Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 37 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 37 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 02/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 14848/2022, proposto da:
AVI ASSOCIAZIONE RAGIONE_SOCIALE onlus , in persona del presidente e legale rapp.te pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura allegata al ricorso, dall’Avv . NOME COGNOME presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata (EMAIL ha eletto domicilio
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 10764/2021 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, depositata il 3 dicembre 2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30
novembre 2023 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
L’RAGIONE_SOCIALE (d’innanzi: RAGIONE_SOCIALE) ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale la C.T.R. della Sicilia, confermando la decisione resa in primo grado dalla Commissione tributaria provinciale di Palermo, ha respinto il ricorso che essa aveva proposto avverso il provvedimento erariale di cancellazione dall’anagrafe delle Onlus per difetto dei requisiti di legge.
L’ amministrazione finanziaria, in particolare, aveva rilevato, in seno allo statuto di RAGIONE_SOCIALE, la mancanza di alcune delle clausole obbligatoriamente stabilite dall’art. 10, comma 1, del d.lgs. 4 dicembre 1997, n. 460; nello statuto, in particolare, non era previsto alcun divieto di distribuzione degli utili, né l’obbligo di impiego degli stessi per le finalità istituzionali e quello di devoluzione ad enti analoghi del patrimonio residuo in caso di scioglimento; ancora, l’Ufficio aveva osservato che il previsto svolgimento di attività di formazione avrebbe imposto l’esclusiva destinazione della stessa a soggetti ‘svantaggiati’, nei termini previsti dall’art. 2 del d.lgs. n. 460/1997, invece non contemplata fra le previsioni statutarie.
Nel rigettare l’appello della contribuente, per quanto in questa sede ancora di interesse, i giudici regionali hanno ritenuto la decisione dell’Amministrazione conforme al d ecreto del Ministro dell’economia e delle f inanze 18 luglio 2003, n. 266, che attribuisce alle direzioni regionali dell’Agenzia delle entrate il potere di
procedere , successivamente all’iscrizione della Onlus all’albo, ai controlli necessari a verificare la sussistenza dei requisiti normativi, onde disporre, se del caso, la cancellazione di soggetti iscritti ma non abilitati; ciò si era verificato nel caso di specie, a nulla rilevando il fatto che, successivamente alla determinazione erariale, AVI avesse adottato modifiche al proprio statuto.
Il ricorso sviluppa tr e motivi. L’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso.
Il 18 maggio 2023 il consigliere delegato dal Presidente ha depositato proposta di definizione anticipata ex art. 380bis cod. proc. civ., tempestivamente opposta dalla ricorrente, la quale ha poi depositato memoria in prossimità dell’udienza.
Considerato che:
Il primo motivo denunzia «illegittimità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (statuto del contribuente), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c.».
La ricorrente sostiene che la sentenza d’appello avrebbe omesso di tenere nella dovuta considerazione l’attività da lei effettivamente svolta e, conseguentemente, di dichiarare l’ illegittimità del provvedimento di cancellazione «perché adottato senza avere prima concesso all’Associazione un termine per eliminare, tramite modifica statutaria, le violazioni di carattere esclusivamente formale riscontrate dall’Ufficio».
La censura, in particolare, ha ad oggetto la decisione impugnata nella parte in cui essa avrebbe «omesso ogni doverosa verifica in ordine alla sussistenza, nell’ambito dell’ordinamento tributario, di una previsione normativa che imponesse all’Amministrazione Finanziaria, antecedentemente all’adozione del provvedimento di cancellazione,
di assegnare all’Associazione ricorrente un termine per modificare lo statuto, rendendolo pienamente conforme ai dettami di legge»; e ciò in conformità «al principio di prevalenza della forma sulla sostanza, che permea l’intero sistema di regolamentazione delle Onlus».
Il secondo motivo deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Secondo la ricorrente, i giudici d’appello avrebbero omesso di pronunziarsi sulla sua eccezione di illegittimità del provvedimento di cancellazione per contrasto con l’art. 10 della l. n. 212 del 2000, fondata sull’esistenza di due documenti, provenienti dalla Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate, idonei ad ingenerare in lei il legittimo convincimento circa la piena sussistenza dei requisiti formali richiesti dalla legge.
In tali note, riprodotte nel corpo del ricorso, l’Amministrazione , dopo aver visionato lo statuto, aveva infatti comunicato all’associazione il positivo superamento del controllo formale effettuato ai sensi del d.m. n. 266 del 2003.
Infine, con il terzo mezzo, denunziando violazione dell’art. 10 della l. n. 212 del 2000, la ricorrente assume che, nella ritenuta ipotesi di statuizione implicita sulle questioni di cui al motivo che precede, la sentenza «si porrebbe in palese contrasto» con la disposizione invocata.
Il primo motivo appare anzitutto inammissibile nella parte in cui denunzia l’omessa verifica, da parte dei giudici d’appello, circa la «sussistenza, nell’ambito dell’ordinamento tributario, di una previsione normativa che imponesse all’Amministrazione di assegnare all’Associazione un termine per modificare lo statuto» .
Nei termini formulati, infatti, la censura non consente di individuare la disposizione di legge che sarebbe stata violata dai
giudici d’appello; la stessa, pertanto, assume i connotati di una mera congettura, difettando del requisito di specificità coessenziale alla critica passibile di scrutinio in questa sede.
