Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5594 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5594 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
Oggetto: iva reverse charge
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12662/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’avvocatura generale dello Stato con domicilio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO (PEC: EMAIL);
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dalla AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO (con indirizzo PEC: EMAIL ) e dall’AVV_NOTAIO da Empoli (con indirizzo PEC: EMAIL);
– controricorrente e ricorrente incidentale condizionato –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 456/06/2022 depositata in data 11/02/2022, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 14/09/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato;
Rilevato che:
-a seguito di PVC dell’Amministrazione doganale, l’Amministrazione Finanziaria notificava alla società contribuente gli avvisi di accertamento qui impugnati con i quali contestava per gli anni 2013, 2014, 2015, la illegittima emissione nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di fatture non imponibili iva in violazione degli artt. 21 e 23 del d.P.R. n. 633 del 1972, all’interno di un meccanismo fraudolento, in forza del quale il tributo sui beni ceduti (pani di alluminio) – poiché trovava applicazione il regime del c.d. ‘reverse charge’ , gravando sul cessionario RAGIONE_SOCIALE Ker, non era stato di fatto assolto alla luce dell’inesistenza dello stesso e quindi risultava evaso;
-la CTP accoglieva i ricorsi;
-appellava l’Ufficio;
-con la pronuncia qui gravata la CTR ha rigettato l’impugnazione dell’Erario, ritenendo che ‘la società RAGIONE_SOCIALE ha dimostrato di aver operato in buona fede e con diligenza operativa, rispettando le norme del nostro Ordinamento fiscale’ (pag. 7 della sentenza impugnata);
-l’RAGIONE_SOCIALE ricorre ora per cassazione, sulla base di due motivi; la società contribuente resiste con
contro
ricorso e propone ricorso incidentale condizionato affidato a un solo motivo che illustra con memoria;
Considerato che:
-il primo motivo di ricorso principale dedotto si incentra sulla nullità della sentenza per motivazione mancante o apparente in violazione degli artt. 63 e 36 c. 1 n. 4 del d. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att.ne c.p.c. , in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. , per avere la CTR deciso senza dar conto in motivazione di avere esaminato i motivi di impugnazione dell’Ufficio;
-il motivo è infondato;
-invero, la pronuncia impugnata dà conto degli elementi addotti dall’Amministrazione finanziaria a fronte della pronuncia della CTP e diretti a censurarne la statuizione, dimostrando di averli presi in esame, analiticamente e complessivamente, rendendo quindi motivazione che si colloca al di sopra del c.d. ‘minimo costituzionale’ (Cass. SS. UU. sent. n. 8053/2014);
-il secondo motivo di ricorso principale censura la pronuncia di appello per errata applicazione dei principi giurisprudenziali in materia di riparto dell’onere della prova in tema di operazioni soggettivamente inesistenti e conseguente violazione degli artt. 21 e 23 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., per avere la CTR erroneamente ritenuto assolto da parte della società contribuente l’onere di aver agito con la necessaria massima diligenza richiesta da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto;
-in motivo è inammissibile;
-lo stesso, nel concreto, oppone all’accertamento di fatto operato dalla RAGIONE_SOCIALE, correttamente incentratosi sulle modalità di esecuzione RAGIONE_SOCIALE operazioni dalle quali ha ritenuto
sussistente un accorto operare da parte del contribuente, una propria rivisitazione del merito della controversia;
-invero, la CTR ha fatto riferimento, nel valutare il comportamento della RAGIONE_SOCIALE, al criterio della ‘buona fede’ e della ‘diligenza operativa’, con ciò quindi richiedendo la prova di un comportamento analogamente attento e quindi non differente da quello richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, ai fini della detrazione dell’IVA, «l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta; la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici, non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità AVV_NOTAIOessionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente; incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi»
