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Bonus settore finanziario: quando si paga la tassa?

Un dirigente di una società di consulenza finanziaria ha richiesto il rimborso dell’addizionale IRPEF del 10% applicata sul suo bonus per l’anno 2014. Sosteneva che la sua azienda non rientrasse nel ‘settore finanziario’ e che i requisiti oggettivi per l’applicazione della tassa non fossero soddisfatti. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la nozione di ‘settore finanziario’ deve essere interpretata in senso ampio, includendo tutte le entità le cui attività possono generare rischi sistemici. Inoltre, ha confermato che, dopo la modifica normativa del 2011, l’addizionale sui bonus settore finanziario si applica sulla parte variabile della retribuzione che eccede la parte fissa, senza la necessità che superi anche il triplo di quest’ultima.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Bonus settore finanziario: la Cassazione conferma la tassa del 10%

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sull’applicazione dell’addizionale del 10% sui bonus settore finanziario. Questa tassa, introdotta in risposta alla crisi finanziaria globale, colpisce i compensi variabili di dirigenti e collaboratori del settore. La Corte ha confermato un’interpretazione estensiva della norma, rigettando il ricorso di un dirigente che contestava sia la sua appartenenza al settore finanziario sia le modalità di calcolo dell’imposta.

I fatti del caso: un dirigente contro il Fisco

Un dirigente di una società di consulenza finanziaria e aziendale ha ricevuto un bonus per l’anno d’imposta 2014. La sua società, in qualità di sostituto d’imposta, ha applicato l’addizionale del 10% sulla parte del bonus che eccedeva la retribuzione fissa. Ritenendo l’imposta non dovuta, il dirigente ha presentato istanza di rimborso, che è stata respinta dall’Agenzia delle Entrate.

Il contenzioso è quindi approdato davanti alle Commissioni Tributarie. Mentre in primo grado il dirigente ha ottenuto una sentenza favorevole, la Commissione Tributaria Regionale ha ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’Agenzia. Il caso è così giunto all’esame della Corte di Cassazione, che ha dovuto pronunciarsi su due questioni fondamentali: chi rientra nel “settore finanziario” e come si calcola la base imponibile di questa specifica tassa.

La tassa sui bonus settore finanziario: requisiti soggettivi e oggettivi

L’applicazione dell’addizionale del 10%, prevista dall’art. 33 del D.L. 78/2010, dipende dalla sussistenza di due requisiti: uno soggettivo (l’appartenenza al settore finanziario) e uno oggettivo (le caratteristiche del compenso).

Il requisito soggettivo: una nozione ampia di “settore finanziario”

Il ricorrente sosteneva che la sua società, offrendo servizi di consulenza, non fosse un intermediario finanziario vigilato e quindi non rientrasse nel “settore finanziario” a cui la norma si riferisce. La Cassazione ha respinto questa tesi, spiegando la ratio della legge. La norma è nata per disincentivare pratiche retributive che, favorendo l’assunzione di rischi eccessivi, avevano contribuito alla crisi del 2008. L’obiettivo era colpire tutte quelle realtà che, operando sulla scena finanziaria, potevano indurre “torsioni pregiudizievoli” per l’economia reale.

Di conseguenza, il concetto di “settore finanziario” va inteso in senso ampio e socioeconomico, non limitato ai soli soggetti vigilati dalla Banca d’Italia. Include tutte le imprese il cui operato, a causa di abnormi incentivi retributivi, può rappresentare un potenziale pericolo per la stabilità finanziaria, anche se operano nel campo della consulenza e non sono rivolte direttamente al pubblico.

Il requisito oggettivo: come si calcola la base imponibile

L’altro punto controverso riguardava il calcolo della base imponibile. La versione originale della norma prevedeva che l’addizionale si applicasse sulla parte di bonus che eccedeva il triplo della retribuzione fissa. Una modifica del 2011 (con l’introduzione del comma 2-bis) ha stabilito che la base imponibile è costituita dall’ammontare del bonus che “eccede l’importo corrispondente alla parte fissa della retribuzione”.

