Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19252 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 19252 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6882/2024 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura speciale in calce al controricorso
(PEC: EMAIL;
EMAIL;
EMAIL)
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte n. 560/03/2023, depositata il 20.12.2023, notificata il 5.02.2024.
Oggetto: Tributi – Avviso di accertamento – IVA – pro rata – Beni ammortizzabili
Udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME all’udienza pubblica del l’11.02.2025 .
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa NOME COGNOME la quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Sentiti, per l ‘ Agenzia delle entrate, l’avvocato dello Stato NOME COGNOME e, per la società controricorrente , l’avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La CTP di Torino accoglieva i ricorsi riuniti proposti dalla RAGIONE_SOCIALE avverso distinti avvisi di accertamento, per gli anni di imposta dal 2014 al 2017, con il quale l’Ufficio aveva recuperato l’IVA ritenuta indetraibile, a seguito del ricalcolo del pro rata di detraibilità dell’IVA di cui agli artt. 19, comma 5, e 19bis del d.P.R. n. 633 del 1972, avendovi la società contribuente escluso le operazioni riguardanti le vendite di immobili a destinazione abitativa, che invece dovevano essere considerati come beni ammortizzabili.
Con la sentenza indicata in epigrafe, la CTR del Piemonte accoglieva l’appello proposto dall a società contribuente, osservando, per quello che qui ancora rileva, che:
-l’art. 19 -bis, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, nel prevedere che ‘ per il calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma 1 non si tiene conto delle cessioni di beni ammortizzabili ‘, non fa alcun riferimento al TUIR che comunque non contiene una definizione di bene ammortizzabile, che va ricercata nel codice civile e nei principi contabili, la cui disciplina in materia di ammortamento contabile civilistico di un bene ad utilità pluriennale, tuttavia, non corrisponde a quella fiscale;
pertanto, i beni ammortizzabili menzionati dall’art. 19 -bis , comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, in mancanza di espresse limitazioni normative, non sono solo quelli per i quali la disciplina fiscale prevede
la deduzione delle quote di ammortamento (ammortizzabili fiscalmente), ma vanno ricompresi tutti i beni ammortizzabili secondo i criteri civilistici e contabili, compresi gli immobili ad uso abitativo;
al codice civile e ai principi contabili si era richiamata anche la sentenza della Corte di Cassazione n. 24779 del 2015;
-vi è una sostanziale identificazione, anche secondo la giurisprudenza unionale, tra bene ammortizzabile e bene d’investimento di cui all’art. 174 della Direttiva CE 112/2006, la cui nozione riguarda quei beni ‘ per i quali, secondo i principi dell’economia aziendale e della contabilità, i costi sostenuti per l’acquisto vengono ripartiti in più esercizi finanziari ‘;
risultava assorbita la richiesta subordinata, proposta dalla parte appellata, di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, in quanto la questione sollevata non era nuova, avendo la giurisprudenza fornito sul punto sufficienti chiarimenti, e il problema interpretativo riguardava principalmente una norma interna (art. 19bis , comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972), e non una norma unionale.
Contro la suddetta decisione l ‘A genzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo.
La società contribuente resisteva con controricorso, illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente Agenzia deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 102 del TUIR, 19, comma 5 e 19-bis, comma 2 del d.P.R. n. 633 del 1972, 174, par. 2, lett. a) e 183 della Direttiva 2006/112/CE, per avere la CTR errato nel ritenere che, con riferimento all’inserimento , nel calcolo del pro rata di detraibilità dell’IVA , di beni immobili a destinazione esclusivamente abitativa, non fossero applicabili i criteri di cui all’art. 102 del TUIR, in quanto l’art.