(così Cass. n. 9851 del 20/04/2018, alla cui motivazione integralmente si rimanda; conf., tra le tante, Cass. n. 11873 del 15/05/2018; Cass. n. 17619 del 05/07/2018; Cass. n. 21104 del 24/08/2018; Cass. n. 27555 del 30/10/2018; Cass. n. 27566 del 30/10/2018; Cass. n. 5873 del 28/02/2019; Cass. n. 15369 del 20/07/2020; in ultimo Cass. n. 24471 del 09/08/2022);
-tale canone di diligenza deriva dalla giurisprudenza del Giudice dell’Unione, che -sia pure senza qualificarlo nominalisticamente come tale- lo ha enunciato e definito nelle sue ormai consolidate affermazioni, secondo le quali (Corte di Giustizia UE 22 ottobre 2015, causa C-277/14 PPUK; anche 15 luglio 2015, causa C-159/14 NOME; 15 luglio 2015, causa C-123/14 Itales; 13 febbraio 2014 in causa C- 18/13 Maks Pen RAGIONE_SOCIALE; 21 giugno 2012, in causa C80/11 e C-142/11, COGNOME NOME;), quando ricorrono le condizioni sostanziali e formali previste dalla sesta direttiva per il sorgere e l’esercizio del diritto a detrazione, non è compatibile con il regime del diritto a detrazione previsto da detta direttiva sanzionare, con il diniego di tale diritto, un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si collocava nell’ambito di un’evasione commessa dal fornitore o che un’altra operazione facente parte della catena RAGIONE_SOCIALE cessioni, precedente o successiva a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’IVA (v., in tal senso, sentenze RAGIONE_SOCIALE, C-354/03, C-355/03 e C-484/03, EU:C:2006:16; punti 51, 52 e 55; RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, C-439/04 e C-440/04, EU:C:2006:446, punti da 44 a 46 e 60, nonché COGNOME e COGNOME, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punti 44, 45 e 47);
-ne deriva, che (in termini, letteralmente, la sentenza CGUE nel caso PPUH, punto n. 50) ‘spetta all’amministrazione tributaria, che abbia constatato evasioni o irregolarità commesse dall’emittente della fattura, dimostrare, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal destinatario della fattura verifiche che non gli incombono, che tale destinatario sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata per fondare il suo diritto alla detrazione si iscriveva in un’evasione dell’IVA, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare (v., in tal senso, sentenze Bonik, C-285/11, EU:C:2012:774, punto 45, e LVK -56, C-643/11, EU:C:2013:55, punto 64)’; e ancora (punto n. 52) ‘se è vero che un tale soggetto passivo può vedersi obbligato, quando disponga di indizi che consentono di sospettare l’esistenza di irregolarità o di evasione, ad assumere informazioni sull’operatore presso il quale intende acquistare beni o servizi al fine di sincerarsi della sua affidabilità, l’amministrazione tributaria non può tuttavia esigere in maniera generale che detto soggetto passivo, da un lato, al fine di assicurarsi che non sussistano irregolarità o evasioni a livello degli operatori a monte, verifichi che l’emittente della fattura correlata ai beni e ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio di tale diritto disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di fornirli e che abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’IVA, o, dall’altro lato, disponga di documenti a tale riguardo (v., in tal senso, sentenze COGNOME et COGNOME, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punti 60 e 61; Stroy trans, C-642/11, EU:C:2013:54, punto 49, nonché ordinanza Jagiełło, C33/13, EU:C:2014:184, punti 38 e 39)’;
-pertanto, il ricorso va rigettato;
-all’esito della decisione che precede, sono assorbiti i motivi di ricorso incidentale condizionato, con conseguente rigetto del ricorso principale e assorbimento di quello incidentale condizionato;
-le spese sono regolate dalla soccombenza;
p.q.m.
rigetta il ricorso, assorbito il ricorso incidentale condizionato; condanna parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore di parte controricorrente, che si liquidano in euro 20.000,00 oltre ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14 settembre 2023.