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Beneficiario effettivo interessi: esenzione fiscale

Una società italiana ha richiesto il rimborso delle ritenute versate su interessi pagati a una società lussemburghese, la quale a sua volta retrocedeva tali somme a un fondo di investimento, vero beneficiario effettivo. L’Agenzia delle Entrate negava il rimborso, sostenendo che l’esenzione si applicasse solo al percettore diretto. La Corte di Cassazione ha stabilito che, per l’esenzione fiscale, i requisiti soggettivi vanno verificati in capo al beneficiario effettivo degli interessi, anche se li percepisce indirettamente, accogliendo la tesi della società.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Beneficiario effettivo interessi: chi ha diritto all’esenzione fiscale?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4427/2025, ha chiarito un punto cruciale in materia di fiscalità internazionale: per l’applicazione delle esenzioni sulla ritenuta degli interessi pagati a soggetti esteri, ciò che conta è l’identità del beneficiario effettivo interessi, non quella del mero percettore materiale. Questa decisione rafforza il principio della prevalenza della sostanza sulla forma e offre importanti indicazioni per le imprese che operano con finanziamenti infragruppo transfrontalieri.

I fatti del caso

Una società italiana aveva ricevuto finanziamenti da una società controllante lussemburghese. Quest’ultima, a sua volta, aveva ottenuto le risorse finanziarie dal proprio socio unico, un fondo di investimento lussemburghese. Gli interessi passivi generati dal finanziamento venivano pagati dalla società italiana a quella intermediaria, che poi li retrocedeva al fondo.

Inizialmente, la società italiana aveva versato le ritenute secondo l’aliquota ridotta prevista dalla Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Lussemburgo. Successivamente, ha richiesto il rimborso totale delle ritenute per le annualità 2015 e 2017, invocando una nuova norma di esenzione (art. 26, comma 5-bis, d.P.R. 600/1973) applicabile agli interessi pagati a investitori istituzionali esteri soggetti a vigilanza, requisito posseduto dal fondo di investimento (il beneficiario effettivo) ma non dalla società intermediaria (il percettore diretto).

L’Amministrazione finanziaria ha negato il rimborso, sostenendo che i requisiti per l’esenzione dovessero essere posseduti dal soggetto che riceveva materialmente il pagamento, e non da quello a cui i fondi erano in ultima istanza destinati.

L’analisi della Corte sul beneficiario effettivo degli interessi

La Corte di Cassazione ha respinto la tesi formalistica dell’erario. I giudici hanno stabilito che l’interpretazione della norma deve essere coerente con la sua finalità, ovvero quella di eliminare il rischio di doppia imposizione e favorire l’accesso delle imprese italiane al credito estero a costi competitivi.

Se si guardasse solo al percettore diretto, si creerebbe un paradosso: l’intermediario, non subendo una tassazione effettiva poiché tenuto a retrocedere le somme, non soffre alcuna doppia imposizione da eliminare. La doppia imposizione si verificherebbe, invece, in capo al beneficiario effettivo, il quale subisce la tassazione sui relativi interessi. Di conseguenza, è a quest’ultimo soggetto che la norma di esenzione deve guardare.

Le motivazioni della decisione

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su diversi pilastri argomentativi. In primo luogo, ha richiamato i principi del modello OCSE e la giurisprudenza europea, che da tempo valorizzano la nozione di ‘beneficiario effettivo’ per prevenire l’abuso dei trattati e garantire che i benefici fiscali spettino a chi ha la reale disponibilità economica del reddito. L’approccio del ‘look-through’ (guardare attraverso) è necessario per identificare il vero titolare del flusso reddituale.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che la ratio della norma interna di esenzione (art. 26, comma 5-bis) è la medesima di altre disposizioni, come l’art. 26-quater, che già fanno esplicito riferimento al ‘beneficiario effettivo’. Non vi è ragione di discostarsi da tale principio. Ignorare il beneficiario effettivo non solo tradirebbe lo scopo della legge, ma potrebbe incentivare la creazione di strutture societarie intermedie volte unicamente a ottenere indebiti vantaggi fiscali, favorendo un soggetto che non avrebbe diritto all’esenzione se ricevesse direttamente gli interessi.

Le conclusioni

Con questa sentenza, la Cassazione afferma un principio di diritto fondamentale: nel caso di finanziamenti ‘indiretti’, caratterizzati dall’interposizione di un soggetto che percepisce materialmente gli interessi ma è tenuto a retrocederli a un terzo, è con riferimento a quest’ultimo, inteso quale beneficiario effettivo interessi, che va accertato il possesso dei requisiti soggettivi per l’esenzione dalla ritenuta alla fonte. La decisione consolida il principio della prevalenza della sostanza sulla forma e fornisce una guida chiara per le imprese, allineando l’interpretazione del diritto interno ai più evoluti standard internazionali in materia fiscale.

Chi è il soggetto rilevante per l’esenzione fiscale sugli interessi transfrontalieri: il percettore diretto o il beneficiario effettivo?
Secondo la Corte di Cassazione, il soggetto rilevante è il beneficiario effettivo, ovvero colui che ha la reale disponibilità del reddito e ne trae l’effettivo vantaggio economico, anche se il pagamento transita attraverso un intermediario.

Perché la Corte ha privilegiato un approccio basato sulla sostanza (look-through) piuttosto che sulla forma?
La Corte ha adottato l’approccio del ‘look-through’ perché è l’unico coerente con la finalità della norma, che è quella di eliminare la doppia imposizione. La doppia imposizione si verifica in capo a chi subisce effettivamente la tassazione, cioè il beneficiario effettivo, non in capo a un intermediario che si limita a trasferire i fondi.

Qual è l’obiettivo principale della norma di esenzione (art. 26, comma 5-bis, d.P.R. 600/1973)?
L’obiettivo è favorire l’accesso delle imprese italiane a fonti di finanziamento estere a costi competitivi, eliminando il rischio di una doppia imposizione giuridica sugli interessi, che altrimenti verrebbe traslata sul debitore italiano attraverso clausole contrattuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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