19bis del d.P.R. n. 633 del 1972 non conteneva alcun riferimento al TUIR e in quest’ultimo non si rinv eniva alcuna definizione di beni ammortizzabili, contenuta invece nel codice civile che andava, pertanto, applicato alla fattispecie in esame; sulla base di tale premessa, i giudici di appello hanno ritenuto erroneamente che la nozione di beni ammortizzabili non coincidesse necessariamente con i beni per i quali il legislatore fiscale ha previsto la deduzione delle quote di ammortamento, ma ricomprendesse anche i beni qualificati come ammortizzabili sulla base dei criteri contabili; aggiunge che nel caso di specie gli immobili a destinazione abitativa dovevano essere considerati beni merce anche alla luce dell’oggetto sociale della società contribuente (che era ‘La costruzione, la gestione, la manutenzione e la compravendita, anche per conto della controllante o di società da questa controllate o partecipate, di immobili per l’edilizia residenziale non di lusso, per uso industriale, commerciale e per l’eserc izio dell’attività agricola , oltre alla gestione e la manutenzione per conto di terzi di immobili per l’edilizia residenziale, per uso industriale, commerciale e per l’esercizio dell’attività agricola’ ), sicchè non potevano rientrare tra i beni ammortizzabili, esclusi dal pro rata ai sensi dell’art. 19 -bis cit., i beni la cui vendita rivestiva per il soggetto passivo carattere di attività economica usuale, posto che la compravendita immobiliare rientrava tra le attività normalmente svolte dalla contribuente e gli immobili in questione non potevano considerarsi beni di investimento ai fini del calcolo del pro rata IVA;
Preliminarmente va disattesa l’eccezione proposta d alla controricorrente di inammissibilità del l’unico motivo di ricorso, in quanto volto ad ottenere un nuovo esame della ricostruzione fattuale e delle emergenze istruttorie, dato che la parte ricorrente lamenta, in realtà, la non corretta sussunzione della fattispecie nell’ambito del paradigma astratto delle citate disposizioni, laddove il giudice di appello
ha ritenuto che gli immobili ceduti dovessero essere qualificati come beni ammortizzabili o beni d’investimento e, quindi, esclusi dal calcolo del pro rata di detraibilità dell’IVA .
Va disattesa anche la seconda eccezione di inammissibilità, sollevata dalla controricorrente, in relazione alla asserita novità della questione prospettata dall’Ufficio circa la qualificazione degli immobili abitativi ceduti dalla Reale immobili come ‘beni merce’ le cui cessioni sarebbero ‘da reputarsi usuali’ , trattandosi di mera argomentazione difensiva che sviluppa rilievi già originariamente contestati.
Ciò posto, il motivo è fondato nei termini di seguito indicati.
4.1 Con riferimento al quadro normativo, occorre premettere che, secondo l’art. 168 della direttiva IVA, i soggetti passivi hanno il diritto a detrarre l’imposta alle condizioni previste dalla norma. L’art. 173, § 1, poi, prevede che « Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a detrazione di cui agli articoli 168, 169 e 170, sia per operazioni che non danno tale diritto, la detrazione è ammessa soltanto per il prorata dell’IVA relativo alla prima categoria di operazioni ».
4.2 Il pro-rata è determinato, su base annuale e per il complesso delle operazioni effettuate dal soggetto passivo, ai sensi degli artt. 174 e 175 della direttiva IVA, e « risulta da una frazione che presenta i seguenti importi: a) al numeratore, l’importo totale del volume d’affari annuo, al netto dell’IVA, relativo alle operazioni che danno diritto a detrazione a norma degli articoli 168 e 169; b) al denominatore, l’importo totale del volume d’affari annuo, al netto dell’IVA, relativo alle operazioni che figurano al numeratore e a quelle che non danno diritto a detrazione » (art. 174, § 1).
4.3 Secondo quanto previsto dall’art. 173, § 2, della direttiva IVA « Gli Stati membri possono adottare le misure seguenti: a) autorizzare il soggetto passivo a determinare un prorata per ogni settore della
propria attività, se vengono tenute contabilità distinte per ciascun settore; b) obbligare il soggetto passivo a determinare un prorata per ogni settore della propria attività ed a tenere contabilità distinte per ciascuno di questi settori; c) autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la detrazione in base all’utilizzazione della totalità o di una parte dei beni e servizi; d) autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la detrazione secondo la norma di cui al paragrafo 1, primo comma, relativamente a tutti i beni e servizi utilizzati per tutte le operazioni ivi contemplate; e) prevedere che non si tenga conto dell’IVA che non può essere detratta dal soggetto passivo quando essa sia insignificante ».
4.4 Il sistema della detrazione dell’IVA, con specifico riferimento al pro-rata, è stato recepito nel nostro ordinamento dagli artt. 19 e 19 bis del d.P.R. n. 633 del 1972.
4.5 Secondo l’art. 19, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, nella versione applicabile ratione temporis , « ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’articolo 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’articolo 19-bis », che viene calcolata « in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo ».
4.6 L’art. 19 -bis , comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972 prevede, poi, che: «Per il calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma 1 non si tiene conto delle cessioni di beni ammortizzabili, dei passaggi di cui di cui all’articolo 36, ultimo comma, e delle operazioni di cui all’articolo 2, terzo comma, lettere a), b), d) e f), delle operazioni esenti
di cui all’articolo 10, primo comma, numero 27-quinquies), e, quando non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo o siano accessorie alle operazioni imponibili, delle altre operazioni esenti indicate ai numeri da 1) a 9) del predetto articolo 10, ferma restando la indetraibilità dell’imposta relativa ai beni e servizi utilizzati esclusivamente per effettuare queste ultime operazioni ».
