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Campioni gratuiti IVA: la Cassazione chiarisce

Un’azienda ceramica riceve un accertamento IVA per la cessione di campioni gratuiti. La Cassazione chiarisce che la marcatura ‘campione gratuito’ sulla confezione è sufficiente per l’esenzione IVA, non essendo necessaria una marcatura indelebile su ogni singolo prodotto. Viene annullata la sentenza che riteneva evasiva tale pratica.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Campioni Gratuiti IVA: Marcatura sulla Confezione è Sufficiente

La gestione dei campioni gratuiti ai fini IVA è un tema cruciale per molte aziende che utilizzano questa strategia promozionale per far conoscere i propri prodotti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 16253/2024, ha fornito un chiarimento fondamentale sulle corrette modalità di contrassegno, stabilendo un principio di ragionevolezza che va a favore dei contribuenti. Vediamo nel dettaglio il caso e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore ceramico si è vista recapitare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione Finanziaria contestava la mancata applicazione dell’IVA sulla cessione di un ingente quantitativo di campioni gratuiti di piastrelle. Secondo il Fisco, la semplice apposizione della dicitura “campione gratuito” sulla scatola esterna, e non indelebilmente su ogni singola piastrella, non era sufficiente a garantire l’esenzione dall’imposta, rendendo i prodotti facilmente commercializzabili in evasione d’IVA.

Mentre la Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione all’azienda, la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, accogliendo la tesi dell’Agenzia. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Questione dei Campioni Gratuiti IVA e il Contrassegno

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 2, comma 3, lettera d), del D.P.R. n. 633/1972. La norma esclude dal campo di applicazione dell’IVA “le cessioni di campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati”.

L’Agenzia delle Entrate, supportata dalla Commissione Regionale, sosteneva un’interpretazione rigida, secondo cui il contrassegno doveva essere apposto su ogni singolo bene in modo indelebile, al fine di prevenirne l’abuso e la commercializzazione. Al contrario, l’azienda riteneva che l’etichettatura sulla confezione fosse una modalità idonea a soddisfare il requisito normativo, essendo funzionale allo scopo promozionale senza danneggiare il prodotto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’azienda, cassando la sentenza d’appello e stabilendo principi chiari e di grande rilevanza pratica.

L’Interpretazione della Norma sul Contrassegno

In primo luogo, i giudici hanno evidenziato che né la normativa nazionale né quella europea (la c.d. “sesta direttiva IVA”) specificano le modalità con cui il contrassegno debba essere apposto. La legge si limita a richiedere che i campioni siano “appositamente contrassegnati”, senza imporre che tale segno sia indelebile o che venga applicato su ogni singola unità del prodotto.

Richiamando un proprio precedente specifico (Cass. n. 27795/2018), la Corte ha ribadito che lo scopo del contrassegno è informativo e funzionale alla finalità promozionale. Pertanto, è sufficiente un’etichettatura che veicoli tale informazione, come quella apposta sulla confezione, la quale non determina “un’alterazione delle caratteristiche esteriori del prodotto”. Pretendere una marcatura indelebile su ogni piastrella costituirebbe un onere sproporzionato e non richiesto dalla legge.

Irrilevanza del Valore Complessivo

La Corte ha inoltre giudicato inammissibile il rilievo mosso dalla Commissione Regionale circa l’ingente valore complessivo dei campioni ceduti (circa 800.000 euro). Tale elemento, secondo i giudici, non è pertinente per valutare la correttezza della modalità di contrassegno. La ratio decidendi della sentenza impugnata si fondava erroneamente sulla necessità di una marcatura indelebile, e non sul valore, che era stato menzionato solo come un generico indizio di possibile abuso, ma non come fondamento della decisione.

Il Vizio di Motivazione sugli Espositori

Infine, la Cassazione ha accolto anche il motivo di ricorso relativo all’omessa motivazione sulla questione degli espositori. La sentenza di secondo grado, pur accogliendo integralmente l’appello dell’Ufficio, non aveva speso una sola parola per giustificare l’assoggettamento a IVA degli espositori, limitandosi a un rigetto tacito e, quindi, del tutto immotivato. Questo costituisce un vizio procedurale che ha contribuito all’annullamento della sentenza.

Le Conclusioni

La sentenza n. 16253/2024 della Corte di Cassazione rappresenta un punto fermo per tutte le imprese che distribuiscono campioni gratuiti ai fini IVA. Il principio affermato è quello della ragionevolezza e della proporzionalità: per beneficiare dell’esenzione IVA, è sufficiente che il campione sia chiaramente identificato come tale attraverso un contrassegno sulla confezione. Non è necessario alterare o danneggiare il prodotto con marchi indelebili, a meno che non sia l’unico modo per identificarlo. Questa decisione tutela le strategie promozionali delle aziende, evitando oneri eccessivi e non previsti dalla legge, e riconduce la questione entro i binari di una corretta interpretazione della normativa fiscale.

Per ottenere l’esenzione IVA, è necessario apporre un marchio indelebile su ogni singolo campione gratuito?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la normativa non impone una modalità specifica di contrassegno. È sufficiente un’etichettatura, anche solo sulla confezione, che sia funzionale a identificare il bene come campione per scopi promozionali, senza alterarne le caratteristiche.

Il valore complessivo elevato dei campioni ceduti influisce sull’obbligo di assoggettamento a IVA?
No, la sentenza chiarisce che il valore complessivo delle cessioni è un elemento inconferente per decidere sulla correttezza delle modalità di contrassegno. La questione centrale rimane se i campioni siano stati correttamente identificati come tali.

Cosa succede se il giudice di secondo grado non motiva la sua decisione su uno specifico punto del ricorso?
La sentenza può essere annullata per vizio di motivazione. Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione anche perché il giudice di merito non aveva fornito alcuna motivazione sulla questione relativa all’assoggettamento a IVA degli espositori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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