contabili dell’ente, la quale, oltre a costituire un effetto già altre volte contemplato in caso di discarico dal ruolo, riveste una valenza esclusivamente contabile, in funzione dell’esigenza, correlata al sistema contabile europeo, di fornire una realistica esposizione dello stato patrimoniale ed economico dell ‘ ente, evitando che crediti persistentemente insoluti possano venire ad alterarne i bilanci di esercizio, quali poste soltanto virtuali iscritte all’attivo, in contrasto con il criterio di veridicità dei bilanci (cfr. Cass., Sez. III, 20/11/ 2020, n. 26531; 19/06/2020, n. 11972). Anche per i ruoli relativi ai crediti di valore inferiore ad Euro 2.000,00 vale dunque la considerazione, svolta in riferimento a quelli riguardanti i crediti di valore superiore al predetto importo, secondo cui l’annullamento del ruolo non coincide con l’estinzione del credito sottostante, che ben potrà essere successivamente azionato in proprio dall’ente creditore, con gli strumenti di tutela ordinariamente apprestati dallo ordinamento per i soggetti privati (cfr. Cass., Sez. III, 9/05/2019, n. 12229).
5.2. E’ pertanto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme in esame, sollevata dalla ricorrente sia in relazione alla previsione di un’espropriazione senza indennizzo dei crediti da essa van-
tati nei confronti dei propri iscritti e dell’idoneità di tale intervento a incidere sullo equilibrio finanziario dell’ente, sia in relazione alla disparità di trattamento introdotta tra i crediti delle casse previdenziali e quelli dell’Unione Europea, per i quali resta confermata l’operatività del sistema di riscossione a mezzo ruolo, anche se risalenti. Non merita consenso neppure la censura di violazione dell’art. 117 Cost., sollevata in riferimento all’art. 6 della CEDU, sotto il profilo dell’irragionevole incidenza delle disposizioni in esame sulla posizione di parità delle parti nei giudizi in corso, non configurandosi le stesse come un intervento isolato ed inaspettato rispetto ad un quadro normativo idoneo ad ingenerare nelle parti un ragionevole affidamento in ordine alla sua immutabilità, ma come uno stadio ulteriore di un percorso normativo avviato fin dal 1999 con la riforma del sistema di riscossione a mezzo ruolo, e proseguito con la sostituzione dell’organizzazione di carattere pubblicistico degli agenti della riscossione ai rapporti di concessione precedentemente intrattenuti dagli enti creditori con società private (cfr. Cass., Sez. III, 20/11/2020, n. 26531; 19/06/2020, n. 11972).
5.3. Tali conclusioni, più volte ribadite dalla giurisprudenza di legittimità, non appaiono suscettibili di rimeditazione alla stregua dello jus superveniens rappresentato dall’art. 1, commi 222-252, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, richiamato in memoria dalla ricorrente, che ha previsto un analogo meccanismo di annullamento automatico dei debiti iscritti nei ruoli affidati agli agenti della riscossione, con corrispondente discarico di questi ultimi: tale disposizione si riferisce infatti ad una fattispecie diversa da quella in esame, ovverosia ai debiti d’importo residuo fino a Euro 1.000,00 «risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015», e, prevedendo espressamente un trattamento diversificato tra enti erariali (amministrazioni statali, agenzie fiscali ed enti pubblici previdenziali) ed enti non erariali (per i quali l’operatività di tale meccanismo resta subordinata ad un’apposita delibera dell’ente), non contemplato dall’art. 1, commi 527-529, della legge n. 228 del 2012, conferma indirettamente la validità dell’interpretazione di quest’ultima disposizione fornita dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., Sez. III, 9/08/2023, n. 24313).
5.4. Nell’escludere l’intervenuto esaurimento dei rapporti tra la CNPAF e
l’esattore, la sentenza impugnata non ha infine negato soltanto per implicito la decadenza di quest’ultimo dal diritto al discarico, ma ha espressamente affrontato la questione, sollevata dall’appellante, concernente l’applicabilità della disciplina in esame ai soli crediti per i quali la procedura di riscossione sia ancora pendente: premesso che tale disciplina fa riferimento ai crediti iscritti in ruoli resi esecutivi entro il 31 dicembre 1999, senza ulteriori precisazioni, escludendo l’applicabilità degli artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 112 del 1999, la Corte territoriale ha osservato comunque che per i predetti ruoli i termini per l’invio delle comunicazioni d’inesigibilità sono stati continuativamente prorogati sino all’entrata in vigore della legge n. 228 del 2012, la quale ha fatto venir meno la complessa disciplina relativa al discarico di cui agli artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 112 del 1999.
Tale affermazione si pone perfettamente in linea con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, la quale, nell’esaminare le proroghe dei termini per l’invio delle comunicazioni d’inesigibilità, disposte dal legislatore in funzione del riordino del sistema organizzativo della riscossione a mezzo dei ruoli, ha distinto tra le proroghe c.d. generiche, applicabili ai vecchi concessionari nazionali o ai soggetti dagli stessi eventualmente scaturiti, e quelle c.d. specifiche, riguardanti la Riscossione RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE e le società da essa partecipate, cui è succeduta l’Agenzia delle Entrate -Riscossione, rilevando che, mentre le prime, disposte attraverso la modifica dell’art. 59 del d.lgs. n. 112 del 1999, sono perdurate fino al 30 giugno 2006, per effetto dell’introduzione del comma 4quater ad opera del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, le altre, applicabili nel caso in esame, sono proseguite ininterrottamente per effetto delle continue modifiche dell’art. 3, comma dodicesimo, del d.l. n. 203 del 2005, volte ad evitare che le disfunzioni nell’attività di riscossione risalenti alle gestioni private si riverberassero a danno del pubblico erario (cfr. Cass., Sez. VI, 1/03/ 2022, n. 6767; Cass., Sez. III, 19/06/2020, n. 11972; v. anche Corte cost., sent. n. 51 del 2019).
6. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dal comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 19/10/2023