Fra le operazioni escluse dal calcolo della percentuale del prorata di detrazione vi sono, quindi, anche le cessioni di beni ammortizzabili.
5.1 Tale esclusione è conforme a quanto previsto dall’art. 174 § 2, lett. a) della direttiva IVA, che esclude dalla determinazione del prorata di indetraibilità ‘ l’importo del volume d’affari relativo alle cessioni di beni d’investimento utilizzati dal soggetto passivo nella sua impresa ‘.
5.2 Questa Corte ha recentemente affermato a Sezioni Unite (Cass. Sez. U. n. 13162 del 2024), seppure con riferimento alla diversa questione del rimborso IVA ex art. 30, comma 2, lett. c) del d.P.R. n. 633 del 1972, che il concetto di ‘bene ammortizzabile’ non può essere correttamente inteso nel contesto giuridico dell’IVA con riferimento alle previsioni normative in materia di imposte dirette (artt. 102 e 103 del d.P.R. n. 917/1986) e nemmeno risultano ermeneuticamente dirimenti le disposizioni sul bilancio contenute nel codice civile ovvero i principi contabili, dovendosi fare riferimento ‘ alla nozione -ampia e sostanzialmente economica – di «beni di investimento» che è quella utilizzata nella direttiva “rifusa” (artt. 174, comma 2, lett. a) e comma 3, 188, comma 1, secondo periodo, e comma 2, 189, lett. a), 190, direttiva 2006/112/CEE) e che quindi risulta essere l’unico parametro al quale un’interpretazione “conforme” deve affidarsi’. Ed allora appare chiaro che l’applicazione della disposizione legislativa de qua va necessariamente estesa ai beni che, pur stricto sensu non
ammortizzabili, sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo medio-lungo, appunto quali “investimenti” (beni strumentali) ‘.
5.3 La nozione fornita da questa Corte è in linea con la recente pronuncia, con la quale la Corte di Giustizia europea ha precisato che per i beni d’investimento immobiliari l’articolo 187, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva IVA autorizza gli Stati membri a prolungare fino a vent’anni la durata del periodo che funge da base per il calcolo delle rettifiche e che un siffatto periodo prolungato è stato scelto per le caratteristiche proprie dei beni di investimento immobiliari, che ‘ attengono in particolare al loro periodo di vita economica, il quale è ancora più lungo di quello degli altri beni d’investimento ‘ (Corte di Giustizia, sentenza del 18 aprile 2023, C-243/23 Drebers , punto 53), con ciò confermando che la vita economica del bene è rilevante ai fini della sua qualifica come bene d’investimento/bene ammortizzabile .
La richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE, avanzata a tale proposito dalla controricorrente, al fine di chiarire la nozione di ‘bene ammortizzabile’ ai fini IVA ( ‘se sia compatibile con il sistema armonizzato dell’IVA una misura nazionale, quale quella espressa negli avvisi di accertamento impugnati, che, ai fini della determinazione della percentuale di detrazione per un soggetto passivo la cui attività principale consiste nella gestione e locazione immobiliare, considera rilevanti le sole cessioni di fabbricati strumentali (escludendo quelli abitativi) poiché riconduce la definizione di ‘beni di investimento’ di cui all’art. 174, paragrafo 2, lett. (a), della Direttiva 2006/112/CE a quanto previsto dalla normativa nazionale in mate ria di imposte dirette’ ), non può trovare accoglimento, perché la Corte si è già pronunciata, dando rilievo, ai fini della nozione di bene d’investimento (escluso, quindi, dal calcolo del pro-rata IVA), alla vita economica dello stesso in relazione alla sua destinazione all’esercizio dell’impresa .
7. La CTR non si è attenuta a detti principi, essendosi limitata a concludere che nella nozione di ‘beni ammortizzabili’ vanno inclusi non
solo quelli per i quali la disciplina fiscale prevede la deduzione delle quote di ammortamento (ammortizzabili fiscalmente), ma anche tutti i beni ammortizzabili secondo i criteri civilistici e contabili, compresi gli immobili ad uso abitativo.
In conclusione, dunque, il ricorso va accolto nei termini di cui in motivazione e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio, alla competente Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, in diversa composizione.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, l’11 febbraio 2025