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Bonus settore finanziario: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16275/2025, ha rigettato il ricorso di un dirigente di una società di consulenza finanziaria che chiedeva il rimborso della tassa addizionale sui bonus. La Corte ha confermato la sua interpretazione estensiva del concetto di “bonus settore finanziario”, includendovi anche le società di consulenza non soggette a vigilanza. È stata inoltre respinta l’eccezione di giudicato esterno basata su sentenze favorevoli ad altri colleghi, in quanto emesse tra parti diverse.

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Pubblicato il 30 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Bonus settore finanziario: la Cassazione consolida l’interpretazione estensiva

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla controversa questione dell’applicazione della tassa addizionale del 10% sui bonus del settore finanziario. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale ormai granitico, offrendo importanti chiarimenti sulla vasta portata della normativa e rigettando le interpretazioni più restrittive.

I fatti di causa: la richiesta di rimborso

Il caso ha origine dalla richiesta di rimborso avanzata da un dirigente di un’importante società di consulenza finanziaria. Il dirigente contestava la legittimità delle ritenute operate dalla sua azienda, in qualità di sostituto d’imposta, a titolo di aliquota addizionale sui bonus percepiti. Secondo la sua tesi, la società, operando nella consulenza e non essendo un intermediario vigilato, non rientrerebbe nel “settore finanziario” definito dalla legge, presupposto essenziale per l’applicazione della tassa.

Dopo un esito favorevole in primo grado, la Commissione Tributaria Regionale aveva riformato la decisione, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate. Il dirigente ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi principali.

La decisione della Corte sul bonus settore finanziario

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso del contribuente, confermando la legittimità del prelievo fiscale. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi: il primo, di natura processuale, riguarda l’inefficacia del cosiddetto “giudicato esterno”; il secondo, di natura sostanziale, si concentra sulla corretta interpretazione della nozione di “settore finanziario”.

L’inammissibilità dell’eccezione di giudicato esterno

Il ricorrente aveva tentato di far valere l’efficacia di altre sentenze definitive, favorevoli a suoi colleghi della stessa azienda e relative alla medesima questione. La Corte ha smontato questa tesi per diverse ragioni. In primo luogo, l’efficacia del giudicato presuppone che la decisione sia stata emessa tra le stesse parti, condizione non verificatasi nel caso di specie. Inoltre, l’interpretazione di una norma di legge non può, di per sé, costituire oggetto di un giudicato vincolante per casi futuri, in quanto rappresenta un’attività strumentale alla decisione sul caso concreto. Infine, mancavano i presupposti processuali per sollevare tale eccezione per la prima volta in sede di legittimità.

La nozione di “settore finanziario”: un’interpretazione ampia

Il cuore della controversia riguardava il secondo motivo di ricorso. Il contribuente sosteneva che la sua azienda, redigendo il bilancio secondo le regole delle imprese “industriali” e non essendo soggetta a vigilanza, non potesse essere considerata parte del bonus settore finanziario. La Cassazione ha respinto questa visione, richiamando il suo consolidato orientamento (inaugurato dalla sentenza n. 16257/2023).

Le motivazioni della decisione

La Corte ha spiegato che la norma sulla tassa addizionale è nata in risposta alla crisi finanziaria globale, con l’obiettivo di disincentivare politiche di remunerazione manageriale basate su incentivi abnormi e potenzialmente rischiosi per la stabilità economica. La ratio della legge è quindi quella di intervenire ad ampio raggio su tutti gli attori che, operando sulla scena finanziaria, sono in grado di influenzarla, direttamente o indirettamente.

Limitare l’applicazione della norma ai soli intermediari vigilati (come banche o SIM) sarebbe contrario a tale finalità. La nozione di “settore finanziario” va intesa nella sua globalità e complessità, includendo anche soggetti come le società di consulenza finanziaria che, pur non essendo vigilate, svolgono un ruolo cruciale nell’ecosistema economico. L’intervento del legislatore mira a colpire, con un’imposizione basata su un pericolo astratto, tutti quei comportamenti che possono generare distorsioni nel mercato, indipendentemente dalla forma giuridica o dal regime contabile dell’impresa.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza ribadisce con forza un principio fondamentale: l’applicazione della tassa addizionale sui bonus non dipende dallo status formale di “intermediario vigilato”, ma dall’attività concretamente svolta dall’impresa. Tutte le società che operano nel campo della finanza, inclusa l’assistenza e la consulenza societaria e finanziaria, rientrano nel perimetro della norma. Per i dirigenti di tali aziende, ciò significa che la parte variabile della loro retribuzione (bonus e stock options) che eccede la parte fissa è soggetta alla maggiorazione d’imposta del 10%, senza possibilità di invocare un’interpretazione restrittiva della legge.

Qual è la definizione di “settore finanziario” ai fini dell’applicazione della tassa sui bonus?
Secondo la Corte di Cassazione, il “settore finanziario” deve essere interpretato in senso ampio e onnicomprensivo. Include non solo gli intermediari finanziari vigilati, ma anche tutti i soggetti che operano sulla scena finanziaria e sono in grado di influenzarla, come le società che offrono servizi di consulenza e assistenza in materia societaria e finanziaria.

Una sentenza favorevole ottenuta da un collega nella stessa azienda ha valore nel mio processo?
No. La Corte ha chiarito che una sentenza emessa in un processo tra altre parti (in questo caso, un collega e l’Agenzia delle Entrate) non costituisce “giudicato esterno” e non può essere usata per vincolare il giudice nel proprio processo. L’efficacia di una sentenza è limitata alle parti del giudizio in cui è stata pronunciata.

Perché la legge ha previsto questa tassa addizionale sui bonus del settore finanziario?
La ragione socio-economica della norma è quella di disincentivare politiche retributive che possano spingere i manager ad assumere rischi eccessivi per ottenere bonus elevati. La legge è nata come risposta alla crisi finanziaria globale, con una funzione preventiva per evitare torsioni pregiudizievoli all’economia reale causate da incentivi retributivi distorti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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