Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8048 Anno 2024
Oggetto:Tributi
RAGIONE_SOCIALE, Irap e Iva, 2004
Beni-merce- Beni d’investimento – distinzione
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8048 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 22193 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata;
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria n. 739/05/2021, depositata in data 13 marzo 2021, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 ottobre 2023 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
-l’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, aveva rigettato l’appello proposto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , avverso la sentenza n. 239/02/2013 della Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Calabria che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società, esercente attività di ‘lavori generali di costruzione di edifici ‘ , avverso avviso di accertamento con il quale l’Ufficio, ai sensi degli artt. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73, 55 del d.P.R. n. 633/72 e 41 del d.P.R. n. 600/73, aveva recuperato induttivamente, ai fini RAGIONE_SOCIALE, Irap e Iva, per l’anno 2004, l’importo di euro 484.000,00, quale costo ritenuto non documentato in relazione ad una compravendita di beni immobili, riclassificati dall’Amministrazione in beni patrimoniali facendo poi concorrere gli stessi nel reddito d’impr esa come rendita catastale;
-in punto di diritto, la CTR per quanto di interesse ha osservato che: 1) era erronea la riclassificazione dei beni acquistati dalla società con atto di compravendita del 2004 quali beni di investimento, in quanto, avuto riguardo alle previsioni statutarie della società (in particolare, l’art. 6 regolante l’oggetto della stessa, con l’indicazione, tra l’altro, della compravendita di terreni ed immobili civili, commerciali e industriali) non era da ritenersi incompatibile la natura di bene-merce degli immobili acquistati, non risultando, peraltro, provata dall’RAGIONE_SOCIALE la contestata attività di gestione immobiliare; 2) era irrilevante il tempo trascorso tra l’acquisto del bene e il periodo dell’accertamento trattandosi di valutazione (quella dell’individuazione del momento per la vendita) di
pertinenza del proprietario; 3) la mancata indicazione del valore dei beni tra le rimanenze non incideva sul calcolo dei componenti e, quindi, della rappresentazione del patrimonio aziendale;
la società contribuente è rimasta intimata;
CONSIDERATO CHE
-preliminarmente -come si evince anche dalla attestazione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE spillata al ricorso la società contribuente è stata dall’Amministrazione indicata nel frontespizio del ricorso per cassazione e nella relata di notifica come RAGIONE_SOCIALE in luogo di RAGIONE_SOCIALE per mero errore di fatto essendo la denominazione di RAGIONE_SOCIALE chiaramente desumibile dallo stralcio dell’avviso di accertamento riportato nel ricorso medesimo ed essendo stato quest’ultimo noti ficato al procuratore domiciliatario della società in grado di appello; ciò in ossequio alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’omessa, incompleta o inesatta indicazione, nell’atto di citazione e nella relata di notificazione, del nominativo di una RAGIONE_SOCIALE parti in causa, è motivo di nullità soltanto ove abbia determinato un’irregolare costituzione del contraddittorio o abbia ingenerato incertezza circa i soggetti ai quali l’atto era stato notificato, mentre l’irregolarità formale o l’incompletezza nella notificazione del nome di una RAGIONE_SOCIALE parti non è motivo di nullità se dal contesto dell’atto notificato risulti con sufficiente chiarezza l’identificazione di tutte le parti e la consegna dell’atto alle giuste parti; in tal caso, infatti, la notificazione è idonea a raggiungere, nei confronti di tutte le parti, i fini ai quali tende e l’apparente vizio va considerato come un mero errore materiale che può essere agevolmente percepito dall’effettivo destinatario, la cui mancata costituzione in giudizio non è l’effetto di tale errore ma di una scelta cosciente e volontaria (Nella specie, la S.C. ha ritenuto ritualmente notificato l’atto di appello, sebbene lo stesso e la relata di notificazione contenessero l’erronea indicazione del prenome del destinatario, valorizzando sia il fatto che quest’ultimo – peraltro regolarmente costituitosi fosse la sola controparte dell’appellante, sia la duplice circostanza che l’atto non solo fosse stato notificato presso il difensore nel giudizio di primo grado, ma
recasse, in altre sue parti, la corretta menzione del prenome dell’appellato) (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6352 del 19/03/2014);
-con l’unico motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione de ll’ art. 109 del d.P.R. n. 917/86 in combinato disposto con gli artt. 115 c.p.c., 2729 e 2697 c.c. per avere la CTR -a fronte di una serie di elementi presuntivi (mancata rivendita nell’arco di quattro anni; mancanza indicazione della provenienza de i mezzi finanziari per l’acquisto degli immobili; inattendibilità RAGIONE_SOCIALE scritture contabili; iscrizione in bilancio del valore dei beni tra le immobilizzazioni materiali) della natura di bene investimento degli immobili acquistati dalla contribuente nel 2004 -ritenuto di vincere tale presunzione, da un lato, facendo riferimento soltanto allo statuto societario che, di per sé, non era sufficiente a comprovare la destinazione effettiva dei beni acquistati alla rivendita, e dall’altro, svalutando l’elemento essenziale della classificazione in bilancio dei detti beni come immobilizzazione materiale e non come rimanenza;
