Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4427 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 4427 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 20/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 30404/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore p.t., rappresentata e difesa ex lege dall’Avv ocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona del liquidatore e legale rappresentante p.t. NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al
NOME RIMBORSO
ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentale -avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3324/20/22, depositata l’11 agosto 2022 ; udita la relazione svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella pubblica udienza del 24 gennaio 2025; sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso; sentiti l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME per la ricorrente e l’Avv. NOME NOME COGNOME per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
A seguito di verifica concernente i periodi d’imposta 2012, 2013, 2014, 2015 e 2017, l’Amministrazione finanziaria accertò che RAGIONE_SOCIALE (d’innanzi ‘RAGIONE_SOCIALE‘) aveva ricevuto finanziamenti dal suo socio unico RAGIONE_SOCIALE (d’innanzi ‘RAGIONE_SOCIALE‘), società di diritto lussemburghese , dai quali erano originati interessi passivi.
Su tali interessi non era stata operata la ritenuta prevista dall’art. 26, comma quinto, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, perché la società contribuente aveva ritenuto applicabile l’esenzione prevista dal successivo art. 26 -quater , che recepisce nell’ordinamento domestico la Direttiva n. 2003/49/CE del Consiglio (cd. ‘interessi -canoni’ o ‘ IRD ‘ ).
L ‘ Amministrazione, tuttavia, fu di diverso avviso.
Osservò, in particolare, che i requisiti soggettivi per l’operatività dell’esenzione andavano accertati in capo al
«beneficiario effettivo» degli interessi, che non era la società RAGIONE_SOCIALE; quest’ultima, infatti, aveva reperito le risorse del finanziamento dal proprio socio unico RAGIONE_SOCIALE (‘RAGIONE_SOCIALE‘ , d’innanzi), fondo comune di investimento lussemburghese, al quale gli importi finanziati erano destinati ad essere retrocessi, e che non rivestiva i requisiti soggettivi per l’esenzione richiesta.
Sulla base di tale ricostruzione del rapporto di finanziamento, che prendeva a riferimento RAGIONE_SOCIALE come soggetto erogante (e beneficiario effettivo degli interessi), Mezzanove versò le ritenute previste, ancorché nella minor misura stabilita dall’art. 11 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Lussemburgo , applicabile in ragione della sede d’affari del fondo erogante.
Il 7 maggio 2018, tuttavia, la stessa società formulò all’erario un’istanza di rimborso della ritenuta sugli interessi , limitatamente agli anni d’imposta 2015 e 2017 .
Nel frattempo, infatti, era entrato in vigore l’art. 26, comma 5bis , del d.P.R. n. 600/1973, che aveva introdotto una nuova fattispecie di esenzione dal versamento delle ritenute per il caso di finanziamento erogato da imprenditore istituzionale estero soggetto a forme di vigilanza nel Paese nel quale è istituito; requisito che, per l’appunto , sussisteva in capo a Sicar.
Sull’istanza si formò il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione , che COGNOME impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano ; quest’ultima, riconoscendo le sue ragioni, accolse il ricorso.
Il successivo appello erariale fu respinto con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici regionali disattesero l’assunto de ll’Ufficio secondo cui l’esenzione di cui all’art. 26, comma 5 -bis , del d.P.R. n. 600/1973 non si applicava ai finanziamenti ‘indiretti’, quali quello di specie, connotati dall’interposizione di un soggetto diverso dall’effettivo erogatore , osservando:
-anzitutto, che l’intero accertamento aveva avuto ad oggetto sei periodi di imposta, in relazione ai quali il finanziamento era stato sempre considerato come ‘diretto’ fra Sicar e Mezzanove, ciò che aveva condotto all’applicazione della ritenuta convenzionale; l’Uffic io, pertanto, non poteva mutare tale qualificazione con riferimento agli ultimi due anni di imposta, con il fine di applicare una diversa disciplina;
-che, in ogni caso, l’applicazione dell’art. 26 -bis anche al finanziamento ‘ indiretto ‘ appariva coerente con la ratio della norma agevolatrice, che è quella di favorire il ricorso delle imprese italiane al credito estero eliminando il rischio di doppia imposizione;
-che, d’altra parte, tale finalità coincideva con quella dell’art. 26quater del d.P.R. n. 600/1973, che fa riferimento ai «beneficiari effettivi» degli interessi versati, sicchè non vi era ragione per non attribuire rilievo a tali soggetti anche nel caso di specie;
che, ancora , l’art. 6 del d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, che aveva introdotto l’esenzione in questione, era rubricato «Prestito indiretto per investitori istituzionali esteri», ciò che appariva ulteriormente indicativo della volontà del legislatore di estendere il beneficio anche ai finanziamenti indiretti;
-che, del resto, l’Amministrazione aveva adottato un approccio cd. look-through al finanziamento laddove aveva
escluso ogni imposizione con riferimento alla parte di risorse pervenute a Finance da ll’istituto di credito italiano Banca Intesa, dando applicazione alla disciplina domestica.
