Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4904 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 4904 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9951/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura AVV_NOTAIO dello AVV_NOTAIO, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 8758/15/2016, depositata il 10.10.2016.
Udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME all’udienza pubblica del 15.01.2025;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, il quale, riportandosi alle sue conclusioni scritte, ha chiesto l’accoglimento del terzo motivo di ricorso;
Oggetto:
Tributi –
Sentito, per la ricorrente RAGIONE_SOCIALE, l’AVV_NOTAIO dello AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la CTR della Campania rigettava l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza della CTP di Napoli che aveva accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME avverso l’avviso di accertamento , relativo all’anno d’imposta 2009, con il quale era stata recuperata l’IVA indebitamente detratta a fronte di fatture di acquisto, relative ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti, in quanto la fornitrice non era la emittente RAGIONE_SOCIALE
Dalla sentenza della CTR si evince, in sintesi, per quanto ancora qui rileva, che:
-sebbene fosse pacifico che si trattava di operazioni soggettivamente inesistenti, occorreva verificare la congruità del prezzo pagato dalla contribuente e, quindi, la sua buona fede;
uno degli elementi indizianti della buona fede della contribuente, era quello (accertato dalla sentenza di primo grado e non contestato dall’RAGIONE_SOCIALE), secondo cui il valore RAGIONE_SOCIALE fatture contestate era pari al 4,3% dell’imponibile realizzato dalla società contribuente e, quindi, di importo trascurabile rispetto al suo volume d’affari ;
-l’RAGIONE_SOCIALE aveva contestato la ritenuta congruità del prezzo di acquisto, deducendo che il mercato di riferimento era quello dei prezzi praticati da altre società del settore, coinvolte nella medesima frode carosello, ma si trattava di un’eccezione nuova e, pertanto, inammissibile, non avendola l’RAGIONE_SOCIALE mai proposta nel giudizio di primo grado, nonostante la formulazione di uno specifico e documentato motivo di ricorso in tal senso da parte della contribuente; detta eccezione violava anche il principio del contraddittorio, in quanto
non era stata esplicitata neppure nell’avviso di accertamento impugnato e nel sotteso PVC;
-l’RAGIONE_SOCIALE non aveva, quindi, dimostrato che il prezzo praticato alla ricorrente fosse inferiore a quello reale di mercato;
la RAGIONE_SOCIALECOGNOME. aveva presentato i bilanci e le iscrizioni camerali erano regolari;
il giudice penale aveva escluso la consapevolezza del COGNOME circa la inesistenza soggettiva della DE.MA.
L ‘RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
La contribuente rimaneva intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, l ‘RAGIONE_SOCIALE ricorrente deduce la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto inammissibili le osservazioni dell’Ufficio (qualificate erroneamente come eccezioni nuove), svolte in sede di gravame e riguardanti la natura di ‘cartiere’ RAGIONE_SOCIALE società emittenti le fatture esibite dalla parte, a dimostrazione del fatto che il prezzo cui sarebbe stata venduta la merce acquistata dalla RAGIONE_SOCIALE non era inferiore al prezzo di rivendita della merce acquistata da altri fornitori, posto che le fatture erano state prodotte dalla contribuente solo in allegato alla memoria illustrativa e le osservazioni in ordine alle stesse erano mere argomentazioni difensive utilizzate dall’Ufficio per contestare il valore probatorio che la parte intendeva attribuire a dette fatture; aggiunge che era privo di rilievo anche l’asserito difetto di contraddittorio;
Con il secondo motivo, deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972 e 2697 cod. civ., in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per
avere la CTR invertito sostanzialmente le regole di ripartizione dell’onere della prova, in quanto ha ritenuto provata la buona fede della contribuente sulla base di circostanze irrilevanti, non avendo considerato che le fatture dalla stessa prodotte per dimostrare la congruità del prezzo di acquisto provenivano da cessionari nei cui confronti erano state accertate le medesime violazioni imputate alla contribuente e che il rapporto tra l’importo RAGIONE_SOCIALE fatture ed il volume d’affari dell’acquirente , nonchè la regolarità formale (pubblicità, bilanci, ecc.) non erano circostanze in grado di neutralizzare l’elemento della natura di cartiera della società fornitrice;
Con il terzo motivo, deduce la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’art. 654 cod. proc. pen ., in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per avere la CTR attribuito rilievo alla pronuncia del Tribunale penale di Napoli per desumere la mancanza di consapevolezza da parte della contribuente circa il carattere soggettivamente inesistente RAGIONE_SOCIALE operazioni documentate dalle fatture dalla stessa utilizzate, limitandosi a richiamare la sentenza penale, senza verificarne la rilevanza nel giudizio tributario e fornire un’adeguata motivazione sul materiale probatorio considerato e posto a fondamento della decisione, stante l’autonomia del processo tributario da quello penale .