Il dirigente interpretava le due norme come cumulative: a suo avviso, l’addizionale sarebbe scattata solo se il bonus avesse superato sia la parte fissa sia il triplo di essa. La Corte ha smentito questa interpretazione, citando un suo precedente orientamento. La modifica del 2011 ha di fatto sostituito il vecchio criterio. Pertanto, l’addizionale del 10% si applica a tutta la porzione di compenso variabile che supera l’ammontare della retribuzione fissa, senza che sia necessario superare anche la soglia del triplo.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del dirigente basandosi su un’interpretazione teleologica e sistematica della normativa. I giudici hanno sottolineato come la volontà del legislatore, influenzata dalle decisioni del G20 post-crisi, fosse quella di intervenire su un’area vasta di operatori per prevenire nuovi rischi sistemici. Limitare l’applicazione della norma ai soli intermediari vigilati avrebbe tradito questa finalità general-preventiva.

Sul requisito oggettivo, la Corte ha chiarito che la successione delle norme nel tempo indica una volontà di rendere più stringente l’applicazione dell’imposta. Il comma 2-bis, introdotto nel 2011, non si aggiunge al primo comma ma ne specifica e modifica il campo di applicazione, abbassando la soglia per l’imposizione. L’addizionale è quindi dovuta su qualsiasi importo del bonus che superi la retribuzione fissa, rendendo irrilevante il precedente riferimento al triplo della stessa.

Infine, è stata respinta anche l’eccezione di giudicato esterno, con cui il ricorrente tentava di avvalersi di sentenze favorevoli ottenute in casi simili. La Corte ha ricordato che il giudicato esterno presuppone l’identità delle parti, condizione che non sussisteva per le sentenze emesse nei confronti di altri colleghi. Per la sentenza che lo riguardava direttamente, invece, è stato chiarito che la pura “interpretazione giuridica” di una norma non può costituire un vincolo per un altro giudice in un diverso processo.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale molto chiaro, con importanti implicazioni per dirigenti e aziende che operano in un’area contigua al mondo bancario e finanziario tradizionale.

In primo luogo, viene confermato che la tassa sui bonus settore finanziario ha un campo di applicazione molto vasto. Società di consulenza strategica, M&A advisory e altre realtà simili devono considerarsi incluse e agire di conseguenza come sostituti d’imposta.

In secondo luogo, il criterio di calcolo è definito in modo netto: non appena la componente variabile supera quella fissa, sulla differenza scatta l’addizionale del 10%. Le aziende devono quindi prestare massima attenzione nella strutturazione dei pacchetti retributivi e nell’effettuare correttamente le ritenute fiscali per non incorrere in sanzioni.

Quali aziende rientrano nel “settore finanziario” ai fini dell’addizionale sui bonus?
Secondo la Corte di Cassazione, il concetto di “settore finanziario” va interpretato in senso ampio e non si limita ai soli intermediari vigilati (come le banche). Include tutte le imprese, anche di consulenza, il cui operato, attraverso l’erogazione di incentivi retributivi, può potenzialmente generare rischi e distorsioni per l’economia e la stabilità finanziaria.

Come si calcola l’addizionale del 10% sui bonus dopo le modifiche normative del 2011?
La tassa si applica sull’ammontare dei compensi variabili (come bonus e stock option) che eccede l’importo della parte fissa della retribuzione. Non è più necessario che la parte variabile superi anche il triplo di quella fissa; questo criterio è stato superato dalla normativa introdotta nel 2011.

Una precedente sentenza favorevole su un caso simile può essere usata per vincere un nuovo ricorso?
No, non necessariamente. La Corte ha specificato che l’efficacia di una sentenza definitiva (giudicato esterno) presuppone che il nuovo processo si svolga tra le stesse identiche parti. Inoltre, la mera interpretazione di una norma di legge fatta da un giudice in un caso non vincola automaticamente un altro giudice in un processo diverso, anche se i fatti sono simili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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