La sentenza d’appello è stata impugnata dal l’Agenzia delle Entrate con ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La società contribuente ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale condizionato , anch’esso affidato a due motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale, deducendo violazione dell’art. 26, comma 5 -bis , del d.P.R. n. 600/1973, l’Amministrazione finanziaria sottopone a critica la sentenza impugnata sotto diversi profili.
Assume, anzitutto, che i giudici d’appello avrebbero errato nel valorizzare l’unicità dell’accertamento, riferito a più periodi d’imposta, senza tener conto del fatto che la diversa considerazione del rapporto, nei distinti segmenti temporali, era dipesa dalla necessità di applicare un differente regime di esenzione (dapprima quello di cui all’art. 26 -quater del d.P.R. n. 600/1973, quindi quello evocato nell’istanza di rimborso).
Ancora, denunzia l’ omesso accertamento delle condizioni previste dall’art. 26, comma 5 -bis , in relazione alle caratteristiche del soggetto finanziatore.
Infine, censura la sentenza nella parte in cui ha operato una commistione fra la nozione di ‘beneficiario effettivo’ degli interessi, contenuta nell’art. 26 -quater , e quella di ‘percettore diretto’ degli stessi, richiesta invece per l’esenzione in parola e riconducibile al solo finanziatore diretto.
Il secondo mezzo denunzia «falsa applicazione, sotto altro profilo» della medesima disposizione di cui al motivo che precede.
La C.T.R. avrebbe omesso di considerare che la disposizione agevolatrice -da intendersi, come tale, norma di stretta interpretazione -stabilisce una diretta connessione fra i finanziamenti e gli interessi, così da far ritenere che l’esenzione possa essere applicata al solo percettore diretto di questi ultimi.
Il primo motivo del ricorso incidentale condizionato denunzia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e degli artt. 36, comma 2, n. 4), e 61 del d.lgs. n. 546/1992.
Secondo la contribuente, la C.T.R. avrebbe omesso di pronunziarsi sul punto, controverso fra le parti, relativo alla sussistenza di un’ipotesi di finanziamento ‘diretto’ o ‘indiretto’ ; sul punto, anzi, la decisione parrebbe connotata da una certa contraddittorietà.
Il secondo motivo, formulato in via di ulteriore subordine, denunzia la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, num. 4), 118 disp. att. cod. proc. civ., 36 e 61 del d.lgs. n. 546/1992.
La censura si appunta sulla medesima questione di cui alla precedente; la sentenza impugnata sarebbe, infatti, priva di motivazione in punto alla qualificazione del finanziamento.
I due motivi del ricorso principale, meritevoli di scrutinio congiunto per la loro connessione, non sono fondati.
5.1. Conviene, al riguardo, svolgere anzitutto due considerazioni preliminari.
La prima attiene al rapporto di finanziamento in esame, che, al di là della terminologia impiegata per la sua qualificazione, appare connotato dal fatto -caratteristico dei finanziamenti veicolati all’interno del medesimo gruppo di società che il materiale percettore degli interessi non coincide con il beneficiario effettivo degli stessi, essendo tenuto a retrocederli a quest’ultimo sostanziale erogante -in forza delle relazioni infragruppo.
La seconda concerne la sussistenza dei requisiti per l’applicazione dell’esenzione con riferimento alle caratteristiche soggettive del finanziatore sostanziale Sicar, che l’Agenzia ricorrente assume non essere stata accertata dai giudici d’appello; in real tà, la sentenza impugnata dà atto (a pag. 3) che i giudici di primo grado avevano accertato il «possesso del profilo di cui all’art. 6 del d.l. n. 3/2015 (imprenditore istituzionale estero soggetto a forme di vigilanza nel paese estero nel quale è istituito)» da parte di Sicar, e tale punto della decisione non è inciso dalle censure della ricorrente.
Poste tali coordinate, lo scrutinio dei motivi impone la risposta al quesito se ai fini dell’esenzione della ritenuta sugli interessi di cui all’art. 26, comma 5 -bis , del d.P.R. n. 600/1973, applicabile ratione temporis agli anni d’imposta interessati dall’istanza di rimborso della società contribuente, i requisiti soggettivi del finanziatore debbano essere rivestiti dal percettore materiale degli interessi ovvero dal beneficiario effettivo degli stessi, individuato attraverso il cd. approccio lookthrough che può rendersi necessario nelle ipotesi di finanziamenti infragruppo.