Il primo motivo è fondato.
4.1 Questa Corte ha spiegato che ‘ Nel processo tributario il divieto di ultrapetizione e quello di proporre in appello nuove eccezioni (non rilevabili d’ufficio) posto dall’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 riguardano eccezioni in senso tecnico e non le mere argomentazioni difensive, tendenti ad inficiare la sentenza sotto un profilo logico ulteriore rispetto a quello esposto in primo grado, atteso che le difese, le argomentazione e le prospettazioni con cui l’Amministrazione si difende dalle contestazioni già dedotte in giudizio
non costituiscono, a loro volta, eccezioni in senso stretto ‘ (Cass. n. 2413 del 3/02/2021).
4.2 Le eccezioni in senso stretto o proprio, infatti, sono rappresentate da quelle per cui la legge riserva espressamente alla parte il potere di rilevazione o quelle in cui si fa valere un fatto modificativo, estintivo o impeditivo della pretesa fiscale, ma non le eccezioni in senso improprio (Cass. n. 30227 del 14/10/2022).
4.3 In tema di contenzioso tributario, infatti, l’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 preclude in appello esclusivamente le nuove eccezioni “in senso tecnico” dalle quali, cioè, deriva un mutamento degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa ed il conseguente ampliamento del ” thema decidendum ” (Cass. 11284 del 28/04/2023).
4.4 Nella specie, l’Amministrazione, che aveva già contestato, mediante molteplici elementi confluiti nell’avviso di accertamento, la soggettiva fittizietà RAGIONE_SOCIALE operazioni intercorse tra la contribuente e la RAGIONE_SOCIALE.MA., si è limitata in appello a confutare il valore probatorio RAGIONE_SOCIALE fatture allegate dalla contribuente alla memoria illustrativa depositata nel giudizio di primo grado, emesse da altri fornitori.
Si tratta di rilievo che integra una mera difesa o un’eccezione “in senso improprio”, ammissibile in quanto mera contestazione RAGIONE_SOCIALE censure avanzate col ricorso, non introduttiva di nuovi elementi d’indagine e, quindi, non lesiva del principio del contraddittorio.
Il secondo motivo è pure fondato.
5.1 La censura investe la questione della detraibilità dell’IVA nel caso di fatturazione per operazioni ritenute soggettivamente inesistenti e riguarda sia l’oggetto della prova dell’inesistenza soggettiva di dette operazioni sia il riparto dell’onere probatorio tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente.
5.2 Va ribadito che, nel caso di operazione soggettivamente inesistente l’IVA non è, in linea di principio, detraibile, perché è stata versata ad un soggetto non legittimato alla rivalsa e non assoggettato all’obbligo di pagamento dell’imposta, in quanto la fattura è emessa da un soggetto che non è stato controparte nel rapporto relativo alle operazioni fatturate, da ritenersi “inesistenti” (Cass. 30.10.2013, n. 24426).
5.3 Poiché il diniego del diritto di detrazione costituisce un’eccezione al principio di neutralità dell’IVA che tale diritto costituisce, incombe sull’Amministrazione finanziaria provare, anche sulla base di presunzioni, che, a fronte dell’esibizione del titolo, difettano, le condizioni, oggettive e soggettive, per la detrazione (e segnatamente: che il soggetto emittente non era il reale cedente e che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in un’evasione d’imposta), mentre spetterà al contribuente, una volta raggiunta questa prova, fornire la prova contraria, ossia di aver svolto le trattative in buona fede, ritenendo incolpevolmente che le merci acquistate fossero effettivamente rifornite dalla società cedente (Cass. 20.04.2018, n. 9851).