4.1. In ogni caso, il motivo, nel suo complesso, non è fondato.
L’art. 6, comma 2, della l. n. 212 del 2000 pone a capo dell ‘A mministrazione il dovere di informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l’irrogazione di una sanzione, richiedendogli un’i ntegrazione o una correzione degli atti eventualmente già prodotti.
Si tratta, pertanto, di disposizione che non può essere riferita alla presente fattispecie, connotata dal ricorso, da parte dell’Erario, alla «attività istituzionale di controllo e verifica» -secondo la testuale previsione dell’art. 5, comma 2, del d.m. n. 266 del 2003 alla quale è correlato il potere di procedere alla cancellazione dall’anagrafe delle Onlus di un soggetto già autorizzato.
Gli argomenti della ricorrente non sono persuasivi neppure quanto all’evocata operatività del principio di ‘prevalenza della forma sulla sostanza’; questa Corte ha infatti precisato che il controllo sullo statuto associativo volto al riscontro dei requisiti per l’applicazione della normativa sulle Onlus non può prescindere «dal rispetto di requisiti formali (antielusivi) rigorosamente stabiliti dalla legge», che «non sono surrogabili con il concreto accertamento di un ‘ osservanza fattuale dei precetti relativi alle modalità di svolgimento dell’attività», in quanto «la norma di cui all’art. 10 del d.lgs. n. 460 del 1997 è di stretta interpretazione» e «la mancanza anche di uno solo dei requisiti detti determina (non solo la cancellazione dall’anagrafe delle Onlus, ma anche e comunque) il venir meno delle condizioni di
riconoscimento del regime agevolato» (così Cass. n. 16726/2015; conformi Cass. n. 18396/2015, Cass. n. 10300/2019).
Inoltre, è stato osservato che il decorso dei termini di cui agli artt. 3 e 6 del d.m. n. 266 del 2003 comporta unicamente, secondo il meccanismo del silenzio-assenso, l’effetto dell’iscrizione automatica dell’ente richiedente alla relativa anagrafe, «senza privare, tuttavia, l’amministrazione del potere di far valere, anche all’esito di un controllo non eseguito entro i predetti termini, la mancanza dei requisiti formali di cui all’art. 10 del d.lgs. n. 460 del 1997, anche ove risalente al momento dell’originaria iscrizione, facendo, in tal caso, venir meno, con effetto “ex tunc”, le agevolazioni fiscali fruite» (così Cass. n. 18486/2017).
Anche il secondo motivo non è fondato.
La sentenza impugnata contiene, infatti, una statuizione implicita circa l’irrilevanza dei documenti invocati dalla ricorrente a sostegno della propria tesi.
In particolare, l’espressa affermazione del fatto che, nella specie, l’Ufficio aveva il dovere di eseguire un controllo successivo all’iscrizione all’anagrafe onde accertare anche in tale momento la sussistenza di tutti i requisiti normativi, e il riscontro del fatto che, in concreto, nel caso di specie era stato effettuato proprio tale tipo di controllo (cfr. pag. 4 sentenza d’appello) costituisce non solo ragione adeguata e sufficiente a supportare la pronunzia, ma anche statuizione incompatibile con la possibile rilevanza delle note inviate alla ricorrente prima dell’iscrizione, nelle quali, non a caso, il preliminare riscontro dei requisiti era espressamente attestato «senza pregiudizio per l’eventuale ulteriore azione accertatrice».
La ritenuta sussistenza di una decisione implicita conduce allo scrutinio del terzo motivo di ricorso, che non supera il vaglio di ammissibilità per genericità della censura.
La ricorrente, infatti, non chiarisce la ragione per la quale sussisterebbe una violazione dell’art. 10 della l. n. 212 del 2000, omettendo di indicare quale condotta dell’Amministrazione si sarebbe posta in contrasto con tale disposizione.
In conclusione, pertanto, il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
7.1. Inoltre, p oiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di infondatezza del ricorso, e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, va fatto applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma.
Quanto alla disciplina intertemporale, per effetto del rinvio operato dall’ultimo comma dell’art. 380 -bis cit. nel testo riformato, va richiamato l’indirizzo adottato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 27433/2023, secondo la quale detta normativa -in deroga alla previsione generale contenuta nell’art. 35 comma 1 d.lgs. n. 149 del 2022 -è immediatamente applicabile a seguito dell’adozione di una decisione conforme alla proposta, sebbene per giudizi già pendenti alla data del 28 febbraio 2023; ciò in quanto l’art. 380 -bis cit. (che nella parte finale richiama l’art. 96, terzo e quarto comma, cit.) è destinato a trovare applicazione, come espressamente previsto dall’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 149 del 2022, anche nei giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data
del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come quello in esame.
7.2. Sulla scorta di quanto esposto, la parte ricorrente va condannata al pagamento di una somma, equitativamente determinata in € 800,00, in favore della controparte e di una ulteriore somma, pari ad € 6 00,00, in favore della cassa delle ammende.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del presente giudizio che liquida in € 2.300,00, oltre spese prenotate a debito. Condanna la parte ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 8 00,00 in favore della controricorrente nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ. , di un’ulteriore somma di € 6 00,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2023.