5.2. Il regime di esenzione in parola, stabilito dal citato art. 26, comma 5bis , postula l’accertamento di alcuni requisiti per la sua applicabilità; in particolare, sotto il profilo soggettivo, il finanziamento donde originano gli interessi esentati da ritenuta dev’essere erogato a un’impresa da enti creditizi o assicurativi con le caratteristiche meglio specificate dalla norma, ovvero, e per quanto di rilievo in questa sede, da «investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria» che siano «soggetti a forme di vigilanza nei Paesi esteri nei quali sono istituiti».
La ricorrente osserva che il comma 5-bis introduce una deroga alla disciplina generale dettata dal precedente comma 5, che prevede che siano assoggettati a ritenuta alla fonte, a titolo di imposta, i redditi di capitale corrisposti da soggetti residenti e «percepiti» da soggetti non residenti e privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato.
Quest’ultima locuzione indurrebbe a ritenere che, al fine di valutare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del regime di esenzione da ritenuta, si debba fare riferimento esclusivamente alle caratteristiche soggettive del ‘percettore diretto degli interessi’.
5.3. La tesi sostenuta in giudizio è conforme a quanto espresso dall’Amministrazione in numerosi documenti di prassi.
In tal senso, ad esempio, nella risoluzione n. 76/E del 2019 si afferma che «né la formulazione letterale, né la ratio della norma in esame si prestano a una lettura di tipo look through del relativo disposto»; ed ancora, con la risposta a quesito n. 25 del 24 febbraio 2021 è stato specificato che «l ‘ art. 26, comma 5bis , del d.P.R. n. 600 del 1973 non consente di procedere
secondo il principio del ‘ beneficiario effettivo ‘ , così da ricondurre il flusso di interessi esclusivamente al soggetto estero percettore finale del reddito, ma si rivolge esclusivamente alla platea di soggetti indicati nella stessa norma e aventi le caratteristiche sopra descritte».
5.4. Il Collegio non concorda con tale impostazione.
Certamente non appare decisivo il richiamo alla lettera della legge, poiché l’impiego di una locuzione di tipo ‘materiale’ si rinviene anche nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni conformi al modello OCSE, che condividono con il regime di esenzione in parola l’obiettivo di eliminare le doppie imposizioni sui flussi di interessi cross-border e che, per tale ragione, impongono un riferimento al reale possessore del reddito.
L’art. 11 del Modello OCSE (sostanzialmente trasfuso nella Convenzioni contro le doppie imposizioni tra l’Italia e altri Stati europei, come il Regno Unito, la Francia e la Germania, o non europei, come il Brasile e la Cina) si riferisce, infatti, agli interessi «pagati ad un residente dell’altro Stato» , ma subordina il riconoscimento dei benefici convenzionali al fatto che «la persona che riceve gli interessi ne sia l’effettivo beneficiario» .
Ed invero, con riferimento a tale ultima espressione è appena il caso di richiamare la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sent. 26 febbraio 2019, nelle cause riunite C-115/16, C-118/16, C119/16 e C-299/16), condivisa da diverse pronunzie di questa Corte (fra le altre, Cass. n. 26923/2024; Cass. n. 16173/2023; Cass. n.
11191/2023; Cass. n. 6005/2023), secondo la quale «il termine ‘beneficiario effettivo’ non è utilizzato in un’accezione ristretta e tecnica, bensì deve essere esteso nel suo contesto alla luce dell’oggetto e dell’obiettivo della convenzione, segnatamente per evitare le doppie imposizioni nonché prevenire la frode e l’evasione fiscale» e coincide con il soggetto al quale il reddito sia fiscalmente imputabile in forza della sua disponibilità, designando «un’entità che benefici realmente degli interessi corrispostile», se del caso da riconoscere mediante il cd. approccio look through .
In linea con tale impostazione, questa Corte ha inoltre sottolineato che il riferimento al beneficiario effettivo, piuttosto che al materiale percettore del reddito, costituisce una corretta applicazione del principio di capacità contributiva, affermando che relativa verifica va compiuta caso per caso, indagando su chi sia l’effettivo titolare del flusso reddituale (cfr. Cass. n. 14756/2020), in linea con quanto previsto dall’ art. 1 del T.U.I.R. che identifica, per l’appunto, nel possesso del reddito, inteso come materiale disponibilità del medesimo, il presupposto dell’imposizione .