5.4 Per quanto riguarda la consapevolezza del cessionario, invece, occorre rilevare che, se a quest’ultimo non compete, di norma, conoscere la struttura e le condizioni di operatività del proprio fornitore, sorge, tuttavia, un obbligo di verifica, nei limiti dell’esigibile, in presenza di indici personali od operativi anomali dell’operazione commerciale, tali da evidenziare irregolarità e ingenerare dubbi di una potenziale evasione (Cass. 2.12.2015, n. 24490).
5.5 Con riferimento al tipo di prova incombente sull’Amministrazione, è stato poi condivisibilmente affermato che può trattarsi sia di prova logica (o indiretta) sia di prova storica (o diretta),
consistente anche in indizi integranti una presunzione semplice (Cass. n. 28246 del 2020), potendo essere valorizzati, quali elementi sintomatici della mancata esecuzione dell’operazione da parte del fatturante, l’assenza della minima dotazione personale e strumentale adeguata alla predetta esecuzione, l’immediatezza dei rapporti fra cedente/prestatore fatturante interposto e cessionario/committente, la conclamata inidoneità allo svolgimento dell’attività economica e la non corrispondenza tra i cedenti e la società coinvolta nell’operazione (Cass. n. 5339 del 2020).
5.6 Anche di recente è stato ribadito che, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi (Cass. n. 24471 del 2022).
5.7 Il contenuto della massima diligenza esigibile nei confronti di un accorto operatore, al fine di non essere parte di una frode IVA, si incentra sulle opportune informazioni circa l’effettiva esistenza del fornitore, da acquisirsi direttamente (in relazione alla struttura organizzativa dello stesso), sia indirettamente, attraverso l’esame RAGIONE_SOCIALE
modalità con le quali si è estrinsecato il rapporto commerciale con l’emittente (Cass. n. 28165 del 2022).
5.8 In tema di evasione IVA a mezzo di frodi carosello, quando l’operazione soggettivamente inesistente è di tipo triangolare, poco complessa e caratterizzata dalla interposizione fittizia di un soggetto terzo tra il cedente comunitario ed il cessionario italiano, questa Corte ha precisato che l’onere probatorio a carico dell’Amministrazione finanziaria, sulla consapevolezza da parte del cessionario che il corrispettivo della cessione sia versato al soggetto terzo non legittimato alla rivalsa né assoggettat o all’obbligo del pagamento dell’imposta, è soddisfatto dalla dimostrazione che l’interposto sia privo di dotazione personale e strumentale adeguata alla prestazione fatturata, mentre spetta al contribuente-cessionario fornire la prova contraria della buona fede con cui ha svolto le trattative ed acquistato la merce, ritenendo incolpevolmente che essa fosse realmente fornita dalla persona interposta (Cass. n. 10120/2017; Cass. n. 35591 del 2023).
5.9 Il giudice del gravame non ha seguito i principi sopra indicati, non avendo considerato il valore sintomatico di tutti elementi indicati dall’Amministrazione finanziaria nell’atto impositivo (e richiamati, in ossequio al principio di autosufficienza, nel ricorso per cassazione), limitandosi a rilevare che non vi era alcuna prova utilizzabile che consentiva di affermare che il prezzo di mercato praticato alla ricorrente fosse inferiore a quello reale, che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva fornito un prezzo diverso, ch e ‘ la RAGIONE_SOCIALE era titolare di bilanci e iscrizioni camerali in regola ‘, che ‘ il giudice penale ha escluso espressamente la consapevole del COGNOME circa la insistenza soggettiva della RAGIONE_SOCIALE ‘ e che ‘ le fatture soggettivamente inesistenti riguardano partite di merce di importo trascurabile rispetto al volume d’affari della ricorrente, effettivamente fornite e pagate ad un prezzo che non vi è
ragione di ritenere inferiore a quello di mercato, praticato peraltro da una impresa formalmente del tutto regolare per quanto può accertarsi con l’ordinaria diligenza, circostanza affermata espressamente anche dal giudice penale ‘.
Anche il terzo motivo di ricorso è fondato.
