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Beneficiario effettivo: la prova spetta al contribuente

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26923/2024, ha chiarito la ripartizione dell’onere della prova in materia di royalties e qualifica di beneficiario effettivo. Il caso riguardava una società italiana che applicava una ritenuta fiscale ridotta sui canoni versati a società lussemburghesi per l’uso di un marchio. L’Amministrazione Finanziaria contestava tale agevolazione, sostenendo che le società estere fossero meri intermediari. La Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, confermando che spetta al contribuente dimostrare la propria qualità di beneficiario effettivo attraverso tre specifici test (attività sostanziale, dominio e scopo economico). Una volta fornita tale prova, spetta all’Amministrazione dimostrare l’eventuale abuso del diritto.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Beneficiario Effettivo: la Cassazione fissa i paletti sull’onere della prova

La corretta individuazione del beneficiario effettivo è un tema cruciale nella fiscalità internazionale, specialmente quando si tratta di flussi di reddito come dividendi, interessi e royalties. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 26923/2024) ha fornito importanti chiarimenti su come determinare questa figura e su chi grava l’onere di dimostrarne l’esistenza, consolidando un orientamento giurisprudenziale sempre più definito. La decisione offre una guida preziosa per le imprese che operano in contesti transfrontalieri, delineando i criteri per evitare contestazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una verifica fiscale a carico di una società italiana operante nel settore alberghiero. L’Amministrazione Finanziaria contestava alla società l’applicazione di una ritenuta fiscale ridotta (10%) sui canoni, o royalties, versati a società con sede in Lussemburgo per l’utilizzo di un noto marchio alberghiero. Secondo la normativa interna, tali redditi sarebbero stati soggetti a una ritenuta del 30%. La società, tuttavia, aveva applicato l’aliquota più favorevole prevista dalla Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Lussemburgo.

L’Ufficio sosteneva che le società lussemburghesi non fossero le reali destinatarie dei canoni, ma agissero come semplici ‘conduit companies’ (società veicolo), interposte al solo fine di beneficiare del trattato fiscale. Di conseguenza, a suo avviso, non potevano essere qualificate come il beneficiario effettivo dei redditi e l’agevolazione non era applicabile. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione alla società, ritenendo che essa avesse fornito prove sufficienti a dimostrare la legittimità del suo operato. L’Amministrazione Finanziaria ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

I criteri per identificare il beneficiario effettivo

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati per l’individuazione del beneficiario effettivo. L’indagine non può fermarsi a un esame puramente formale, ma deve verificare la sostanza economica dell’operazione. Per fare ciò, la giurisprudenza ha elaborato tre test autonomi e disgiunti, che il contribuente deve superare per provare la propria qualità:

1. Substantive Business Activity Test: Verifica se la società che percepisce il reddito svolge un’effettiva e concreta attività economica. Non deve essere una ‘scatola vuota’.
2. Dominion Test: Accerta se la società percipiente ha il pieno potere di disporre liberamente delle somme ricevute (le royalties, in questo caso), senza essere obbligata contrattualmente o di fatto a ritrasferirle a un altro soggetto.
3. Business Purpose Test: Analizza le ragioni economiche dell’interposizione della società nel flusso di reddito. La sua presenza deve avere una funzione economica reale e non essere finalizzata esclusivamente a ottenere un risparmio fiscale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha stabilito che la Commissione Tributaria Regionale aveva correttamente applicato questi principi. I giudici di merito avevano accertato, sulla base delle prove documentali prodotte dalla società contribuente, che l’entità lussemburghese soddisfaceva tutti e tre i requisiti. In particolare, è emerso che la società estera:

Svolgeva un’attività economica effettiva, gestendo e sfruttando i marchi di cui era titolare e concedendoli in licenza a terzi (superando il substantive business activity test*).
Aveva il pieno diritto di disporre dei canoni percepiti, senza alcun obbligo di riversarli ad altri soggetti (superando il dominion test*).
Ricopriva un ruolo economico preciso come titolare e gestore dello sfruttamento dei marchi (superando il business purpose test*).

Di fronte a questo quadro probatorio, la Corte ha chiarito un punto fondamentale sull’onere della prova. Spetta inizialmente al contribuente dimostrare di essere il beneficiario effettivo. Tuttavia, una volta che il contribuente ha fornito elementi sufficienti a superare i tre test, l’onere si sposta sull’Amministrazione Finanziaria. A quel punto, è l’Ufficio che deve provare l’esistenza di un ‘abuso del diritto’ o di una ‘costruzione artificiosa’, dimostrando che l’intera struttura era stata creata al solo scopo di eludere le imposte. In questo caso, l’Agenzia non è riuscita a fornire tale prova, limitandosi a contestare genericamente la valutazione delle prove fatta dai giudici di merito.

Le Conclusioni

La sentenza rigetta il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria e conferma la decisione di secondo grado. La pronuncia è di grande importanza perché consolida un approccio basato sulla sostanza economica e stabilisce una chiara ripartizione dell’onere probatorio. Le imprese sono avvisate: per beneficiare dei trattati internazionali, devono essere in grado di dimostrare con prove concrete che le entità estere percipienti non sono meri schermi, ma soggetti economici reali con pieno controllo sui redditi. Al contempo, la decisione pone un freno a contestazioni fiscali generiche, richiedendo all’Amministrazione Finanziaria di dimostrare l’intento abusivo una volta che il contribuente ha assolto al proprio onere probatorio iniziale.

A chi spetta l’onere di provare la qualifica di ‘beneficiario effettivo’ per le royalties?
Inizialmente, l’onere di provare la qualità di beneficiario effettivo spetta alla società contribuente. Tuttavia, una volta che questa ha fornito prove sufficienti a superare i test di sostanza economica, il controllo sui redditi e lo scopo commerciale, l’onere si sposta sull’Amministrazione Finanziaria, che dovrà dimostrare l’esistenza di un abuso del diritto o di una costruzione artificiosa.

Quali sono i criteri per determinare se una società è un ‘beneficiario effettivo’ e non una ‘conduit company’?
La giurisprudenza ha individuato tre test specifici: 1) il ‘substantive business activity test’, che verifica se la società svolge una reale attività economica; 2) il ‘dominion test’, che accerta se la società ha la libera disponibilità dei redditi ricevuti; 3) il ‘business purpose test’, che valuta se l’interposizione della società ha una valida ragione economica e non è finalizzata unicamente a un risparmio fiscale.

Può l’Amministrazione Finanziaria contestare l’applicazione di un’aliquota agevolata basandosi solo su presunzioni?
No. Sebbene la prova per presunzioni sia ammessa nel processo tributario, l’Amministrazione Finanziaria non può basare la sua contestazione su una valutazione atomistica e slegata degli indizi. Il giudice deve operare una valutazione complessiva di tutte le circostanze. Se il contribuente fornisce prove documentali concrete, l’Ufficio non può limitarsi a contrapporre elementi indiziari generici, ma deve dimostrare in modo specifico l’intento abusivo dell’operazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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