D’altra parte, nel Commentario al l’art. 11 Modello OCSE si afferma espressamente che le agevolazioni convenzionali devono essere riconosciute al beneficiario effettivo degli interessi anche quando gli interessi vengano percepiti indirettamente dal beneficiario, come accade nel caso di pagamento a mezzo di intermediario [ when an intermediary, such as an agent or nominee located in a Contracting State or in a third State, is interposed between the beneficiary and the
payer but the beneficial owner is a resident of the other Contracting State ].
5.5. Neppure il prospettato approccio finalistico conforta le tesi della ricorrente.
Il regime previsto dall’art. 26, comma 5 -bis appare infatti finalizzato al medesimo obiettivo -l’eliminazione del rischio di doppia imposizione -che ha ispirato l’introduzione dell’art. 26 -quater in recepimento della Direttiva IRD.
Invero, l ‘esenzione in parola è stata introdotta dal l’art. 22 del d.l. 24 giugno 2014, n. 91, conv. con modif. dalla l. n. 116/2014 (cd. decreto competitività) al termine di un lungo periodo di credit crunch , caratterizzato dalla notevole difficoltà per le imprese italiane di ottenere credito sul mercato bancario e finanziario domestico.
Nella relazione illustrativa a tale articolo è specificato che esso è volto ad «eliminare il rischio di doppia imposizione giuridica, che economicamente risulta di norma traslato sul debitore, favorendo l’accesso delle imprese italiane a costi competitivi anche a fonti di finanziamento estere»; la stessa Amministrazione ha poi chiarito che detta norma ha «l ‘ obiettivo di favorire l ‘ accesso al credito da parte degli operatori» residenti (risposta ad interpello n. 569 del 30 agosto 2021) e che, con essa, «il legislatore ha inteso eliminare il rischio di doppia imposizione giuridica degli interessi, che economicamente risulta traslato sul debitore attraverso apposite clausole contrattuali, favorendo in ultima analisi l’accesso alle imprese italiane anche a fonti di finanziamento estere a costi competitivi» (Risoluzione n. 84/E del 24 settembre 2016).
Ora, se, come nella specie, il rapporto di finanziamento è connotato da un’interposizione, ragion per cui il materiale percettore degli interessi risulta tenuto a retrocedere quanto incassato a favore di un terzo, in capo al soggetto interposto non può verificarsi nessun fenomeno di doppia imposizione che necessiti di essere eliminato per effetto del riconoscimento dell’applicazione del regime di esenzione da ritenuta; d’altro canto, la doppia imposizione -che la norma intende invece prevenire -si verificherebbe in capo al beneficiario effettivo che subisce la tassazione sui relativi interessi.
La tesi della ricorrente, pertanto, non solo non appare conforme alla ratio della norma, ma giunge al paradosso di minarla, se non addirittura di incentivare il ricorso a strutture potenzialmente suscettibili di dar luogo a fenomeni abusivi, laddove favorisce, ai fini del riconoscimento del regime di esenzione, la rilevanza di un ‘percettore diretto’ degli interessi che, rientrando nelle categorie ex art. 26, comma 5bis , possa beneficiare dell’esonero da ritenuta benché retroceda gli interessi incassati a favore di un terzo soggetto che, se invece li avesse direttamente percepiti, non avrebbe potuto usufruire dell’esonero per mancanza dei requisiti.
5.6. Può dunque essere affermato il seguente principio di diritto: « La previsione di cui all’art. 26, comma 5 -bis , del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che esonera dalla ritenuta alla fonte di cui al precedente comma 5 gli interessi e gli altri proventi derivanti da finanziamenti a medio e lungo termine alle imprese italiane, è volta a favorire l’accesso al credito estero da parte degli operatori residenti, eliminando il rischio di una doppia
imposizione giuridica degli interessi, che verrebbe altrimenti traslato sul debitore attraverso apposite clausole contrattuali.
A tal fine, nel caso di finanziamento ‘indiretto’, caratterizzato dall’interposizione di un soggetto che percepisce materialmente gli interessi ma è poi tenuto a retrocederli ad un terzo, sostanziale erogatore, è con riferimento a quest’ultimo, inteso quale beneficiario effettivo del reddito imponibile, che va accertato il possesso dei requisiti soggettivi stabiliti dalla norma».
6. Poiché la sentenza impugnata è conforme a tale principio, il ricorso principale merita di essere respinto.
In tale statuizione resta assorbito lo scrutinio del ricorso incidentale condizionato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Essendo la parte soccombente un’amministrazione patrocinata dall’Avvocatura generale dello Stato, non si dà luogo alla condanna della stessa al pagamento di un importo pari al doppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato; condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 15.000,00, oltre a € 200,00 per esborsi, 15% rimborso spese generali e oneri accessori.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di