– il motivo è infondato;
-sul piano fiscale, la distinzione tra «immobili strumentali» (destinati, ex art. 43, comma 2, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, alla produzione propria o di terzi), «immobili-patrimonio» (destinati al mercato locativo, ai sensi degli artt. 37, 90, TUIR), e «immobili-merce» (destinati al mercato della compravendita e caratterizzati dall’essere quelli al cui scambio o produzione è diretta l’attività di impresa) (vedi Cass. n. 19815 del 2019, in motivazione; Cass. n. 4417 del 2020; Cass. n. 3103 del 2021), implica che l’allocazione in bilancio dei beni societari debba avvenire sulla base della destinazione economica ad essi impressa (in questi termini, Cass. n. 4417 del 2020; Cass. n. 3103 del 2021; Cass. sez. 5, n. 24720/22);
-non ha rilevanza lo stato di compiuta edificazione, che assume, da un punto di vista fiscale, valenza neutrale (Cass. n. 39817 del 2021), né incide il fattore tempo che non rileva sinché non muta la natura del bene e la sua destinazione (Cass. n. 2154 del 2019);
– con riguardo, poi, alle società di costruzioni, si osserva che la collocazione degli immobili tra beni strumentali o beni merce dipende da una scelta dell’imprenditore, non sindacabile dall’amministrazione finanziaria, ove non costituisca un’operazione fraudolenta o esulante dall’oggetto sociale (Cass. n. 16115 del 2007);
– la necessaria valutazione, ai fini della corretta classificazione in bilancio, della destinazione economica dei beni-merce ha condotto del resto questa Corte, sia pure in differente fattispecie, ad affermare che i fabbricati finiti e pronti per la vendita debbano essere classificati, se oggetto di locazione, alla voce “immobilizzazioni” e se sfitti alla voce “rimanenze a disposizione della società ai fini della vendita”, le quali attengono all’attivo circolante della società cui appartengono (in tal senso, vedi Cass. n. 4417/2020; Cass. 3103/2021), restando i beni, ai fini della loro iscrizione, soggetti al disposto di cui all’art. 2426 cod. civ., primo comma, n. 9, che ne disciplina i criteri di valutazione, posto che il “magazzino” non identifica il luogo fisico nel quale i beni sono conservati, ma l’insieme dei beni-merce che sono nella disponibilità giuridica dell’azienda, i quali, se non vengono valutati a costi specifici, devono essere, ai fini della loro valutazione, raggruppati in categorie omogenee (in tal senso, Cass. 23 dicembre 2019, n. 34410, in motivazione). L’ultimazione o meno degli immobili, dunque, non ha in sé rilevanza ai fini della loro classificazione in bilancio e, ancor meno, ai fini della determinazione del reddito di impresa, ben potendo capitare che un bene non completato sia ceduto prima della sua completa realizzazione (in tal senso vedi Cass. n. 34410/2019), sì da doversi allocare sotto la voce “ricavi”, o che, pur completato, non sia destinato alla vendita ma alla locazione, sì da doversi iscrivere alla voce “immobilizzazioni”, ovvero sia rimasto sfitto e invenduto, sì da doversi classificare in termini di rimanenze di magazzino a disposizione della società ai fini della vendita (vedi Cass. n. 3103/2021), da valutarsi sulla base dei costi specifici iscritti in bilancio;
in materia, questa Corte ha enunciato il seguente condivisibile principio di diritto «in tema di redditi di impresa, l’allocazione in bilancio degli immobilimerce, ossia di quelli destinati al mercato della compravendita e al cui scambio o produzione è diretta l’attività di impresa, dipende dalla destinazione economica
ad essi concretamente impressa, sicché detti beni, quando non ancora ceduti, devono essere iscritti, se sfitti, alla voce “rimanenze di magazzino” e non a quella “ricavi”, senza che assuma in sé alcuna rilevanza, ai fini dell’imposizione fiscale, la loro avvenuta ultimazione». (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 11631 del 2023);
– nella specie, il giudice di appello si è attenuto ai principi sopra richiamati avendo ritenuto erronea la riclassificazione da parte dell’Ufficio dei beni acquistati dalla contribuente in ‘ patrimoniali ‘ in quanto – posta la irrilevanza del tempo trascorso tra l’acquisto de i beni e il periodo dell’accertamento trattandosi di valutazione ( quella dell’individuazione del momento per la rivendita) di pertinenza del proprietario- da un lato, rientrava, in base alle previsioni statutarie, nell’oggetto della so cietà anche la ‘compravendita di terreni e immobili civili, commerciali e industriali’ e, dall’altro, l’RAGIONE_SOCIALE non aveva provato la contestata attività di immobiliare di gestione da parte della società (con concessione in locazione dei propri beni); da qui- trattandosi di beni sfitti correttamente il giudice di appello ha tratto la conclusione della mancata incidenza della circostanza dell’indicazione del valore dei beni tra le ‘immobilizzazioni’ invece che tra le ‘rimanenze’ ai fini del calcolo finale dei componenti e, quindi, della rappresentazione del patrimonio aziendale;
-in conclusione, il ricorso va rigettato;
-nulla sulle spese del giudizio di legittimità essendo rimasta intimata la società contribuente;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma il 5 ottobre 2023