6.1 Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la sentenza penale, anche irrevocabile, non è idonea, in forza del disposto di cui all’art. 654 cod. proc. pen., ad esplicare alcun effetto vincolante nel processo tributario, assumendo -per il principio della circolazione dei mezzi di prova -un rilievo solo quale elemento di prova, soggetto all’autonoma valutazione del giudice tributario.
6.2 Pertanto, anche se la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula “perché il fatto non sussiste”, non assume efficacia di giudicato nel processo tributario, neppure quando i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, la stessa può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta decisione è destinata ad operare (Cass. n. 6918 del 20/03/2013; Cass. n. 2938 del 13/02/2015; Cass. n. 10578 del 22/05/2015; Cass. n. 17258 del 27/06/2019; Cass. n. 4645 del 21/02/2020).
6.3 L’art. 21 -bis del d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto dall’art. 1, comma 1, lettera m), del d.lgs. n. 87 del 2024 (‘ Revisione del sistema sanzionatorio tributario, ai sensi dell’articolo 20 della legge 9 agosto 2023, n. 111 ‘), entrato in vigore in data 29 giugno 2024, stabilisce che: « Art. 21-bis (Efficacia RAGIONE_SOCIALE sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione). –
La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi.
La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio.
Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perchè il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell’interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell’ente e società, con o senza personalità giuridica, nell’interesse dei quali ha agito il rappresentante o l’amministratore anche di fatto, nonchè nei confronti dei loro soci o associati».
6.4 La nuova norma si riferisce alle sole sentenze di assoluzione perché ‘il fatto non sussiste’ o ‘l’imputato non lo ha commesso’, emesse a ‘seguito di dibattimento’, restando, quindi, escluse dall’ambito di applicazione dell’art. 21bis le sentenze di condanna, le sentenze di assoluzione e proscioglimento con una diversa formula (come il fatto non costituisce reato, il fatto non è più previsto come reato o le formule di improcedibilità), i provvedimenti di archiviazione, le sentenze di applicazione della pena concordata (444 cod. proc. pen.) e tutte le sentenze emesse a seguito di giudizio abbreviato.
6.5 Peraltro, come è stato rilevato da una recente sentenza di questa Corte (Cass. n. 3800 del 14/02/2025), emessa nella stessa udienza e al cui contenuto il Collegio si riporta, condividendolo, l’art. 21bis cit. si riferisce esclusivamente al trattamento sanzionatorio e non riguarda l’imposta, ossia la decisione del giudice tributario sulla pretesa impositiva (« L’art. 21-bis d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto con
l’art. 1, d.lgs. n. 87 del 2024, poi recepito nell’art. 119 T.U. della giustizia tributaria, in base al quale la sentenza penale dibattimentale di assoluzione, con le formule perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, ha, nel processo tributario, efficacia di giudicato quanto ai fatti materiali, si riferisce, alla luce di una interpretazione letterale, sistematica, costituzionalmente orientata e in conformità ai principi unionali, esclusivamente alle sanzioni tributarie e non all’accertamento dell’imposta, rispetto alla quale la sentenza penale assolutoria ha rilievo come elemento di prova, oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice tributario unitamente agli altri elementi di prova introdotti nel giudizio »).
6.6 A prescindere da ogni considerazione circa l’applicabilità o meno di tale ius superveniens al caso in esame, nella specie manca, in ogni caso, qualsiasi riferimento non solo alla irrevocabilità della sentenza penale e al rito all’esito del quale la stessa è stata pronunciata, ma anche alla formula dell’assoluzione che, ove riguardi il legale rappresentante della società contribuente, deve essere necessariamente quella di insussistenza del fatto per potere estendere l’efficacia giudicato penale nei confronti della società (art. 21 -bis , comma 3, cit.).
6.7 La CTR ha, quindi, errato nel ritenere applicabile la sentenza penale, estendendone, nella sostanza, automaticamente gli effetti nel giudizio tributario, senza nemmeno rilevarne l’irrevocabilità, ma recependone acriticamente le conclusioni assolutorie ed omettendo, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta RAGIONE_SOCIALE parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), di procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli elementi di prova acquisiti al giudizio.
Il ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza impugnata va cassata, per nuovo esame e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese, con rinvio
alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2025