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Beni con montaggio IVA: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21781/2024, ha stabilito che la fornitura di beni da un paese UE, destinati a essere installati in Italia nell’ambito di un appalto complesso, non costituisce una cessione intracomunitaria soggetta a reverse charge, ma una cessione interna. In questo caso di fornitura di filobus con montaggio, l’IVA è dovuta secondo le regole ordinarie e non può essere pretesa dal committente finale, un Ente locale.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Beni con montaggio IVA: Quando la Fornitura UE è Cessione Interna

L’ordinanza n. 21781 del 2 agosto 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulla disciplina dei beni con montaggio IVA nelle transazioni europee. La Corte ha stabilito che la fornitura di beni da un altro Stato membro, se questi sono destinati all’installazione o al montaggio in Italia da parte del fornitore, non deve essere considerata una cessione intracomunitaria, bensì una cessione interna. Questa distinzione è cruciale per individuare correttamente il soggetto tenuto al versamento dell’imposta.

I Fatti del Caso: Appalto Complesso e Fornitura UE

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento IVA notificato a un Ente locale italiano. L’Ente aveva commissionato la realizzazione di un sistema di trasporto ecocompatibile a un’associazione temporanea di imprese (ATI). Tale associazione era composta sia da società italiane sia da due società comunitarie (una belga e una tedesca), incaricate di fornire il materiale rotabile, nello specifico dei filobus.

Le società comunitarie avevano emesso fattura senza applicare l’IVA, qualificando l’operazione come una cessione intracomunitaria. Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate aveva richiesto il pagamento dell’imposta all’Ente locale committente, ritenendolo soggetto passivo per un acquisto intracomunitario.

L’Ente locale ha impugnato l’atto, e la Commissione Tributaria Regionale gli ha dato ragione, annullando la pretesa fiscale. Secondo i giudici di merito, la fornitura dei filobus non era un’operazione a sé stante, ma un segmento di un unico, complesso appalto per la realizzazione di un’opera pubblica in Italia. Pertanto, l’operazione doveva essere considerata come effettuata in Italia ai sensi dell’art. 7, comma 2, del d.P.R. 633/1972, con la conseguenza che le fatture avrebbero dovuto includere l’IVA.

Il Principio Applicabile ai Beni con Montaggio e l’IVA

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, basandosi su tre motivi. La Corte Suprema ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione dei giudici d’appello.

La Qualificazione dell’Operazione

Il punto centrale della controversia riguardava la corretta qualificazione giuridica della fornitura. L’Agenzia fiscale sosteneva si trattasse di un acquisto intracomunitario, regolato dall’art. 38 del D.L. 331/1993. La Cassazione, invece, ha confermato l’interpretazione dei giudici di merito, i quali avevano correttamente inquadrato la fornitura dei filobus all’interno dell’appalto generale.

La Corte ha chiarito che, sulla base dell’accertamento in fatto (non sindacabile in sede di legittimità), l’operazione rientrava nella specifica previsione dell’art. 38, comma 5, lett. b), del D.L. 331/1993. Tale norma stabilisce che non costituisce acquisto intracomunitario l’introduzione nel territorio dello Stato di beni destinati a essere ivi installati, montati o assiemati dal fornitore o per suo conto.

Correlativamente, trova applicazione l’art. 7, comma 2, del d.P.R. 633/1972, secondo cui le cessioni di beni si considerano effettuate in Italia se hanno per oggetto beni mobili spediti da altro Stato membro, installati, montati o assiemati nel territorio dello Stato dal fornitore o per suo conto. Di conseguenza, la cessione è “interna” e non “comunitaria”.

L’Irrilevanza di Motivi Nuovi in Cassazione

Un altro motivo di ricorso dell’Agenzia fiscale riguardava la presunta soggettività passiva IVA dell’Ente locale, in quanto esercente un’attività d’impresa (il trasporto di persone). La Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile. I giudici hanno ribadito il principio secondo cui il processo tributario è un giudizio di impugnazione dell’atto, e il dibattito è circoscritto alle pretese originariamente avanzate dall’ufficio. Poiché nell’avviso di accertamento non si faceva alcun riferimento all’esercizio di un’impresa da parte del Comune, tale questione non poteva essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Le motivazioni della Corte si fondano su una chiara distinzione tra una semplice fornitura di beni e una fornitura inserita in un contratto più complesso che ne prevede l’installazione. La Corte ha valorizzato l’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, il quale aveva considerato la fornitura dei filobus non come un’operazione isolata, ma come parte integrante di un’opera pubblica più ampia. L’installazione e l’assiemaggio in Italia da parte del fornitore o per suo conto sono stati gli elementi decisivi per qualificare l’operazione come cessione interna, escludendola dal campo degli acquisti intracomunitari.

Inoltre, la Corte ha riaffermato l’importante principio processuale che vieta di modificare la causa petendi (la ragione della pretesa) nel corso del giudizio. L’Amministrazione Finanziaria non può introdurre in Cassazione nuove argomentazioni giuridiche che non erano state poste a fondamento dell’atto impositivo originario, specialmente se queste richiedono ulteriori accertamenti di fatto.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale in materia di IVA e operazioni internazionali. Per distinguere una cessione intracomunitaria da una cessione interna di beni con montaggio, è necessario analizzare la natura complessiva del contratto. Se la fornitura del bene dall’estero è funzionale e inscindibile da un’attività di installazione o montaggio da eseguirsi in Italia a cura del fornitore, l’operazione si considera territorialmente rilevante in Italia. Le implicazioni pratiche sono significative: in questi casi, l’IVA non deve essere assolta dal committente tramite il meccanismo del reverse charge, ma deve essere addebitata in fattura dal fornitore secondo le regole ordinarie, o, come nel caso di specie, dal soggetto capofila dell’ATI che fattura l’intera opera al committente.

Quando una vendita di beni da un altro paese UE si considera una cessione interna ai fini IVA?
Una vendita di beni spediti da un altro Stato membro si considera una cessione interna, e non intracomunitaria, quando tali beni sono destinati a essere installati, montati o assiemati nel territorio italiano dal fornitore stesso o da terzi per suo conto.

Perché la fornitura di filobus non è stata considerata un acquisto intracomunitario per il Comune?
Perché la fornitura era inserita in un contratto d’appalto molto più ampio per la realizzazione di un’opera complessa (un sistema di trasporto). La legge prevede specificamente che i beni spediti da un altro Stato UE per essere qui installati o montati dal fornitore non configurano un acquisto intracomunitario.

È possibile per l’Agenzia delle Entrate cambiare le motivazioni di un accertamento durante il processo in Cassazione?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che il giudizio è strettamente legato alle motivazioni contenute nell’atto impositivo originale. Non è possibile introdurre nuove questioni di diritto o di fatto che non erano state contestate inizialmente, poiché ciò altererebbe l’oggetto del contendere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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